L’«autodistruzione» della Francia ha un solo responsabile
Senza governo, senza manovra finanziaria e soprattutto senza idee. La Francia è entrata in territorio sconosciuto dopo la mozione di censura con cui l’Assemblea nazionale dominata da lepenisti e melenchoniani ha dato il benservito a larga maggioranza al governo di Michel Barnier, il più breve nella storia della V Repubblica. Quello che tanti avevano previsto in estate ora è realtà: con un Parlamento come quello uscito dalle ultime legislative la Francia è ingovernabile. Emmanuel Macron non sa più che pesci pigliare e non trova niente di meglio che parlare al paese e dichiarare come se fosse uno scolaretto: non è colpa mia.
Macron ha capito male
Non è così. Il suo coup de théâtre di giugno, quando sciolse il Parlamento per indire nuove elezioni all’indomani della sonora sconfitta alle elezioni europee, si è rivelato disastroso. Il presidente della Repubblica restituì la parola ai francesi perché il paese aveva «bisogno di una maggioranza chiara, nella serenità e nella concordia». E così ha condannato il paese a uno stallo insuperabile, a una guerra civile permanente che sta sprofondando la Repubblica francese nel caos.
«Ho ascoltato il vostro messaggio e non lo lascerò senza risposta», disse Macron all’indomani delle Europee. Ma il presidente deve aver capito male: i francesi non volevano un nuovo Parlamento, volevano un nuovo presidente.
La perfidia di Le Pen e Mélenchon
Il Rassemblement National (Rn) di Marine Le Pen e La France Insoumise (Lfi) di Jean-Luc Mélenchon si sono premurati di far cadere il governo proprio quando poteva fare più male a Macron. E cioè a due giorni dall’arrivo del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump in Francia per la riapertura della cattedrale parigina di Notre-Dame.
Se Macron, approfittando della crisi tedesca e della debolezza del cancelliere Olaf Scholz, voleva presentarsi a Trump come l’unico interlocutore affidabile in Europa, Le Pen e Mélenchon gli hanno perfidamente rotto le uova nel paniere.
Nuovo premier, vecchi guai
Il futuro per la Francia è quanto mai incerto. Macron ha promesso di nominare «nei prossimi giorni» un nuovo premier che «formi un governo di interesse generale», ma per il prescelto fare meglio di Barnier sarà dura. Mathilde Panot, capogruppo dei deputati di Lfi ha già dichiarato che «censureremo automaticamente qualunque primo ministro che non sia espressione del Nuovo fronte popolare», l’alleanza dei partiti di sinistra francesi composta da Lfi, socialisti, comunisti e verdi.
Dal canto suo, il deputato lepeniano Jean-Philippe Tanguy ha messo in chiaro le condizioni di Rn: «Macron deve nominare rapidamente un premier, ma le nostre linee rosse non si sono spostate. Sono sempre quelle».
Debito fuori controllo in Francia
E qui iniziano i problemi. Perché il governo francese, almeno formalmente, è caduto sulla Legge di bilancio, un macigno che prevede 41,3 miliardi di tagli e 19,3 miliardi di nuove tasse per aziende e privati. Sapendo che non sarebbe mai passato, Barnier ha attivato il famigerato articolo 49.3 della Costituzione – ormai una prassi in Francia – che permette l’approvazione di una legge senza il voto dell’aula. Salvo appunto essere colpiti da voto di sfiducia.
Le Pen aveva posto una condizione chiara: sulle pensioni non si transige, vanno adeguate all’inflazione. Il governo Barnier invece ha ritenuto che i 3,6 miliardi di risparmio generati dallo slittamento dell’indicizzazione fossero indispensabili per contenere il deficit, che quest’anno crescerà ancora in Francia fino a raggiungere il 6,1% del Pil.
Serve una Legge di bilancio
Rn si è impuntato e ha fatto cadere il governo alleandosi con la sinistra, che ha cercato di disarcionare Barnier fin dal primo giorno. Il paradosso è che ora la Francia entra in territorio sconosciuto: se, come probabile, il nuovo esecutivo non riuscirà ad approvare entro fine anno una Legge di bilancio, che succede?
Negli Stati Uniti si verificherebbe lo shutdown: in mancanza dei piani di spesa, tutte le attività governative non essenziali si fermano fino a che il Congresso non trova un accordo. La Francia però non prevede niente del genere. Macron ha annunciato che «una legge speciale sarà presentata entro metà dicembre» affinché i piani del 2024 vengano automaticamente proiettati sul 2025.
Con un grosso problema: senza aggiornamento delle retribuzioni al livello dell’inflazione tutti i francesi, nessuno escluso, si ritroverebbero a pagare più tasse. Difficilmente gli elettori di destra e sinistra saranno contenti del risultato.
L’«autodistruzione» della Francia
Servirebbe un compromesso, dunque, ma un Parlamento dominato dalle fazioni estreme di destra e sinistra al momento non lo consente. Servirebbero nuove elezioni legislative, ma per Costituzione devono passare almeno dodici mesi dalle precedenti e quindi non se ne parla fino a luglio. Servirebbe un nuovo voto presidenziale, ma Macron ha ribadito che non mollerà la poltrona prima della scadenza naturale del suo mandato nel 2027.
Quella che il Figaro chiama «autodistruzione» della Francia ha sicuramente un responsabile e non è il «fronte anti-repubblicano» denunciato da Macron, nel quale il presidente ha incluso tutti tranne se stesso.
Macron ha perso il tocco magico
Il responsabile è proprio lui, Monsieur le Président, troppo interessato a «scrivere la storia» per occuparsi della Francia. All’indomani delle Europee aveva una maggioranza, per quanto relativa, ma l’ha distrutta per cercare di danneggiare l’arcinemica Le Pen, consegnando così la Francia all’ingovernabilità.
Dopo aver inseguito il sogno di svuotare destra e sinistra per restare da solo a governare il paese, Macron pensava di presentarsi nuovamente come il salvatore della patria, come unica alternativa alla guerra tra opposti estremismi. Ma il “monarca repubblicano” ha perso il tocco magico e anche il contatto con il paese. Ora sarebbe giunto il momento di farsi da parte, ma il “piccolo Napoleone” non sembra ancora pronto ad ammettere la sua Waterloo.
Ieri sera ha detto che non si assumerà «le irresponsabilità di altri». In effetti, sarebbe sufficiente che si assumesse le sue.
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1 commento
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Il parlamento francese è il frutto del pastrocchio elettorale , generato dall’accordo fra Macron ed estrema sinistra per battere la destra, una sorta di desistenza di Dalemiana memoria ( anno 1996)!
Anche allora nacque un parlamento che durò 5 anni ma ci furono 5 governi e 80 fra deputati e senatori che dal centrodestra passarono al centrosinistra.
Se crediamo alla democrazia la composizione del parlamento la devono fare gli elettori non gli strateghi del palazzo!