Bologna, il referendum sulle paritarie «è la prova generale di ciò che accadrà a livello nazionale»
IL COMUNE CI GUADAGNA. Nel frattempo, gli appoggi al manifesto degli anti-referendari continuano a crescere con sottoscrizioni arrivate ormai oltre quota 5 mila. «I bolognesi dovranno rispondere a una domanda decisamente faziosa» spiega al quotidiano Walter Vitali, ex-sindaco della città emiliana negli anni Novanta per il centrosinistra e tra i primi firmatari del manifesto. «Tu cittadino preferisci dare i tuoi soldi alle scuole comunali e statali o alle paritarie private? Tutti noi difendiamo e abbiamo a cuore il sistema pubblico. Un pubblico che, da ormai cinquant’anni, si è liberato di quella visione statalista che, ai tempi della Guerra Fredda, ha fatto molti danni, secondo la quale può essere definito pubblico solo ciò che è statale e nient’altro». Fu lui a promuovere con la sua giunta la convenzione tra pubblico e privato, ora messa sotto assedio, nonostante il netto vantaggio economico portato alle casse comunali: «Il comune di Bologna versa un milione [alle paritarie] e riceve un servizio pari a sei milioni» spiega Stefano Zamagni, docente di Economia e leader dei sostenitori del sistema integrato. «Non ci vuole un economista per capire che il guadagno è pari a cinque milioni all’anno». A rischio è il principio di sussidiarietà, garantito dall’articolo 118: «Stato, Regioni e Comuni devono favorire le iniziative dei soggetti della società civile che perseguono fini collettivi. Non devono acconsentire, ma favorire».
DA BOLOGNA ALL’ITALIA. Entra ancora più deciso invece Giuliano Cazzola, ex parlamenare del Pdl, sempre tra i sottoscrittori del documento in difesa delle paritarie: «Mi sembra evidente che quello che sta succedendo a Bologna non è altro che la prova generale di quello che potrebbe accadere a livello nazionale. Il fatto che persone quali Margherita Hack o Andrea Camilleri, che nulla c’entrano con Bologna, abbiano sottoscritto il manifesto del comitato a favore dell’abrogazione dei fondi ne è la prova più evidente. Ci troviamo di fronte all’ennesimo contenzioso tra quelli che si definiscono laici e i cattolici. Una partita vecchia giocata sulla pelle dei bambini».
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