Il Deserto dei Tartari
Elegia dell’America sfasciata che ha scelto Trump
Un amico di quelli che non si incarogniscono sui social, persona di assoluto buonsenso, mi domanda: «Ma è possibile che repubblicani e democratici non avessero due candidati più presentabili? Possibile che un paese come gli Stati Uniti, il paese più potente del mondo, si ritrovi a scegliere fra due personaggi come Donald Trump e Kamala Harris?». Cioè fra un tizio aggressivo, volgare, che racconta un sacco di balle, incline agli appelli eversivi, e una tizia evasiva, ondivaga, impreparata, la cui vacuità è sovrastata solo dalla supponenza con cui ostenta tutti i tic ultraprogressisti possibili e immaginabili, coronati da una risata insulsa.
Possibilissimo, gli dico io. E normalissimo che abbia vinto con netto margine il primo, che è poi quello più becero fra i due. Perché l’America non coincide col suo star system di attori e cantanti perbenisti, con le performance tecnologiche della Silicon Valley, con Amazon e Netflix e Facebook e X che condizionano le esistenze di noi non americani, con la potenza del dollaro valuta globale, coi numeri del suo prodotto interno lordo.
L’America di oggi è il più perfetto esempio di patologia sociale postmoderna, di conflitto crescente fra élite e popolo con conseguente rivolta populista, di atomizzazione sociale, di guerra tra il vertice e la base della società, di crescente diseguaglianza economica, di peggioramento di tutti gli indici di qualità della vita.
Basta dare un’occhiata alle statistiche per mettersi le mani nei capelli. Alcune le prendo da La sconfitta dell’Occidente di Emmanuel Todd, altre da varie fonti accreditate.
Aspettativa di vita in calo e mortalità infantile
Nel 2021 l’aspettativa di vita alla nascita negli Stati Uniti era di 76,1 anni, la più bassa dal 1996. Ancora nel 2014 era di 78,8 anni, già allora inferiore a quella di tutti i principali paesi occidentali. In Italia la speranza di vita alla nascita era di 82,6 anni nel 2014 e di 82,9 anni nel 2021.
L’aumento di mortalità ha colpito soprattutto i bianchi fra i 45 e i 54 anni, come dimostrano gli studi di Anne Case e Angus Deaton. Ma va male anche fra i neonati.
«Il tasso di mortalità infantile indica un ritardo dell’America ancora più marcato di quello dei paesi avanzati che “protegge” o di quelli che combatte. Intorno al 2020, secondo l’Unicef, il tasso di mortalità infantile negli Stati Uniti era di 5,4 su 1.000 nascite, rispetto al 4,4 della Russia, al 3,6 del Regno Unito, al 3,5 della Francia, al 3,1 della Germania, al 2,5 dell’Italia, al 2,1 della Svezia e all’1,8 del Giappone. […]
Ma la cosa più stupefacente è che l’aumento della mortalità è andato di pari passo con la spesa sanitaria più alta del mondo. Nel 2020, questa rappresentava il 18,8 per cento del Pil americano».
La media dei paesi Ocse è del 6,9 per cento, leggermente superiore a quella dell’Italia (6,2 per cento). Secondo una ricerca del network sanitario statunitense NiceRx del 2022 negli Usa si spendono 12.318 dollari pro capite contro i 4.038 dell’Italia, per ottenere risultati nettamente inferiori.
Droga, sparatorie, suicidi
E di che cosa muoiono gli americani? Tantissimi muoiono per overdose da oppioidi: 107.941 nel 2022. Il tasso di morti per cause legate al consumo di droghe negli Stati Uniti è quadruplicato fra il 2002 e il 2022, passando da 8,2 morti ogni 100 mila abitanti a 32,6, di gran lunga il più alto del mondo: il secondo paese, la Russia, sta a 18,2. In Italia nel 2021 i decessi per droga erano 6,5 ogni 100 mila abitanti.
La morte per overdose da fentanyl o da altri oppioidi negli Usa non è un fenomeno giovanile, ma di adulti: le classi d’età più colpite sono quelle dei 35-44enni, con un tasso di 63,1 morti ogni 100 mila residenti.
Poi ci sono i morti da armi da fuoco, che nel 2021 sono stati 48.830, metà per omicidi o incidenti, e metà per suicidi. Anche nella classifica dei suicidi gli Usa sono fra i primissimi posti in Occidente: nel 2021 erano 15,25 ogni 100 mila abitanti; in Europa occidentale solo la Finlandia e il Belgio registrano valori più alti, con 15,67 e 17,3. In Italia sono 6,4.
Obesità e alcolismo
A contribuire all’alta mortalità è anche il fenomeno dell’obesità, rispetto al quale gli Stati Uniti sono il paese industrializzato con il dato peggiore: è obeso il 42,87 per cento degli adulti (contro il 21,55 per cento dell’Italia, il 24,16 della Germania, il 10,92 appena della Francia).
E la dipendenza dall’alcol: i dati sono un po’ vecchi ma gli Usa appaiono come il paese occidentale con la più alta percentuale di popolazione sopra i 15 anni che sperimenta una dipendenza dall’alcol: il 7,7 per cento della popolazione (dati del 2016). In Francia è il 3,3, in Italia lo 0,6. Peggio degli americani stanno solo russi, bielorussi, lettoni e ungheresi, con tassi fra il 9 e l’11 per cento.
Boom di depressioni e carceri piene
Anche chi non muore se la passa male per quanto riguarda la salute mentale: nel 2023 risultava che il 29 per cento degli americani era stato diagnosticato depresso nel corso della sua esistenza, quasi 10 punti percentuali in più che nel 2015. Gli americani attualmente in cura per diagnosi di disturbo depressivo maggiore sono il 17,8 per cento del totale, sette punti in più del 2015, quando erano il 10,5 per cento.
Infine il paese della libertà è il paese col più gran numero di detenuti di tutto il mondo:
«Nel 2019, il numero di detenuti per milione di abitanti era di 531, contro i 300 della Russia. Il Regno Unito era a 143, la Francia a 107, la Germania a 67 e il Giappone a 34».
Con 1 milione e 767 mila di persone in prigione, gli Stati Uniti battono anche la Cina, che con una popolazione quattro volte quella statunitense ne ha 1 milione e 690 mila.
Una crisi economica e una religiosa
Sulle cause di questa situazione e del paradosso per cui il paese più potente e più ricco del mondo vede disgregarsi in questo modo la sua società esiste da tempo una letteratura che mette in evidenza due fattori: il collasso economico e antropologico della classe operaia e di una buona fetta della classe media americana a causa della deindustrializzazione di vaste zone degli Stati Uniti seguita alla globalizzazione e finanziarizzazione dell’economia a partire dalle due presidenze Clinton, e il collasso del collante religioso soprattutto protestante del paese, coi tassi di adesione alla fede in picchiata soprattutto fra le giovani generazioni, e il conseguente venir meno dell’etica del lavoro, della capacità di autocontrollo degli individui, della fedeltà agli impegni e del senso di responsabilità (vedi l’impennata dei divorzi, della famiglie monoparentali, dell’estensione irragionevole dei termini per la pratica abortiva). Matrice economica e matrice religiosa degli Stati Uniti, cuore pulsante e centro egemonico dell’Occidente, sono in crisi più di tutti gli altri stati nazione occidentali, e non augurano bene per essi.
Il successo della triade Trump-Vance-Musk
Perché di fronte a questa crisi gli elettori americani preferiscono affidarsi alla triade Donald Trump-Elon Musk-J.D. Vance anziché a Kamala Harris-Barack Obama-star di Hollywood e New York Times? Perché i primi sono riusciti ad accreditarsi come i rappresentanti delle classi sociali devastate dal globalismo e dall’immoralità progressista, mentre i secondi sono stati percepiti come esponenti della élite privilegiata che serve il popolo solo a parole, mentre usufruisce di tutti i vantaggi del mondo globalizzato e della società atomizzata.
Trump si è presentato come un «povero con i soldi», e proprio il suo comportamento da bullo e il suo linguaggio sopra le righe rendono credibile questa autodefinizione agli occhi dei suoi potenziali elettori; la storia di Vance è stranota grazie al suo libro Hillbilly Elegy e al film Elegia americana di Ron Howard:
«Mio nonno era un ubriacone, mia nonna gli dava da mangiare spazzatura, mia mamma era drogata di psicofarmaci ed eroina, cambiava un compagno al giorno, con papà divorziarono subito, la povertà era eterna in famiglia. […] Voi parlate di poveri, io sono stato povero, voi date sussidi ai poveri, io dico diamogli lavoro e scuola».
Musk è l’immigrato (sudafricano) che rappresenta la continuazione della storia americana di immigrati di successo, diversamente dai clandestini che entrano dal Messico, e Vance rappresenta, oltre al vendicatore degli operai e delle famiglie sfasciate dalla globalizzazione, il ritorno della religione: nato in una famiglia protestante evangelica, negli anni dell’università si dichiarava ateo, ma nel 2019 è stato battezzato nella Chiesa cattolica.
Gli elementi simbolici ci sono tutti, adesso si tratta di vedere se oltre che nelle urne funzionano nella realtà del governo di una nazione profondamente ferita.
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