
«Flat tax? Sicuramente semplifica il sistema, ma non è equa»

Se l’estate televisiva è abitualmente la stagione delle repliche, questa strana estate elettorale riserva delle rassicuranti certezze in termini di programmi di governo. Negli ultimi giorni è la flat tax, la tassa “piatta” ad aliquota unica, ad essersi guadagnata l’onore delle cronache. Ad averla rispolverata è il segretario della Lega, Matteo Salvini, che ne ha quantificato anche l’aliquota nel 15 per cento, seguito da Silvio Berlusconi secondo cui la soglia corretta è inizialmente del 23 per cento con l’ambizione di scendere ulteriormente in futuro, ovviamente senza creare nuovo deficit. «È una misura che può avere come vantaggio la semplificazione, sicuramente però non l’equità», commenta a Tempi la misura cara al centrodestra Luigino Bruni, ordinario di Economia politica all’università Lumsa di Roma.
Professore, che cosa pensa di questo dibattito sulla flat tax alla vigilia delle elezioni?
Il tema della flat tax non è nuovo, già nel 2018 se ne parlò in Italia ma fu subito accantonata. Ora ritorna perché, chiaramente, è una proposta che trova un certo consenso tra la gente con redditi medio-alti alla quale conviene di più rispetto a chi ha redditi più bassi.
Secondo chi propone la tassa piatta, però, sarebbe più conveniente per tutte le fasce di reddito.
Qualsiasi aliquota che sia stata proposta è comunque più bassa del 41 per cento che si paga nello scaglione più alto dell’Irpef ed è più alta rispetto a ciò che pagano i tanti lavoratori dipendenti che hanno già una no-tax area piuttosto ampia. È evidente che una tassa fissa al 25 per cento, ad esempio, favorisce chi oggi ha redditi superiori ai 50 o 70 mila euro lordi l’anno.
Insomma, dal suo punto di vista ci guadagnerebbero in proporzione solo i più ricchi.
Questa è una manovra tesa ad accattivarsi l’elettorato più ricco del paese. Va benissimo, ma chiamiamola così e non diamole una parvenza di equità. È un modo poco trasparente per proporre una riduzione delle tasse a chi ha redditi alti e io non amo molto questo tipo di proposte perché non è chiaro l’intento che dai teorici viene presentato come un sistema apparentemente più facile ma poi, se uno va a guardare, è solo una riduzione delle imposte ai più ricchi.
La flat tax non ha il merito di semplificare il sistema tributario?
Questa retorica della semplificazione a me non sembra qualcosa di veramente decisivo perché esiste tutto un sistema che più o meno funziona. È ovvio che esiste una certa complessità ma vale per il sistema penale, civile oltreché fiscale: sono le burocrazie che creano questa complessità ma la burocrazia è figlia della democrazia perché i paesi non burocratici sono in mano all’arbitrio del più forte. Certo, a volte le burocrazie superano una soglia critica ma non dimentichiamoci che sono lì per tutelare i nostri diritti. Anche le tasse, insomma, sono complesse in un sistema complesso.
Esistono altri grandi paesi che abbiano scelto la flat tax?
La Russia, ad esempio, ma come vediamo oggi non si tratta di paesi democratici. In sistemi oligarchici dove il potere è in mano a grandi gruppi di super ricchi è normale che la flat tax piaccia molto ma non è così nelle democrazie occidentali. E persino gli americani che l’hanno inventata, di fatto, non l’hanno mai adottata in modo serio. Il popolo ama altre cose, antiche leggi secondo cui chi ha di più deve contribuire di più.
La tassazione piatta può aiutare a combattere l’evasione fiscale?
C’è la speranza, ingenua secondo me, che una tassa piatta per i redditi alti porti a una minore evasione fiscale. Dagli studi non abbiamo nessuna garanzia che ciò accada: c’è un piccolissimo effetto che emerge dai dati statistici che però non compensa la perdita di entrate fiscali per lo stato.
Verrebbe quindi a mancare la copertura finanziaria stessa della riforma?
Per me è un assurdo che si parli di copertura finanziaria delle tasse quando le tasse servono per crearla questa copertura. Se devo fare una riforma fiscale che deve essere finanziata perché non sostenibile è una contraddizione in termini. Il fatto che questa misura riduca il gettito è inconcepibile, l’unico vantaggio che chi la propone vede nella riforma è dato dalla semplificazione, non sicuramente dall’equità.
L’attuale sistema progressivo a scaglioni è figlio della nostra Costituzione, un sistema ad aliquota piatta sarebbe comunque costituzionale?
Il tema costituzionale è importante perché non occorre essere degli economisti per capire che un’aliquota unica è proporzionale e non progressiva, come richiede la nostra Costituzione. Un criterio che si può anche discutere – perché i più ricchi devono pagare un’aliquota più alta rispetto ai più poveri? – però questa è la nostra Costituzione e se vogliamo cambiarla serve una legge che sappiamo essere più complessa di una semplice delega fiscale.
Una legge costituzionale potrebbe comportare anche un referendum popolare chiamato ad esprimersi su una questione fiscale?
Il patto fiscale è il cuore del patto sociale: quando un paese sbaglia il patto fiscale va in crisi l’intera democrazia e ci si domanderà un domani perché dobbiamo stare insieme, ricchi e poveri, se non c’è più la percezione dell’equità sociale. Ecco perché i cambiamenti sul tema fiscale sono sempre stati pochi e non si possono ridurre a slogan elettorali.
Foto Ansa
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