Non riuscite a capire perché ha vinto Trump? Ascoltate Kamala Harris
Tutti coloro che non si capacitano della vittoria di Donald Trump, ma vogliono capire perché gli americani l’hanno premiato ancora una volta, dovrebbero tralasciare il discorso della vittoria del repubblicano, decisamente sottotono rispetto ad altre uscite, e concentrarsi su quello della sconfitta di Kamala Harris.
Kamala Harris, il nulla oltre la fuffa
Entusiasmo, gioia, rispetto, gentilezza, libertà, dignità, amore. Soprattutto tanto amore. «Andrà tutto bene», «sarà ok», «facciamo del bene al mondo», «riempiamo il cielo con la luce di un miliardo di stelle luccicanti». Tutto bello, per carità, ma di che cosa parla la Harris? È davvero gentile chi definisce in campagna elettorale «spazzatura» 72 milioni di americani? È davvero rispettoso chi demonizza il candidato avversario paragonandolo ad Adolf Hitler e definendolo fascista (e aspettando molto, troppo tempo prima di chiamarlo per congratularsi della vittoria)? È davvero dignitoso rivolgersi alle donne e parlare loro soltanto di aborto? Che cosa c’è di così entusiasmante nell’aborto?
Come può, in coscienza, Kamala Harris affermare con il suo sorriso compiaciuto: «Sono orgogliosa della corsa che abbiamo fatto e del modo in cui l’abbiamo fatta»? Si è resa conto la vicepresidente degli Stati Uniti che Trump, l’odiatissimo e impresentabile Trump, ha ottenuto il sostegno di circa cinque milioni di americani in più rispetto a lei spendendo un terzo per la campagna elettorale (388 milioni di dollari contro un miliardo)? E che Hillary Clinton nel 2016 aveva superato il repubblicano di tre milioni di voti? E che Joe Biden nel 2020 aveva surclassato il tycoon con oltre 7 milioni di voti in più? Qual è questa «straordinaria promessa» di cui la Harris va blaterando, una volta diradata la nebbia della fuffa?
Neanche un pizzico di autocritica
La verità è che, politicamente, non c’è nessuna promessa. Le parole della Harris sono vuote, non hanno sostanza, perché agli americani che non chiedono generici e petalosi sogni, ma risposte su temi molto concreti e poco luccicanti come inflazione e sicurezza, non sa che cosa dire. Non ha niente da dire. Soprattutto, non vuole dire niente perché continua a ritenerli problemi non degni della sua attenzione.
Nel suo discorso non c’è traccia di autocritica. Eppure se perfino le minoranze, quelle che avrebbero dovuto disprezzare Trump, si sono affidate al tycoon, umiliandola, ci sarà pure un motivo.
Bernie Sanders, il rivoluzionario, uno che pure non vincerebbe mai le elezioni americane, all’indomani del voto ha fatto un ragionamento elementare, ma concreto: «Un Partito democratico che abbandona la classe operaia non dovrebbe sorprendersi se poi la classe operaia lo abbandona a sua volta».
Delegittimare Trump (ma poi copiarlo)
I dem potevano forse sorprendersi nel 2016, non oggi. E invece c’è ancora chi si stupisce e si straccia le vesti, negli Stati Uniti come in Italia (o in Francia o in molti altri paesi). Ogni volta che vince un partito distante dall’élite culturale e ideologica progressista, sia esso di destra o di sinistra, si grida allo scandalo, al fascismo, all’incombente tirannia, al tramonto della democrazia.
L’unica modalità, molto poco democratica, che da otto anni il Partito democratico negli Stati Uniti conosce per contrastare Trump è delegittimarlo dal punto di vista morale, istituzionale e giudiziario, salvo poi copiarne le ricette politiche (su temi come la Cina o l’immigrazione).
In Italia avviene lo stesso da decenni, con Silvio Berlusconi ieri e con Giorgia Meloni oggi. E tutti i discorsi sulle donne che dovrebbero votare le donne? Valgono ovviamente quando il candidato è di sinistra, vengono ribaltati se è di destra.
«Il voto in democrazia va guadagnato»
La convinzione che gli elettori, tanto negli Stati Uniti quanto nel resto del mondo, dovrebbero votare il campo progressista a prescindere, nel nome di una astratta, indecifrabile e molto spesso anche discutibile idea di “superiorità” non è soltanto sbagliata. È irrealistica.
Come ha scritto magistralmente in un editoriale sul Washington Post Shadi Hamid, tutto fuorché un sostenitore del tycoon repubblicano, «ci sarà la tentazione di bollare l’ampliamento dell’elettorato di Trump» tra neri, ispanici e asiatici «come irrazionale. Ma bisogna resistere a questa tentazione. La responsabilità dovrebbe essere attribuita direttamente alla campagna di Harris e al Partito democratico per aver fallito il più elementare dei test: il test della persuasione».
In una democrazia, continua Hamid, «nessuno ha diritto al voto di nessuno. I voti vanno guadagnati, e lei non è riuscita a farlo». Se negli ultimi quattro anni le disuguaglianze sono aumentate e molti americani si sono ritrovati impoveriti, «è perfettamente ragionevole che gli americani poveri e della classe operaia mettano in dubbio» la gestione democratica. «Se decine di milioni di americani non pensano che il sistema stia funzionando per loro, forse è perché veramente non funziona».
A Harris non bastano le “good vibes”
Invece di preoccuparsi di elaborare e offrire agli elettori una proposta politica efficace, Kamala Harris (e il Partito democratico con lei) si è illusa che fossero sufficienti le “good vibes” per vincere. Di più, che la vittoria le fosse dovuta perché Trump è soltanto un fascista.
A essere davvero preoccupante non è che i dem abbiano ragionato in questo modo, ma che ancora pensino così. Il lunare sermone tutto buoni sentimenti e inni alla gioia di Kamala Harris lo dimostra. Il Partito democratico, e più in generale le élite progressiste sparse nelle aziende e nelle redazioni giornalistiche d’America e d’Europa, farebbero bene a fare tesoro della chiosa dell’editorialista Hamid:
«Condanneremo i nostri concittadini per come hanno votato o faremo uno sforzo genuino per capire come la campagna della Harris e del Partito democratico abbiano smarrito la via? Per il bene del paese, mi auguro che sia la seconda».
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1 commento
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Trump ha vinto, Dio salvi Trump. Vedremo nei prossimi mesi come gestira’ l’immigrazione irregolare e recuperera’ militarmente il tempo perso nei confronti con la Cina comunista. L’economia non sara’ un problema, l’America è capace di risollevarsi.
Ma l’Europeina che fara’? Quando anche la Germania si ritrovera’ con un governo di centro destra,come l’Italia, e a breve come la Francia e la Spagna, come reagira’ Bruxelles? Fara’ finta di nulla, mentre le piazze si insanguineranno nel tentativo di liberarsi dei milioni di immigrati irregolari che stuprano,rubano,spacciano?
Noi ci preoccupiamo dell’eventuale terza guerra mondiale ma diverse guerre civili incombono.