
Fermi tutti, sarà anche letale ma il coronavirus fa benissimo al clima

«L’epidemia di coronavirus, che paralizza l’attività economica in Cina, potrebbe ridurre le emissioni CO2 del paese di almeno un quarto», lo scrive l’Ansa, «in seguito all’epidemia di coronavirus il paese ha già ridotto le emissioni di carbonio di circa 100 milioni di tonnellate nelle ultime due settimane», lo scrive il Financial Times, «ma quando l’epidemia si sarà placata è probabile che ci sarà un inquinamento da ritorsione per compensare le perdite. Chi pensa di avere preso una piacevole pausa dall’emergenza climatica dovrebbe frenare il suo ottimismo», dice Li Shou, portavoce di Greenpeace Chiam ripreso da Afp e dal Figaro.
CITTÀ FANTASMA A BASSE EMISSIONI
La Cina è in ginocchio ma speriamo che non si rialzi troppo in fretta: è questo tra le righe il senso dello studio sul paese martoriato dal coronavirus condotto da Lauri Myllyvirta, analista presso il Center for Research on Energy and Clean Air (Crea) e attivista di Greenpeace, ripreso ovunque da giornali e portali. Nelle ultime due settimane i ricercatori del Crea hanno “scoperto” infatti che a far data dal prolungamento del Capodanno cinese causa epidemia, da quando cioè in un paese dominato dall’industria e trasporto merci nessuno può più uscire di casa o andare al lavoro, le strade sono deserte, le fabbriche chiuse, la popolazione rinchiusa in casa o centri governativi per la quarantena, da quando insomma la Cina ha iniziato a contare i suoi morti e affrontare il pericolo contagio, le emissioni di CO2 sono passate da 400 a 300 milioni di tonnellate, il consumo medio di carbone nelle centrali elettriche ha registrato un declino senza precedenti, le emissioni di biossido prodotte dal traffico stradale sono calate del 36 per cento, quelle da traffico aereo dell11 per cento. Si tratta di un calo di emissioni a livello globale del 6 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e si attendono ora i dati sul brusco calo della domanda di petrolio previsto nel primo trimestre.
ENERGIA PULITA COME PANACEA DI TUTTI I MALI
Resta da vedere se durerà: gli esperti temono la risposta del governo alla crisi, «Pechino sta sollecitando i governi locali a concentrarsi sul rimettere in piedi l’economia. Lo stesso presidente Xi ha riferito che la risposta del coronavirus si è spinta troppo oltre l’epicentro dell’epidemia, avvertendo di danni all’economia e mettendo in guardia contro misure più restrittive», ma l’effetto potrebbe essere maggiore e prolungato se il disagio finanziario colpisse per esempio l’inquinantissima industria delle costruzioni o gli obiettivi di crescita per il 2020 mirassero al settore energia pulita: «Mirare agli investimenti nell’energia pulita e nell’efficienza energetica sarebbe un modo naturale per conciliare la necessità percepita di sostenere la crescita economica con la spesa progettata dallo Stato e l’ambizione dichiarata della Cina di contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici».
L’ANALOGIA TRA EMERGENZA VIRUS E CLIMA
In molti si chiedono se dall’emergenza coronavirus non possa derivare una lezione per affrontare l’altrettanto evidente emergenza climatica: «Sono dolorosamente consapevole del prezzo pagato dagli uomini per rispondere al virus, con milioni di persone che hanno perso reddito, impossibilitati a viaggiare, accedere all’assistenza sanitaria ecc. Tuttavia – ha twittato l’analista del Crea -, immaginiamo se adottassimo soluzioni come il telelavoro e costruissimo energia pulita con lo stesso senso di urgenza».
CLIMA SANO IN SOCIETÀ DI MALATI (E VICEVERSA)
In attesa di nuovi studi sul clima malato della società dei sani e sul clima sano della società dei malati, ci sarebbe anche un’altra urgenza da affrontare. Capire per chi – o per cosa – ricercatori e giornalisti, che promuovono analogie tra l’urgenza climatica e il coronavirus (28 paesi contagiati, 75 mila casi segnalati, 2.129 morti, 114 nuovi decessi solo nella giornata di ieri di cui 108 nella provincia di Hubei) facciano il tifo.
Foto Ansa
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