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La stangata Ires la pagheranno i poveri

Che senso ha cercare le risorse per il sociale prendendole dal mondo della solidarietà che già le mette a disposizione degli ultimi? Nessuno. Ecco però quanto ci costerà

Caterina Giojelli
27/12/2018 - 13:52
Interni
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Volevano abolire la povertà, vanno a colpire chi, dalla Caritas al Banco Alimentare, dalla Croce Rossa ai centri di ricerca come l’Ieo e Humanitas, dal don Gnocchi alle federazioni dei disabili, dalle Misericordie alle scuole cattoliche alle piccole onlus, opera quotidianamente nel campo dell’assistenza ai poveri, sofferenti, emarginati. Secondo una prima stima del Forum del Terzo settore grazie alla norma nel maxiemendamento che cancella l’Ires agevolata (passerà dall’attuale 12 al 24 per cento) il mondo dell’associazionismo e del volontariato si troverà sborsare circa 120 milioni in più solo nel 2019. Una vera e propria tassa sulla solidarietà priva di logica e di senso: «Qui si parla di una cifra che non supera i 150 milioni, una goccia nel mare della manovra, e che invece può avere un impatto estremamente negativo per società, cooperative, che pur avendo l’apporto di tanti volontari hanno spese, hanno negli anni assunto anche giovani, forniscono servizi essenziali che lo Stato non riesce sempre ad assicurare». Parla di «colpo che potrebbe esser mortale» Maurizio Lupi, ex ministro alle Infrastrutture, rieletto nel centrodestra e presidente dell’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà, che al Corriere rivolge oggi un appello per non gettare anni di impegno bipartisan (pensiamo solo al 5 per mille varato con voto di tutti nel 2003 sotto Berlusconi) per potenziare la sussidiarietà: «Non si torni indietro da questa via maestra. Si modifichi questo obbrobrio. O sarà battaglia vera».

«UN CONTO È ESSERE NO-PROFIT, UN CONTO ANDARE IN PERDITA»

Per lo Stato infatti si tratta di un piccolo gettito, «lo 0,1 per cento della manovra» spiega alla Stampa Claudia Fiaschi, presidente del Forum, «ma che rischia di rendere insostenibile l’attività di tante realtà. Il Cottolengo di Torino ha a bilancio 990 mila euro di Ires e andrà a pagarne quasi 1,9 milioni. Gli stessi problemi avranno Croce rossa e altri… Un conto è essere no-profit, un conto è andare in perdita». Cioè impoverire chi aiuta i poveri. E non solo. Bastonando il terzo settore ci rimetteranno tutti. Il rischio è che aumenteranno «i costi dei servizi dei disabili, dei sofferenti» (Fabrizio Pregliasco, presidente dell’Associazione nazionale pubbliche assistenze) e che «alla fine lo Stato dovrà spendere molto più di quello che risparmia, perché la povertà rimane» (Luciano Gualzetti, direttore della Caritas Ambrosiana), con buona pace dell’articolo 118 della Costituzione «che sollecita a sostenere la partecipazione dei cittadini ad attività di interesse generale» (Giorgio Righetti, direttore generale Acri).

POVERI SENZA CIBO, ORFANI SENZA BORSE DI STUDIO

Che senso ha, si chiedono dal mondo del no-profit, cercare le risorse per il sociale prendendole dal mondo della solidarietà che già le mette a disposizione degli ultimi? «Davanti alla crescente povertà è giusto che lo Stato intervenga ma stando accanto a chi già aiuta. Questo provvedimento invece va nella direzione opposta», denuncia Roberto Zuccolini portavoce della Comunità di Sant’Egidio (60 mila poveri messi a tavola il giorno di Natale), tra le voci raccolte da Repubblica che oggi dedica alla rivolta del volontariato un lungo servizio, pieno di conti. «Una realtà come la Girola che con i proventi degli immobili ogni anno garantisce 150 borse di studio per orfani, vedendosi raddoppiare la tassazione da 200mila a 400mila euro, sarà costretta a tagliare: 50 ragazzi non avranno gli studi pagati e un futuro diverso», spiega Luca Degani, presidente Uneba (350 fondazioni per servizi ai minori, anziani e disabili) al quotidiano. «La Restelli di Rho che gestisce assistenza domiciliare per anziani, ad esempio, avrà 60mila euro in meno da spendere, significa meno assistenza per tutti. E l’associazione Arca che tra le altre attività garantisce 3mila pasti al giorno non potrà più farlo». Ancora: «I 200mila euro che pagavamo di tasse sugli immobili che possediamo diventeranno il doppio. Questo significa che avremo 200mila euro in meno per finanziare i progetti che ci vengono sottoposti», denuncia Daniele Donzelli, presidente del “Pio istituto dei sordi”.

FAMIGLIE SENZA SCUOLE

«Rischiamo di chiudere, andiamo a casa e lasciamo i bambini per strada, se vanno avanti così. E questo Salvini ce la deve spiegare: lui che aveva messo nel programma elettorale l’aiuto alle nostre scuole e il sostegno alla libertà educativa delle famiglie», aggiunge suor Anna Monia Alfieri, la pasionaria delle scuole paritarie, che dirige asili e istituti a Milano e fuori con 2.500 iscritti: «Noi facciamo un servizio alla società in centri piccoli e quartieri periferici dove la scuola pubblica è assente. E lo facciamo a costi ridotti, aiutando lo Stato, perché da noi un alunno costa all’erario 500 euro all’anno, invece dei 10mila che il ministero spende per ogni studente nelle scuole pubbliche. Ne andrà della libertà delle famiglie di scegliere quale educazione dare ai figli». Durissima anche la reazione di Giuseppe Guzzetti presidente dell’Acri e di fondazione Cariplo: «Così rubano il futuro ai bambini, con la tassa il settore non profit diminuisce l’attività e chi ne pagherà il conto saranno i più deboli».

SECONDO DI MAIO LA MANOVRA «RIDÀ DIGNITÀ AL POPOLO»

«Non siamo davanti a un problema dei cattolici o per i cattolici, ma dell’umanità del nostro popolo, quindi di dignità e rispetto per chi ha sempre operato con abnegazione ed ha contribuito a tenere in piedi il nostro Paese», ha ricordato il cardinale Gualtero Bassetti, presidente della Cei che dalle colonne di Repubblica sfida Salvini a continuare ad «attaccare noi vescovi ma lasci stare chi aiuta gli altri». Sono 6.220 su quasi 350 mila tra enti, istituti e associazioni, laiche e religiose, le realtà no-profit direttamente colpite dalla manovra. Un settore in crescita soprattutto al Nord-Ovest (+3,3 per cento). Non stupisce che Di Maio mostri lucida coerenza con la sua idea di Stato assistenzialista e la chimera del reddito di cittadinanza per abolire la povertà («la nostra Manovra ridà dignità al popolo» ha sostenuto ad Affaritaliani.it). Più grave, come nota Lupi «che una forza come la Lega, che conosce bene il tessuto sociale — molto radicato peraltro al Nord — in cui opera il Terzo Settore, non capisca quanti danni si rischiano di commettere. E quanto chi è impegnato in queste attività — parliamo di oltre 5 milioni di persone in 350 mila realtà di lavoro — resterà deluso e chiederà conto di ciò che si è commesso».

Foto Ansa

Tags: gualtiero bassettiiresLegaMaurizio LupiMovimento 5 Stelleno profitreddito di cittadinanza
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