Biden sperava di creare un Medio Oriente anti Putin. Se lo ritrova anti Usa

Di Amedeo Lascaris
22 Luglio 2022
La visita del presidente Usa in Arabia Saudita già mezza vanificata dai patti tra Mosca, Riad, Ankara e Teheran. E pure Pechino sventola in faccia a Washington le sue amicizie arabe
Joe Biden in Arabia Saudita
Il presidente Usa Joe Biden la settimana scorsa a Gedda con il principe saudita Mohammed bin Salman (primo da destra nella foto Ansa)

La missione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden in Medio Oriente già si scontra con la reazione della Russia e, indirettamente, della Cina, che, a dispetto di quanto affermato dall’inquilino della Casa Bianca al vertice di Gedda, hanno forse già riempito “il vuoto” lasciato da Washington. Il leader del Partito democratico è stato costretto a ripercorrere la scorsa settimana i passi del suo odiato predecessore, Donald Trump, recandosi ben un anno e mezzo dopo il suo insediamento nel gennaio 2021 in Israele e Arabia Saudita, sperando che gli alleati storici degli Stati Uniti corressero in aiuto di un Occidente in difficoltà.

Biden ha ottenuto un unico successo, quello di accelerare il processo di normalizzazione delle relazioni tra Arabia Saudita e Israele, confermato dall’accordo per la cessione delle isole di Tiran e Sanafir dall’Egitto alla monarchia del Golfo e dall’apertura dello spazio aereo saudita ai voli israeliani; mentre ha fallito nel convincere i sauditi a schierarsi dalla parte di Washington contro la Russia, aumentando la produzione di petrolio. Da vedere anche come andrà l’alleanza di difesa contro l’Iran che vedrebbe Riad incline ad avvalersi dei sistemi di difesa antimissile israeliano, ma lasciando comunque aperta la strada diplomatica per evitare un’escalation con l’Iran.

La Russia «parte integrante» dell’Opec+

Al netto delle dichiarazioni di facciata, Riad sembra non aver dimenticato lo sgarro di Biden all’erede al trono saudita Mohammed bin Salman accusato della responsabilità dell’omicidio di Jamal Khashoggi. Argomento affrontato, per ammissione dello stesso Biden durante la visita, per ragioni di politica interna con l’obiettivo di calmare i critici in vista delle elezioni di medio termine. Come spesso accade, il diavolo si nasconde nei dettagli. Due indizi in particolare indicano la cautela di Riad davanti all’idea di girare le spalle a Mosca e Pechino: il primo sono le parole del ministro degli Esteri saudita, Faisal bin Farhan, dal Giappone, il secondo è il commento caustico dell’ambasciatore cinese in Cina Chen Weiqing sulle pagine del più prestigioso quotidiano saudita di livello internazionale, Asharq al Awsat.

Il 19 luglio – pochi giorni dopo il vertice di Gedda tra i leader del Consiglio di cooperazione del Golfo, Egitto, Giordania e Iraq – il ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita, il principe Faisal bin Farhan, ha ribadito durante un viaggio in Giappone la posizione della Russia «come parte integrante dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio e dei suoi alleati», nota come Opec+, aggiungendo che «senza l’alleanza sarebbe impossibile garantire adeguatamente forniture di petrolio al mercato. Non vediamo una mancanza di petrolio nel mercato, c’è una mancanza di capacità di raffinazione». Con queste parole il pragmatico e defilato ministro degli Esteri ha messo nero su bianco la vera posizione saudita: la Russia resta un alleato strategico e Riad non vuole una nuova guerra per i prezzi come avvenuto nel 2015.

“Incontro di civiltà” tra cinesi e arabi

Il secondo “affondo” che contraddice Biden giunge dal quotidiano edito a Londra Asharq al Awsat, considerato “portavoce” della politica internazionale di Riad. Nell’articolo Chen Weiqing ha solleticato la cultura arabo-islamica con una serie di puntuali citazioni del Corano e di grandi pensatori e personaggi, come il viaggiatore berbero Ibn Battuta (considerato il Marco Polo islamico) e il navigatore cinese Zheng He, lanciando un attacco all’Occidente moderno, ritenuto colpevole di una «brutale aggressione contro i paesi di Asia, Africa e America Latina». Il diplomatico ha fatto notare il contrasto tra l’atteggiamento occidentale e le relazioni sino-arabe, definite «modello per scambi amichevoli tra diversi paesi e civiltà».

Chen ha ricordato inoltre la necessità di «rispetto, non di sottomissione» nei confronti di due aree del mondo che rappresentano «la culla della civiltà umana», accusando l’Occidente di avere sempre avuto una percezione distorta dei popoli orientali. A questo proposito, il diplomatico ha preso a esempio le parole di Biden a Gedda, dove il presidente degli Stati Uniti ha affermato che il suo governo non intente alcun modo lasciare in Medio Oriente campo libero a Cina, Russia e Iran («Lasciatemelo dire chiaramente: gli Stati Uniti rimarranno un partner attivo e impegnato in Medio Oriente. Non ce ne andremo lasciando un vuoto che verrebbe riempito da Cina, Russia e Iran»).

La crescente indipendenza di Riad

Questi due indizi – le parole del ministro degli Esteri di Riad e lo spazio offerto all’ambasciatore cinese su uno dei principali quotidiani di proprietà saudita – mostrano come la partita degli americani nella regione sarà molto difficile, trovandosi di fronte un’Arabia Saudita diversa e capace di fare una propria politica internazionale. In questo contesto la visita di Vladimir Putin in Iran (la prima fuori dai confini dell’ex Urss dall’inizio della guerra in Ucraina) si conferma come una risposta ai tentativi di Washington di rilanciare la propria influenza nella regione, risposta rafforzata anche dal fallimento dei tentativi di rilancio dell’accordo sul nucleare iraniano, di cui la Russia fa parte, e che Putin sta usando anche come arma di ricatto nei confronti di Teheran, di fatto costretta a schierarsi con Mosca e Pechino.

A Teheran, Putin, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e l’iraniano Ebrahim Raisi si sono riuniti nel cosiddetto formato di Astana per la risoluzione della crisi in Siria. Il messaggio lanciato a Washington – nonostante forti divergenze sui tentativi di Ankara di intraprendere operazioni militari contro i curdi – è l’esplicita richiesta del ritiro Usa dai territori a est dell’Eufrate. Nella capitale iraniana il leader russo ha dunque incontrato faccia a faccia dall’inizio del conflitto in Ucraina Erdogan, primo leader di un paese Nato ad avere un colloquio di persona con il capo del Cremlino.

Come ammesso dallo stesso Erdogan, i colloqui sono stati molto positivi, nonostante le immagini diffuse dalla stampa internazionale e turca che mostrano Putin attendere per oltre 50 secondi il presidente turco, il quale secondo diversi osservatori avrebbe voluto mandare in questo modo un messaggio all’omologo russo, reo di aver compiuto lo stesso gesto in passato. Nonostante ciò, quanto accaduto accaduto a Teheran ridimensiona la portata reale del viaggio di Biden in Israele e Arabia Saudita, o comunque complica ulteriormente l’azione di Washington, e non solo, in una regione cruciale per consentire di affrontare la crisi energetica.

Sponde iraniane e turche per Putin

Come sottolinea il New York Times, Putin si è mostrato determinato a respingere i tentativi di punire e isolare la Russia, stringendo i legami con altri avversari degli Stati Uniti come l’Iran e con altri paesi come la Turchia (membro Nato ma sicuramente non in rapporti idilliaci con Washington). In particolare, Putin ha sfruttato la messa all’angolo dell’Iran per strappare un’approvazione della guerra da parte di Khamenei, che nel colloquio con il presidente russo ha difeso la Russia e la sua decisione di agire in Ucraina.

Intanto Gazprom, il colosso energetico russo, ha firmato un accordo non vincolante da 40 miliardi di dollari per aiutare l’iraniana National Oil Company (Nioc) a sviluppare i giacimenti di gas e petrolio nel suo territorio, sancendo una partnership mai avvenuta fino ad oggi tra Mosca e Teheran sul fronte energetico. Come rivelato dallo stesso consigliere per la sicurezza nazionale Usa, Jake Sullivan, la Russia sta cercando di acquistare dall’Iran i droni da combattimento tanto necessari in Ucraina, una questione che non è stata affrontata pubblicamente negli incontri del 19 luglio, ma che sicuramente avrà sviluppi in futuro, dato che l’Iran da tempo cerca acquirenti di spicco per le sue attrezzature militari.

Articoli correlati

1 commento

  1. jean elia fares

    Cari amici, gli USA hanno sempre sbagliato in medio oriente. ancor prima della federazione Russa e della presenza della CINA come potenza economia nel mondo.
    a forza di trattare male l’ (amico / nemico), cose pensano gli USA di portare a Casa ? hanno avuto ben 60 anni di spazio libero per loro, senza concorrenza, anche perché i paesi Europei non hanno mai visto, mai sentito e quindi mai parlato. probabilmente si sono scordati che la storia è una ruota e siamo qualche volta giù e qualche volta sù. questo è un problema politico Culturale ? si spera che la Russia e la Cina non facciano lo stesso gioco, e sbagliare deriva come gli USA, perché la ruota Grazie a Dio gira sempre.

I commenti sono chiusi.