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Home Politica

Ferrara: Bentornati nel mondo reale. Chiudiamo il ventennio della paralisi e il fastidioso nulla dei grillini

Intervista al direttore del Foglio. L'Italia potrà cambiare a a patto che la linea di Napolitano diventi «il manifesto di un nuovo ciclo». E che non ci si illuda di poter fare le riforme a costo zero

Luigi Amicone
01/05/2013 - 8:00
Politica
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Giuliano Ferrara, c’è questo orrore di pistolettate, feriti e un carabiniere in pericolo di vita che ha tenuto a battesimo nel peggiore dei modi il forse miglior governo oggi possibile. E comunque, cito l’essenziale dell’editoriale domenicale di Eugenio Scalfari, «un buon governo». Condivide?
L’esplosione di violenza davanti a Palazzo Chigi rende pericoloso e drammatico un passaggio che va valutato politicamente in modo sereno, nonostante la follia andante in cui siamo immersi. La formazione di un governo con dentro centro, sinistra e destra, una grande coalizione, è in sé un fatto nuovo decisivo, perché l’alleanza ABC dell’epoca in cui è stato sostenuto il governo Monti, prima con una vera apertura di credito poi in modo malizioso e autocontraddittorio, era condizionata dal carattere “tecnico” della compagine governativa e dall’acutezza emergenziale della crisi finanziaria. Ora il gioco si è fatto del tutto politico, e la partita si è conclusa dopo una grave crisi dei partiti e istituzionale che ha portato all’inaudita soluzione della rielezione di Napolitano. Bisogna anche dire che questa soluzione non sarebbe stata immaginabile senza quella che la precede del novembre 2011. Il ministero è un po’ troppo minimalista e democristiano per i miei gusti, ma non si può anticipare un giudizio di fragilità o addirittura di inconsistenza. Sarebbe ingiusto per la formula e per le persone chiamate a incarnarla, a partire da Enrico Letta. Senza i fatti che lo precedono, e il centralissimo e vivissimo e formidabile discorso di Napolitano alle Camere, saremmo in una specie di limbo del giudizio. La speranza invece, anche se non ha niente di allettante in sé o addirittura di paradisiaco, viene dall’interpretazione di quel discorso, e della sua attonita ricezione da parte delle Camere, sia a sinistra (dove la crisi di prospettiva o culturale era più chiara) sia a destra (dove è meno chiara ma altrettanto rilevante). Se Napolitano sarà imbracciato come un manifesto per un nuovo ciclo italiano, quello fondato sul principio di realtà, il governo sfonderà la barriera della faziosità, delle beghe di sistema, delle ripicche, dell’incapacità paralizzante a far muovere il sistema. Altrimenti saremo in breve tempo da capo a dodici.

Davvero pensa che Giorgio Napolitano e Enrico Letta abbiano nelle mani le chances per riscattare un ventennio di furore e immobilismo?
Ce le hanno nelle mani quelle chances. Poi ci sono i giornali, i libri, le tv, e molti milioni di italiani che devono reimparare, in particolare nei rapporti con la Germania molto intraprendente, non sempre a torto, e vogliosa di occupare gli spazi vuoti, a definire un interesse nazionale e a perseguirlo. Facendo quel che è necessario e non facendosi prendere dal terrore per il fatto che ogni vera riforma passa per una crisi sociale e dell’ordine pubblico (vedi Thatcher). O pensiamo sempre a quel pasto gratis che la storia ci deve servire ben caldo?

Berlusconi si è convinto della bontà dei sui consigli. Ma le sentenze non tarderanno a farsi sentire. Lei dice che è con la politica che occorrerà rispondere. Quale?
Anche Berlusconi, che ha bisogno intorno a sé di libertà mentale più che di consigli, deve sottostare al principio di realtà, che si combina bene in lui con un pizzico di follia visionaria. Nessuno può eliminare l’aggressione giudiziaria, ma l’esercizio attento e forte del suo ruolo istituzionale e politico, nella nuova situazione, renderà quell’accanimento ridicolo, anche al di là della possibilità di sentenze faziose. Alternative a una risposta pienamente politica all’aggressione ventennale non ce n’è.

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Sono considerati degli sconfitti perché esclusi da responsabilità di governo, eppure a noi pare che un certo ricompaginamento dei suoi ex compagni del fu Pci – penso ai D’Alema e ai Violante – sia una delle chiavi dello scampato pericolo. Crede che questi dovrebbero tentare di riprendere una leadership più esplicita all’interno del partito e provare a plasmare il nuovo, Matteo Renzi, piuttosto che subirlo?
Gli ex e postcomunisti sono portatori di una cultura della realtà, della duttilità togliattiana, questo è vero. Anche Violante, cresciuto nella mitologia azionista, essendo intelligente è diventato postcomunista di temperamento e impostazione culturale. Secondo me c’è sempre bisogno anche di loro, come dimostra il caso di Napolitano. Ma bisogna camminare con le gambe disponibili alla corsa.

Se pensa alla “bolla” Grillo, ultimo cascame del ventennio che va da Moretti (il regista) a Moretti (la portavoce), da Biagi a Travaglio, da Colombo (magistrato) a Colombo (notabile Rai), su quali forze nuove scommetterebbe per i prossimi anni?
Grillo è un retore del calibro di Fidel Castro, senza la gloria fosca del caudillo e con molto turpiloquio da commedia all’italiana. Ma è equivalente a zero la possibilità che la compagnia Casaleggio vada oltre il già fatto, cioè il nulla anche fastidioso che si è rivelato con l’elezione dei ciuchini alle Camere. Basta che il mood dell’opinione pubblica sia minimamente rinfrancato da un inizio di soluzione politica e civile, e da una minima inversione dei dati febbricitanti dell’economia reale, et voilà, i Casaleggi torneranno nel pianeta Gaia a fare video.

Tags: Beppe Grillocasaleggioenrico lettaeugenio scalfariGiorgio Napolitanogiuliano ferraragoverno Lettamario montiMatteo RenziMovimento 5 Stelletravaglio
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