Marò, l’India chiede la legge antiterrorismo. Il giudice prende una settimana per decidere

Di Chiara Rizzo
10 Febbraio 2014
Il procuratore generale vorrebbe applicare il Sua Act, senza la pena di morte ma la difesa di Latorre e Girone si è opposta ad ogni richiesta dell'accusa

La settimana a New Delhi si è aperta con un’udienza ad alta tensione nel processo ai due marò. Salvatore Latorre e Massimiliano Girone stamattina non erano in aula, per ragioni di sicurezza, ma il loro avvocato Mukul Roahtgi li ha difesi come un leone, sbranando una per una le proposte presentate dal governo di New Delhi.

ACCUSATI DI TERRORISMO. Come era stato preannunciato nei giorni scorsi ufficiosamente, alla fine il governo di Nuova Delhi ha trovato un accordo con il procuratore generale E.G. Vahanvati, che stamattina in aula ha illustrato finalmente la posizione dell’accusa. Si chiede di usare il Sua act, la famosa legge anti terrorismo e anti pirateria che in effetti consentirebbe all’India la giurisdizione anche su acque internazionali (dove è avvenuta la morte dei due pescatori di cui sono accusati Latorre e Girone): ma il procuratore ha sottolineato l’intenzione di non applicare mai a questo caso l’articolo della legge antipirateria che prevede la pena di morte.

LA DIFESA: «INACCETTABILE». A questo punto l’avvocato Roahtgi, per la difesa italiana, ha presentato veemente obiezione ad ognuno di questi passaggi. In primo luogo, ha chiarito, la difesa si è opposta perché non si può applicare la legge antiterrorismo a Latorre e Girone, che non sono pirati, ma militari inviati dal loro Stato in una missione internazionale proprio per il contrasto al terrorismo. In secondo luogo il difensore dei marò ha ricordato al giudice che la Corte suprema ha già escluso che nel caso dei due italiani si possa usare la legge Sua Act, quindi se il giudice ascoltasse la richiesta dell’accusa dovrebbe andare contro una sentenza dello stato indiano. Oltre a queste categoriche obiezioni, la difesa ha chiesto che i due italiani facciano ritorno in Italia. Il giudice dopo aver ascoltato le parti ha dichiarato: «Capisco che di fronte a questa situazione sono io che devo decidere» e ha rinviato l’udienza al 18 febbraio. Inizia dunque una nuova settimana di attesa.

MAURO IN INDIA. Nel frattempo i due marò si trovavano all’ambasciata italiana in compagnia del ministro italiano della Difesa, Mario Mauro, giunto stamane nelle prime ore proprio per stare vicino ai due militari. Il ministro agli Esteri Emma Bonino ha così commentato la notizia della proposta dell’accusa indiana: «È inaccettabile. I nostri marò non sono terroristi, né è terrorista lo Stato italiano. Questo per noi è inaccettabile: politicizzare i casi è una tentazione che hanno in molti, certamente è vero che l’India è in campagna elettorale e queste sono ricostruzioni anche plausibili. Ma il punto è un altro, il punto è lo stato di diritto e la legge. Comunque siano le cose, le elezioni da noi o da loro, ciò non deve essere fatto pagare sulle spalle dei marò. Comunque abbiamo parecchi assi nella manica, che saranno valutati con calma, gradualità e determinazione: reagiremo con tutte le opzioni necessarie. Tutte le carte sono sul tavolo, a partire dalla forte alleanza internazionale e non solo europea che abbiamo costruito con grandissimo lavoro e che non era affatto scontata».

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