Parte la Confederations Cup (che porta jella a chi la vince)

Di Emmanuele Michela
14 Giugno 2013
Nacque su idea di un sovrano saudita, poi la Fifa la prese in consegna. Vale meno dell'Europeo, eppure ha lanciato alcuni giovani talenti. Chi la vince fallisce ai Mondiali successivi.

C’è una piccola maledizione che attanaglia la Confederations Cup. Da 8 anni a questa parte, da quando cioè è stata fissata dalla Fifa come torneo simulativo nella nazione che 12 mesi dopo dovrà ospitare i Mondiali, chi la vince non riesce poi a trionfare nella Coppa del Mondo che dovrà affrontare un anno dopo. E pure scorrendo il palmares nelle edizioni precedenti la costante non si perde: modalità d’organizzazione diverse, frequenze a volte variabili, disuguale anche il metodo d’accesso delle rappresentative partecipanti. Ma mai nessuna vincitrice che poi, uno o due anni dopo, potesse laurearsi campione nella massima competizione per Nazionali.

EDIZIONE NUMERO 9. Ci sarebbe quindi una certa consolazione se l’Italia dovesse fallire in questa rassegna. Con quella che parte domani siamo ormai alla nona edizione. E per quanto a tanti sembri un’inutile giostra di campioni che si sfidano senza alcun valore agonistico, la Confederations Cup rappresenta ormai un torneo che un suo peso ce l’ha, non fosse altro per la grande possibilità di incroci calcistici di livello che offre, un miraggio nel vuoto del calendario sportivo di fine giugno. D’altronde la sfida ghiotta è nell’indole del torneo da sempre, ancor di più da quando la Fifa gli ha dato una forma chiara fissando la partecipazione di 8 squadre: le sei rappresentative campionesse continentali, la Nazionale detentrice del Mondiale e quella che organizza il torneo.

ANNI OTTANTA, LA COPPA ARTEMIO FRANCHI. A questo sistema si è arrivato solo negli ultimi anni, in una coppa che trae origine da un torneo che negli anni Ottanta ebbe scarsa fortuna nonostante le alte aspettative: era la Coppa Artemio Franchi, voluta dopo la morte del famoso dirigente toscano che sognava di poter creare una sorta di Coppa Intercontinentale per Nazionali, mettendo contro chi vinceva l’Europeo a chi vinceva la Copa America. È esagerato dire che la Confederations Cup sia nata qui, però l’idea che sta all’origine del torneo che inizia domani è un po’ la stessa. E ha passato pure il caldo torrido del deserto arabo prima di essere plasmata nella sua forma di adesso: nel ’92 infatti fu Re Fahd, sovrano dell’Arabia Saudita, a mettere in piedi una coppa tra le più grandi nazioni del mondo, per festeggiare in casa propria la vittoria in Coppa Asia della sua Nazionale, invitando la creme del calcio nella terra del petrolio. Ovviamente queste edizioni non avevano ancora l’avvallo della Fifa, che però col tempo comprese la singolarità e la forza di una simile iniziativa. E dal ’97 la prese in mano, organizzandola lei stessa.

CAMPIONI IN RAMPA DI LANCIO. Da lì è arrivata fino a noi, alternando succulenti assaggi di Coppa del Mondo ai lampi di assoluta emozione che le grandi sfide di calcio sanno sempre assicurare. Lasciando la scena a giovani talenti destinati a fama certa: nel ’92, ad esempio, l’Argentina vince grazie alle reti di un 23enne Batistuta, approdato in Italia da nemmeno 12 mesi; 5 anni dopo ci sarà invece Ronaldo, fresco dell’esaltazione ricevuta al Barcellona e sul punto di trasferirsi all’Inter, mentre nel ’99 ci sono i dentoni del 19enne Ronaldinho a incantare tutti: 6 reti in 5 match, giocate frizzanti che da lì a poco lo porteranno in Europa e un titolo che sfuma solo in finale, dove il Messico si impone 4-3 allo stadio Azteca, forse nella partita più bella di sempre di questo torneo. Ma la Confederations Cup è anche la coppa di un enorme dolore: quello per la morte di Marc-Vivien Foé, stramazzato al suolo durante la semifinale del 2003 tra il suo Camerun e la Colombia per un attacco cardiaco, deceduto in un pomeriggio angosciante nonostante i tentativi dei compagni di rianimarlo in campo. È da quell’edizione che il torneo è passato da biennale a quadriennale, anticipando di 12 mesi il Mondiale. L’Italia ha partecipato solo una volta, nel 2009, con risultati decisamente mediocri: allora vinse solo con gli Usa, per poi perdere con Brasile ed Egitto e tornare a casa delusa. Quest’anno si spera di riuscire a fare meglio. Ma qualora dovessimo andare male, ci potremmo almeno consolare con la cabala, riponendo le nostre speranze nella Coppa del Mondo del 2014.

@LeleMichela

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1 commento

  1. ragnar

    E adesso vediamo quali grandi campioni a parametro zero riusciranno a prendere le italiane. Chissá che qualcuno prenda un giocatore tahitiano… vi ricordo solo di Oguchi Onyewu…

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