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Home Ambiente

Basta figli. Il terrore dell’apocalisse climatica tira più del tracollo demografico

Culle sempre più vuote. E mentre ci avviamo verso uno scenario incompatibile con qualunque possibilità di ripresa i terrorizzati dal global warming danno una mano all'estinzione

Caterina Giojelli
07/12/2020 - 2:00
Ambiente, Società
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«L’Italia è un paese demograficamente moribondo». La demografia, questa sì, è una scienza implacabile e l’Italia un paese che da decenni non vede o finge di non vedere la gravità del quadro oggi colpito dalla pandemia: lo spiega bene ancora una volta Alessandro Rosina, docente di Demografia e statistica sociale presso l’università Cattolica del Sacro cuore di Milano. Già a giugno Rosina spiegava a Tempi che non ci sarà nessun boom economico, nessuna «Italia che vogliamo», più verde, inclusiva, digitale (come auspicava il decreto Rilancio), senza demografia, ciò che fornisce l’infrastruttura umana di ogni paese. E oggi Rosina torna a lanciare l’allarme ripercorrendo sul Sole24ore l’impatto di Covid e le tappe «di questo disastro per capire la situazione in cui oggi ci troviamo e il sentiero strettissimo da imboccare per evitare le conseguenze peggiori». Il record del decennio lo avevamo già registrato senza l’aiuto di un virus nel 2019, «quando il numero medio di figli per donna è stato pari a 1,29.

NATALITÀ O MORTE

Nel frattempo la bassa fecondità ha continuato a indebolire la base della demografia italiana, con gli over 65 ulteriormente aumentati, tanto da prefigurare il sorpasso anche sugli under 25». Stiamo andando insomma di fatto verso un rapporto 1 a 1 tra pensionati e lavoratori italiani, uno scenario assolutamente incompatibile con qualsiasi possibilità di ripresa, crescita, sostenibilità e inclusività. E il 2020 sarà peggio: secondo l’indagine promosso dall’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo, in pieno lockdown e poi a ottobre, la tendenza a posticipare e rivedere l’idea di avere un figlio si rafforzava andando a prefigurare un nuovo record negativo nel prossimo anno, quando l’Istat prevede che scenderemo sotto quota 400 mila nascite (per capirci, prima del 1975 e di diventare, a metà degli anni 90 il primo paese al mondo in cui gli under 15 sono stati superati dagli over 65, le nascite non erano mai scese sotto le 800 mila). «Vedremo la piena realizzazione del Family act solo dopo che la struttura demografica risulterà oramai compromessa?», conclude Rosina, «sappiamo quali sono le medicine che servono al paziente, ma più aspettiamo a darle e meno possibilità avremo di evitare danni che lo condannano a cronicizzare il proprio stato, con inabilità permanenti».

«SIAMO FOTTUTI, È GIUSTO AVERE ANCORA FIGLI?»

Non siamo solo il paese della depressione delle nascite, siamo anche il paese con il record di Neet in Europa (gli under 35 che non studiano e non lavorano) e con la più tardiva età delle madri alla nascita del primo figlio (oltre 32 anni). Mentre realizziamo che ciò che ci aspetta alla fine del Covid non è dunque un’Italia attrezzata a pensare e nemmeno a immaginare il futuro, di giovani che continuano a concepirsi figli e non soggetti generativi, capaci di immaginare il domani perché capaci di immaginarlo per qualcuno da mettere al mondo, cresce nel mondo il terrore del futuro.

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Come se non bastassero le sciagurate campagne delle ong contro la sovrappopolazione (che omettono i disastrosi effetti economici e sociali della politica del figlio unico costati alla Cina). O le bizzarre esternazioni degli impegnati influencer democratici come Alexandra Ocasio-Cortez («Siamo fottuti. Mi spiace dirvelo ma quando si parla di clima siamo davvero fottuti. Esiste una minaccia globale per il pianeta», «c’è consenso scientifico sul fatto che la vita dei bambini sarà molto difficile e questo dovrebbe portare i giovani a una domanda legittima: è giusto avere ancora figli?»). Come se non bastassero i sondaggi a tambur battente del New York Times o di Business Insider che affrontano il cambiamento climatico con la giustizia riproduttiva (celebre il video della Bbc corredato da immagini catastrofiche intitolato “Climate Change: Are children really the future?”  per dare voce a quanti hanno deciso «di non avere figli, di fare la mia parte per i cambiamenti climatici», persone «che hanno paura del futuro e hanno ripensato all’idea di creare una famiglia») o la nascita di movimenti femminili per lo sciopero delle nascite (vedi la carica delle Ginks, per le quali l’unico modo per ridurre le emissioni di Co2 è tagliare l’uomo. Per la precisione, 500 milioni di persone).

«MI PENTO DI AVERE DEI BAMBINI»

Come se l’allarme sull’inverno demografico non fosse già abbastanza e costantemente frustrato dai ripetitori dell’emergenza riscaldamento climatico, o il tifo per le culle vuote e l’impegno a proteggere il pianeta dai figli che per tutta la vita emetteranno Co2, ora ci sono i genitori pentiti di quelli messi al mondo. Proprio così, secondo l’immancabile studio pubblicato sulla rivista Climatic Change e lodato dal Guardian, il 6 per cento dei 600 intervistati che costituiscono «il primo studio accademico peer-reviewed» (americani «in gran parte bianchi, molto istruiti e liberali») provano rimorsi per avere fatto dei figli, «Mi dispiace di averne perché ho il terrore che dovranno affrontare la fine del mondo» dice una madre di 40 anni, «il cambiamento climatico è l’unico fattore per me nella decisione di non avere figli. Non voglio dare alla luce bambini in un mondo morente anche se voglio ardentemente essere una madre» dice un’altra donna di 31 anni, parte del 96 per cento degli intervistati che non vogliono costringere i bambini a «sopravvivere a quelle che potrebbero essere condizioni apocalittiche», spiega una 27enne.

Il 60 per cento degli intervistati si dice inoltre «estremamente preoccupato» per l’impronta di carbonio che una nuova generazione porterebbe nel mondo, «è stato spesso straziante esaminare attentamente le risposte», ha spiegato Matthew Schneider-Mayerson, dello Yale-NUS College di Singapore, che ha guidato lo studio, «molte persone hanno davvero aperto il proprio cuore». C’è chi parla di puro terrore del riscaldamento globale comparabile solo a quello scatenato da una guerra mondiale, un padre di 42 anni ha descritto il mondo del come «un inferno caldo, con guerre per risorse limitate, civiltà al collasso, mancanza di agricoltura, innalzamento dei mari, scioglimento dei ghiacciai, fame, siccità, inondazioni, colate di fango e devastazione diffusa».

GLI ESAURITI DA CATASTROFISMO CLIMATICO

Si capisce che lo scenario da apocalisse climatica tiri di più di quello del tracollo demografico, quello che non si capisce è in che condizioni speri di affrontare un tema molto serio (e molto si può fare molto per affrontarlo, sia in termini di mitigazione, sia di adattamento) come il riscaldamento globale chi trova una buona idea non infliggere i bambini al mondo o il mondo al bambino. Proprio in America, centro propulsore di tutti i sondaggi, studi accademici e intervistati istruiti, si moltiplicano le diagnosi di sindromi da burnout da catastrofismo climatico, i seminari per affrontare il lutto ecologico, i Meetup Climate Change per accogliere gente terrorizzata dalla paura del futuro, di abitare in una terra in fiamme e in balìa dei ghiacciai che si sciolgono, i terapisti specializzati in ansia e depressione climatica per prevenire e affrontare lo stress da climate change.

Secondo le ultime previsioni sulla popolazione, pubblicate da The Lancet, più di 25 paesi perderanno circa metà della popolazione entro la fine di questo secolo, tra cui tutti i paesi dell’Asia orientale (Cina, Corea del Sud, Giappone e Taiwan) e buona parte di quelli dell’Europa centrale, orientale e meridionale (tra cui Italia, Polonia, Spagna e Grecia), la piramide demografica si rovescerà con tutte le conseguenze del caso. Ci mancavano i terrorizzati climatici convinti di combattere l’estinzione di massa anticipandola.

Foto Ansa

Tags: Alessandro Rosinacalo demograficocatastrofismoClimademografia
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