
La preghiera del mattino
Un paese serio può lasciare la Farnesina al partito più filocinese che c’è?

Su Open si scrive: «Il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta si augura una “squadra vincente Mattarella–Draghi in vista del 2023 e oltre”. E apre un dibattito per tornare al sistema proporzionale. Serve – dice in un’intervista a Repubblica – “una grande alleanza riformista tra chi rappresenta i meriti e chi rappresenta i bisogni”. Per il ministro bisogna “avere il coraggio di dire basta al ‘bipolarismo bastardo’ opportunista e fonte di instabilità e avviare un dibattito per tornare a un sistema elettorale di tipo proporzionale, serio e corretto verso la governabilità”. E questo perché “nelle democrazie mature regolate dal maggioritario, due visioni alternative convergono al centro e isolano le tendenze estremizzanti. In Italia, invece – è la sua analisi – in ragione della sua democrazia ancora non compiuta, il maggioritario ha prodotto l’effetto opposto: ha radicalizzato l’offerta politica e ha lasciato il centro senza voce”».
Che dolorosa sensazione costatare che vecchi amici colti e intelligenti siano ormai solo capaci di esercizi retorici che evocano un passato glorioso senza rielaborarne il contesto storico-sociale, senza nessuno scatto né intellettuale né politico per aprire all’Italia una nuova via, e che trovano l’unica razionalità delle loro posizioni nel coprire minori operazioni di sopravvivenza.
Su Atlantico quotidiano Federico Punzi scrive: «Sarebbe esagerato parlare di commissariamento di Draghi da parte di un asse, o meglio una tenaglia Quirinale-Pd – anche se con un altro premier probabilmente qualche giornale avrebbe titolato in questi termini – ma certamente questa mossa è in netto contrasto con la narrazione che vorrebbe l’ex governatore Bce uscito rafforzato dal voto per il Quirinale e nella posizione di imporsi sui partiti, di metterli in riga rispetto ad una esecuzione puntuale dell’agenda di governo (“prendere o prendere”). O meglio, dipende da quali partiti: il premier può, anzi è chiamato ad imporsi con i partiti usciti sconfitti dalla corsa al Colle, come la Lega, ma non con il partito uscito trionfatore, il Pd, che facendo leva sul discorso da “capo politico” di Mattarella, rivendica i suoi margini di manovra. Non c’è solo l’agenda Draghi, da oggi c’è anche l’agenda Mattarella di cui tenere conto. In questa ottica si può leggere anche il messaggio di Mattarella sulla centralità del Parlamento: “Appare anche necessario un ricorso ordinato alle diverse fonti normative, rispettoso dei limiti posti dalla Costituzione”. Un richiamo paradossale, se pensiamo che negli ultimi due anni di pandemia qualsiasi parvenza di gerarchia delle fonti è saltata sotto i colpi di Dpcm e decreti, ordinanze ministeriali e regionali, e persino delle Faq del sito della presidenza del Consiglio, senza che il “garante” della Costituzione avesse nulla da eccepire, né nelle sedi preposte né nei suoi discorsi».
Punzi descrive con intelligenza il pantano in cui è sommersa la politica italiana grazie al suo commissariamento che continua dal 2011.
Su Affaritaliani Antonio Tajani dice: «Forza Italia sta lavorando per rafforzare l’anima popolare all’interno del centrodestra e Renzi non ne fa parte. Con questo sistema elettorale non vedo aggregazioni centriste fuori dalle coalizioni. Aggregazioni destinate comunque a non raccogliere consenso elettorale. Vogliamo far vincere il centrodestra nel quale l’anima popolare deve essere quella principale e forza aggregante».
Tajani dice spesso cose assai ragionevoli. Quando poi si è impegnato nel ”fare”, sia come commissario europeo sia come presidente dell’Europarlamento, ha mostrato grandi doti. Il problema è quando deve trovare un rapporto tra quel che dice e quel che fa: in quel momento tendono a intrecciarglisi i diti.
Su Affaritaliani si riferisce una frase di Giuseppe Conte: «Ho trovato Draghi assolutamente consapevole delle priorità e disponibile a lavorare insieme e può contare sul sostegno del M5s».
Trovavo particolarmente untuoso il Conte del presidente del Consiglio, anche quando ritoccato da un maestro della comunicazione come Rocco Casalino. Il Conte leader politico di quest’ultimo anno mi è sembrato essenzialmente ridicolo, però il suo rappresentarsi con la dichiarazione qui citata, come uno statista, batte qualsiasi record.
Sul Blog di Beppe Grillo Fabio Massimo Parenti scrive: «La maggior parte della popolazione mondiale sa che Pechino è determinata a rafforzare la cooperazione pacifica tra i popoli: è un obiettivo, un’ambizione, che rimane la stella polare dell’opera della Cina nel mondo, ospitando anche numerosi eventi internazionali».
Che Grillo, l’ispiratore-padrone dei 5 stelle, appoggi la tesi qui riportata, se la Repubblica italiana non dico fosse dignitosa, ma anche solo un po’ seria, porrebbe un problema a un ministro degli Esteri che è ancora – seppur forse in via di allontanamento – espressione di un movimento così esplicitamente legato a Pechino.
Su Huffington Post Italia si scrive: «“Italia al Centro sarà una Margherita con tanti petali e una leadership diffusa”. Paolo Romani, ex ministro berlusconiano oggi senatore di Coraggio Italia, racconta la road map del contenitore centrista tra renziani e totiani: “Entro febbraio ci saranno le assemblee, si partirà dal raccordo dei gruppi parlamentari, ma non sarà un’operazione di palazzo”. Niente simbolo alle amministrative, ma liste civiche, l’appuntamento è alle politiche 2023».
Non si coglie granché di pensiero nell’iniziativa che presenta Romani, nessuna riflessione sui processi recenti (post ’92 e post 2011) né su quelli di lungo periodo della storia nazionale (dall’Unità alla Prima Repubblica). Si legge solo molto l’eccitazione e la vanità dei promotori. Perché invece della “margherita”, non scelgono un ”papavero” come simbolo?
Su Strisciarossa Bianca Di Giovanni scrive: «Va da sé che è giusto completare un ciclo di studi, e quindi ottenere un diploma, affrontando verifiche efficaci e complete, scritte e orali. Tanto più se queste prove vengono in parte proposte dagli stessi insegnanti che hanno seguito la classe durante l’anno, tenendo conto quindi degli ostacoli affrontati con le ondate pandemiche. Se davvero si crede nel valore dello studio, nella dignità della scuola pubblica e dei titoli che essa riconosce, è difficile derogare a questo principio. Eppure le proteste degli studenti vanno prese in seria considerazione. La loro opposizione alla decisione di tornare con gradualità a un esame di maturità dell’era pre-Covid dice qualcosa di più che un semplice no a un tema di italiano o a una traduzione di latino. Le manifestazioni e i cortei, respinti addirittura anche con la violenza, raccontano di una “next generation” italiana che ha visto ben poco delle magnifiche sorti promesse con i nuovi investimenti in arrivo dall’Europa».
Nonostante la dura lezione che la storia ha inflitto a chi ha militato nel movimento comunista, lo “stile italiano” di questo “movimento”, capace di confrontarsi e analizzare concretamente e seriamente la realtà e le sue contraddizioni, permane in chi mantiene ancora legami, pur più sentimentali che razionali, con il proprio passato.
Sul Sussidiario Giulio Sapelli scrive, riferendosi a un’intervista alla Repubblica del ministro tedesco dell’Economia Christian Lindner: «Ma proprio per questo il problema tedesco è fondamentale per la crescita. Essa per la classe dominante tedesca deve continuare a fondarsi sulla continuità della politica economica basata sulle esportazioni e sui bassi salari e quindi in una costante e sempre più solida alleanza con la Cina, sottomettendo a questo disegno tutte le altre nazioni europee».
Chissà se tornerà mai una politica capace di intervenire sulle questioni terribilmente drammatiche analizzate da Sapelli. O se ci limiteremo a sostituire l’urlacchiare “onestà, onestà, onestà” all’urlacchiare “dignità, dignità, dignità”. Peraltro se proprio si deve insistere su questo modo di fare politica, consiglio come prossimo “trallalalà” un bel “complessità, complessità, complessità”.
Sulla Zuppa di Porro si scrive: «Non è mancato un commosso ringraziamento al nuovo-vecchio presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Vorrei augurarle buon lavoro ed esprimere l’affetto e la gratitudine che proviamo nei suoi confronti”, ha detto Amadeus. “Lei è per tutti noi un punto di riferimento e lo è stato anche oggi, quando ha ricordato l’importanza della cultura, dell’arte, del teatro, del cinema, della musica”. Il conduttore ha poi fatto suonare all’orchestra Grande, grande, grande di Mina in onore del capo dello Stato».
Per capire come Amadeus non riesca a piazzarsi in testa alla classifica nella gara per il più servile degli encomi al vecchio-nuovo presidente, è utile riportare l’inizio del testo di Grande, grande, grande cantato da Mina (come suggerisce la Zuppa e come peraltro segnalato pure da Marco Travaglio):
«Con te dovrò combattere
Non ti si può pigliare
Come sei
I tuoi difetti son talmente tanti
Che nemmeno tu li sai
Sei peggio di un bambino capriccioso
La vuoi sempre vinta tu
Sei l’uomo più egoista e prepotente
Che abbia conosciuto mai».
Sul Sussidiario in un’intervista ad Antonio Pilati si dice: «Veniamo alla magistratura. Non è in crisi nera? ”In crisi dal punto di vista dell’efficienza della macchina giudiziaria e delle regole dello stato di diritto. In realtà, con la rielezione di Mattarella ha ottenuto una straordinaria vittoria politica ed è allo zenit del suo potere. Ricordiamoci che di fronte alla crisi devastante del Csm, Mattarella non ha mosso un dito”. Però nel messaggio al Parlamento in occasione del giuramento, il termine “giustizia” è ricorso quattro volte, tre delle quali sottolineando le necessarie riforme. “Qualcuno, su queste pagine, ha già fatto un esplicito riferimento ai ‘salvati’ del 1992, cioè agli eredi del Pci e alla sinistra democristiana. La riforma della giustizia è condizionata dai referendum radicali che sono alle porte; credo però che magistrati così delegittimati non abbiano interesse oggi ad un giudizio popolare”. Quindi? “Ci saranno funzionali ritocchi decorativi finalizzati a sterilizzare i referendum, ma la magistratura inciderà con ancor più forza nella vita politica”. Palamara e la sua denuncia della malagiustizia? “È finita con l’onda dei voti M5s e Pd a sostegno di Mattarella. Con la sua rielezione trionfale, gli scandali del Sistema sono archiviati”».
Ecco, nelle parole di Pilati, una perfetta cura contro “l’ottimismo della stupidità”.
Su Atlantico quotidiano Matteo Milanesi: «Ciò che non ci convince del Festival non è la presunta trasgressione di Achille Lauro, o le esibizioni musicali tinte di rosso-sovietico dei Rappresentante di Lista. Ciò che infastidisce è la costante volontà di imporre figurine politicamente corrette».
Come tutti i vecchi ogni tanto mi lascio andare alla nostalgia. Magari qualche volta questo sentimento ha però anche una, almeno relativa, base reale. Per esempio che l’egemonia della sinistra poggi su Achille Lauro e Fedez invece che su Umberto Saba e Alfonso Gatto, che Amadeus abbia preso il posto che fu di Giulio Einaudi. Che Roberto Saviano sostituisca Giuliano Procacci e Rosario Villari, tutto ciò mi provoca una tristezza che non credo sia solo frutto del logoramento personale prodotto dai tanti anni vissuti.
Sul Sussidiario Natale Forlani scrive: «In un’intervista rilasciata al quotidiano La Stampa, il presidente dell’Inps, e ispiratore del reddito di cittadinanza, Pasquale Tridico, afferma testualmente: “Nel momento in cui non esiste in Italia un salario minimo legale, avere un reddito di cittadinanza di 500 euro mensili non può costituire un disincentivo quando le paghe sono così basse. Se le paghe sono così basse i lavoratori hanno tutto il diritto di rifiutarle e di vivere con il reddito di cittadinanza”. Con poche parole il nostro presidente dell’Inps, oltre che far sembrare stupidi i milioni di lavoratori che svolgono ordinariamente queste attività, conferma che la funzione dei sostegni al reddito è quella di consentire agli interessati di rifiutare offerte di lavoro contrattualmente regolari, senza incorrere nelle sanzioni previste dalla normativa. Per non farci mancare niente, nella medesima intervista comunica agli italiani che, in assenza di una crescita significativa del numero degli occupati, il sistema previdenziale italiano non sarà sostenibile. Ogni commento è del tutto superfluo».
La lotta per la dignità del lavoro, per passare dai blablablà ai fatti, richiede un pensiero critico, una capacità di concretezza e una reale sensibilità etica che paiono mancare ai Tridico, agli Orlando e anche ai Landini.
Su Affaritaliani si scrive: «”Avere buoni rapporti con la Russia penso che sia fondamentale”. Salvini – prosegue Repubblica – tende una mano a Putin, insomma, confermando posizioni diverse, nel governo, sul dossier russo-ucraino. Il Pd è schierato per la linea Biden, la più rigida rispetto al Cremlino. Una linea che, ad avviso della Lega e dei 5s (o meglio della parte del Movimento che fa diretto riferimento a Conte), rischia di favorire un conflitto. Salvini spinge per una posizione più equidistante. E soprattutto punta ad evitare lo strappo con Mosca. Il segretario leghista è convinto che il congelamento dei rapporti di Usa e Ue con la Russia, il muro contro muro insomma, possa non solo alimentare i venti di guerra ma anche lasciare imprese e famiglie italiane a rischio blackout».
Ecco un buon esempio di quanto Salvini avendo una posizione sostanzialmente analoga a quella di Emmanuel Macron e un po’ più atlantista di quella di Olaf Scholz, la sprechi, lasciando alla Repubblica tutto lo spazio necessario per i suoi giochetti di disinformacija. Un leader politico serio di fronte a questioni drammatiche come quella del caro energia e tragiche come un conflitto in Ucraina, dovrebbe incontrare Mario Draghi, poi Luigi Di Maio, poi Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni, Enrico Letta, il confindustriale Carlo Bonomi, il presidente della Cei Gualtiero Bassetti, e alla fine di una serie di conversazioni dovrebbe presentare un’articolata posizione che aiuti l’Italia ad assumere una linea di politica estera insieme atlantista e all’altezza dei pericoli in corso. Un utente di Facebook invece scrive in un post che «avere buoni rapporti con la Russia penso che sia fondamentale». E vede quanti “like” riceverà.
Su Open si scrive di «un’interrogazione parlamentare al governo e alla ministra Luciana Lamorgese per dare “spiegazioni e scuse” agli studenti scesi in piazza e a tutti i cittadini. A depositarla oggi, 31 gennaio, è stato Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana, dopo quanto accaduto durante le proteste giovanili di questi giorni contro l’alternanza scuola-lavoro (ora Pcto), partite dopo la morte del diciottenne Lorenzo Parelli. A Torino, Milano, Napoli e Roma gli studenti hanno denunciato cariche violente da parte delle forze dell’ordine in tenuta anti sommossa su cortei pacifici. Dalla Questura di Roma dicono a Open che i manifestanti avrebbero “lanciato petardi sulle forze dell’ordine e che quindi è stato necessario intervenire”, ma al momento le autorità non rilasciano dichiarazioni ufficiali. “La ministra dell’Interno si attivi per raccogliere ogni elemento e informazione utile a comprendere se nelle manifestazioni studentesche degli ultimi giorni vi sia stata una reazione sproporzionata ed eccessiva nei confronti degli studenti e delle studentesse e conseguentemente, ad individuare, i responsabili ad ogni livello della catena di comando”, si legge nel testo».
I fatti legati a questa interrogazione parlano di due problemi. Da una parte ci sono i larghi limiti di una scelta, quella dell’alternanza scuola-lavoro, che pure in sé mi pare ragionevole. Questi limiti svelano innanzi tutto la crisi dei soggetti politico-sociali che operano in Italia: una Cgil incapace di un’iniziativa seria verso i giovani, e partiti di centrodestra che “dicono” alcune scelte giuste ma poi non sanno tradurle in soggettività sociale. L’altra questione che, come si coglie scorrendo le cronache, riemerge in ogni momento, è quella della grave carenze della politica dell’ordine pubblico in Italia. Queste carenze hanno innanzi tutto la loro radice nel ministro stesso: non perché Luciana Lamorgese sia stata un cattivo prefetto, ma perché il ministero degli Interni ha bisogno di un politico che nella dialettica con gli aspetti “tecnici” gestiti dalle forze dell’ordine assicuri una gestione equilibrata della sicurezza pubblica. Anche tale questione denuncia la disgregazione che il commissariamento della politica avviato da Giorgio Napolitano e proseguito da Sergio Mattarella sta producendo nella nostra vita nazionale.
Su Huffington Post Italia Ugo Magri scrive: «Il centrodestra è in crisi anche per i modi di Giorgia Meloni. Perché i suoi tratti di donna volitiva, intollerante dei compromessi, consequenziale fino all’inverosimile, pronta a gridartelo in faccia quando le sembra che sgarri, che lei come il Duce ha sempre ragione e mai chiederebbe scusa, la fanno schizzare in alto nei sondaggi ma rendono impossibile conviverci a chi altrettanto intransigente non è, anzi transige per sua stessa natura».
Personalmente trovo ancora insoddisfacente la maturazione di una cultura politica di Fratelli d’Italia adeguata al complicato tentativo di costruire una forza politica conservatrice nel nostro paese. D’altro canto la Meloni si è mostrata in tante occasioni tutto tranne che settaria: ha proposto di votare Mario Draghi presidente della Repubblica, ha trattato con Enrico Letta, ha accettato di sostenere la surreale candidatura di Silvio Berlusconi al Quirinale. In questo senso comparare la leader di Fdi al Duce non è che una di quelle tradizionali operazioni di “mostrificazione” di chi non è politicamente affine alle proprie posizioni, spesso operate da tanto giornalismo mainstream che, in sé e in quanto espressione di un certo establishment, detesta la possibile contendibilità del potere politico.
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