Chi sono io? Domande davanti a un cursore che non vuole smettere di lampeggiare

Di Marco Cobianchi
14 Gennaio 2021
Don Fabio Baroncini sapeva chi era. Lo ha sempre saputo, chi era. Che grandissimo dono, sapere chi si è. Vorrei saperlo anche io
Computer portatile

Articolo tratto dal numero di gennaio 2021 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

Da un po’ di tempo quando apro il foglio di Word per scrivere questa rubrica per Tempi non so che cosa scrivere e così per qualche minuto guardo il bianco di fronte a me e il cursore che lampeggia con un ritmo insistente e irritante. Odio il cursore che lampeggia. Sembra uno di quegli amici rompipalle che quando gli dici i tuoi problemi e i tuoi dolori cerca di tirarti su il morale con frasi di circostanza. Oppure ti invita al mare. E comunque ti incalza, insiste, ti sprona, ti pungola e alla fine ti fa solo incazzare. Odio il cursore che lampeggia. Sembra mi dica: «Che cazzo c’hai oggi?».

Poi a un certo punto, siccome non smette di apparire-sparire, apparire-sparire, glielo devo dire. C’ho che la morte di tanti amici mi abbatte. Come quella di don Fabio Baroncini.

Io non conoscevo don Fabio. L’ho visto faccia a faccia una sola volta e l’ho sentito parlare al massimo altre due. Non mi è servito altro per considerarlo un mio amico, anche se poi non l’ho mai chiamato. Io ho sempre paura di disturbare. Quando tengo molto ad una persona non la chiamo mai perché temo di rovinare una cosa preziosa. Lo so, sono un po’ coglione, ma sono fatto così. Meno chiamo una persona e più le voglio bene.

La morte degli amici mi abbatte al punto da pensare che la mia stessa vita sia messa in discussione dalla loro morte. Se sei un prete e mi stai leggendo so già cosa pensi: che ho poca fede. C’ero arrivato anche io, non c’è bisogno di un genio o di un prete per capirlo. Ne ho così poca che, partecipando al rosario online per don Fabio, a ogni Ave Maria pensavo: ma che se ne fa Dio della mia preghiera per don Fabio? Dovrebbe essere esattamente il contrario. Dovrebbe essere lui a pregare per me. Che cosa posso fare io, chi sono io di fronte a quel cadavere?

Io non credo alle palle del tipo: il suo insegnamento ci accompagni per tutta la vita… o cose così. Perché io, di quello che mi ha detto faccia a faccia ricordo solo una frase di un’intera ora di conversazione. Sì, ok, ha scritto tanta roba. Ma non ho mai letto nulla di suo e iniziare a leggerlo adesso mi sembra un po’ tardi.

Comunque, ecco la domanda: chi sono io? Lui sapeva chi era. Lo ha sempre saputo, chi era. Che grandissimo dono, sapere chi si è. Vorrei saperlo anche io. Qualsiasi cosa io sia, chiunque io sia, vorrei saperlo con la certezza che lui ha sempre avuto di sapere chi era. Non m’importa se scoprirò di essere il peggiore degli uomini, vorrei però saperlo. E, don Fabio, per piacere, il prima possibile, sennò sarò costretto a guardare il cursore lampeggiare senza sapere che cosa scrivere.

Foto Maryjoy Caballero per Unsplash

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