
La preghiera del mattino
Ora l’Italia ha un peso diverso in Europa, anche il centrodestra prenda le misure

Su Open Felice Florio scrive: «Elly Schlein, all’età di 37 anni, si trova alla guida del primo partito di opposizione italiano. “Partito che non ha mai smesso di essere il perno del centrosinistra, è ridicolo pensare che avesse abdicato in favore dei grillini”, sostiene Piero Ignazi. “In confronto, Movimento 5 stelle e terzo polo sono partiti di pasta frolla”. Per il politologo, esperto in politica comparata, “all’organizzazione e alla capillarità territoriale, adesso, si aggiungono una leadership e una linea politica chiare”, che renderanno il Partito democratico ancora più centrale nel contrasto al governo Meloni. “Giuseppe Conte e Carlo Calenda dovranno adeguarsi, inseguire un Pd che è tornato a dare la carte del mazzo delle opposizioni”. Merito, secondo Ignazi, di una certa radicalità delle posizioni di Schlein, che porterà il centrosinistra fuori “da una specie di melassa indefinita, che ha fatto le sfortune del Partito democratico”».
La riflessione di Ignazi non manca di argomenti: il Pd è certamente ancora una forza aggregante non comparabile con la banda di scappati da casa dei 5 stelle e con quell’insieme di rancori, vanità e affarismi che è, al netto di qualche apprezzabile pulsione riformista, l’accrocco Renzi-Calenda. Ed è pure vero che dentro il (relativamente ma ancora potente) contenitore Pd, il radicalismo di Elly Schlein produrrà una scossa. Però le previsione ignaziane rimuovono completamente la questione di quale base sociale e di potere riuscirebbe a offrire qualche carta vincente a una riscossa “democratica” di marchio schleinista. Logorato il rapporto con i lavoratori che lo sbandato Maurizio Landini con le sue settimane di 4 giorni non rimetterà insieme, logorato il rapporto con i pensionati ancora offesi da un’Elsa Fornero così appoggiata dalla sinistra governante, il Pd ha potuto contare ancora nei tempi recenti su utili rapporti con i ceti medi gestiti dagli ex dc tra vecchie reti e nuove influenze “bancarie”, e con settori dell’establishment economico che hanno apprezzato la copertura di loro interessi “da sinistra” e che hanno preferito lasciar spazio a maggiori influenze internazionali piuttosto che a un potere politico sia pur democratico ma troppo autonomo. Si può veramente credere che la cura che offre la Schlein (salario minimo, riproposizione dell’articolo 18, patrimoniali a gogo, ecologismo ideologico con stop alle trivellazioni e ai termovalorizzatori, idealizzazione dell’auto elettrica, nonché negazione del nucleare anche nuovo, rilancio alla grande della spesa pubblica, per non parlare della linea “woke” sui diritti civili) possa mantenere ancora le condizioni che consolidavano il potere d’interdizione del Pd? Alla fine un partito espressione essenzialmente di ceti urbani radicalizzati ha veramente un avvenire? Un’Alexandria Ocasio-Cortez può vincere senza un Joe Biden (e tra l’altro senza un avversario come Donald Trump)? D’altra parte la destra non può dormire sonni tranquilli perché se non c’è al momento un’alternativa politica, incombe ancora la possibilità di una disgregazione della democrazia italiana condizionata da scenari internazionali non bene prevedibili.
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Su Formiche Gabriele Carrer scrive: «Sono tanti i dossier sul tavolo: dall’energia, con il progetto del gasdotto Eastmed su cui Edison ha chiesto al governo un sostegno esplicito, alla guerra in Ucraina, dalla lotta all’antisemitismo (nei giorni scorsi l’ambasciatore israeliano Alon Bar ha incontrato il prefetto Giuseppe Pecoraro, nominato coordinatore nazionale per la lotta contro l’antisemitismo dal presidente Meloni) alla cooperazione industriale. A tal proposito, a dicembre, in occasione di un incontro tra il ministro Urso, senatore di Fratelli d’Italia e ministro delle Imprese e del Made in Italy, e l’ambasciatore israeliano Bar, era stato attivato il gruppo di lavoro per migliorare la cooperazione industriale, tecnologica e scientifica».
Della rilevanza del quadro globale sui destini della democrazia italiana pare ben consapevole Giorgia Meloni, che con l’incontro con Benjamin Netanyahu ha consolidato in questi giorni la sua strategia nel Mediterraneo che si accompagna ad alcune mosse importanti nell’Indo-Pacifico.
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Su Dagospia si riportano queste dichiarazioni: «“Con Rutte abbiamo discusso nell’ultimo Consiglio Ue in maniera molto pragmatica e forse con una visione comune sul fatto che la questione migratoria va affrontata partendo dalla difesa dei confini esterni e dalla lotta ai trafficanti, tema che per quanto riguarda l’Italia diviene ancor più rilevante all’indomani della tragedia di Cutro”, ha detto la premier Giorgia Meloni alla stampa dopo l’incontro con il primo ministro olandese.
E particolarmente rilevante è stato anche l’incontro di Giorgia Meloni con il premier olandese, segnato da un’ampia convergenza sulla questione dei migranti e dei rapporti con l’Africa. Dopo la stagione degli scontri tra i rigorosi del Nord e gli spendaccioni mediterranei, pare delinearsi un nuovo rapporto tra Roma e Amsterdam che fa i conti con le difficoltà della pretesa di Parigi di guidare l’Unione Europea solo grazie all’intesa franco-tedesca.
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Su Affaritaliani si scrive: «“Non apprezzo le dichiarazioni dei miei colleghi sui rialzi prolungati dei tassi”: lo ha detto il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel suo saluto alla XIV conferenza Maeci-Banca d’Italia, criticando (anche senza citarla) la presidente della Bce Lagarde. “Anche se la politica monetaria ha finora avuto successo nello stabilizzare le aspettative, la grave situazione geopolitica rende molto difficile prevedere i futuri andamenti macroeconomici. La politica monetaria dovrà quindi continuare a muoversi con prudenza, facendosi guidare dai dati”, e “senza mettere a rischio la stabilità finanziaria e minimizzando gli effetti negativi sull’ancora fragile ripresa”, ha aggiunto».
Nel delineare un nuovo ruolo dell’Italia nell’Unione Europea è importante segnalare la sintonia tra il nostro governo e la Bankitalia draghiana, un elemento particolarmente significativo e tale da influenzare le scelte comunitarie. Anche questo elemento dovrebbe spingere la coalizione di maggioranza a tenere sempre un alto profilo in tutte le occasioni, come per esempio le nomine negli enti statali o la formazione delle giunte nelle regioni che hanno appena votato.
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