Assegni familiari più pesanti e molto altro: le idee delle famiglie numerose per «far crescere tutta l’Italia»

Di Redazione
06 Gennaio 2015
Nel decennale della sua nascita, l'Associazione nazionale famiglie numerose incontra papa Francesco e presenta quattro idee per rendere il welfare più giusto

Dagli assegni familiari più consistenti (anche perché quelli italiani sono i più bassi d’Europa) fino all’attribuzione di contributi pensionistici figurativi per ogni figlio. L’associazione nazionale famiglie numerose (Anfn) festeggia il decennale della sua nascita con una serie di proposte destinate non solo a rendere la vita più semplice a chi sceglie di mettere al mondo più di un figlio, ma anche a contribuire a rendere più sostenibile (e più giusto) lo Stato sociale. Perché, è l’assunto di partenza di un’associazione che oggi rappresenta circa 150 mila persone in Italia, senza figli non c’è futuro.

PAESE VECCHIO. Solo pochi mesi fa l’Istat, nel suo rapporto annuale, scriveva che «si vive sempre più a lungo, ma resta bassa la propensione ad avere figli», così «la vita media in continuo aumento, da un lato, e il regime di persistente bassa fecondità dall’altro, ci hanno fatto conquistare il primato di paese con il più alto indice di vecchiaia del mondo». Per questo l’Anfn ha messo in fila le idee per un progetto di legge che possa contribuire a rimettere in moto l’intero paese e lo ha fatto accantonando per un momento il tema dell’equità fiscale di trattamento per chi ha figli, che pure resta di vitale importanza, perché oggi tutti i provvedimenti che riguardano la famiglia tengono conto del reddito complessivo e non del numero delle persone che, con quel reddito, devono vivere.

famiglie-numerose-logo-decennale.IDEE PER RIPARTIRE. Il disegno di legge che le famiglie numerose hanno in mente prevede quattro provvedimenti. In campo lavorativo per riservare un’assunzione ogni dieci a nuclei numerosi; un’altra per riservare tre anni di contributi figurativi al coniuge che rinuncia al lavoro per occuparsi dei figli, un’altra per aumentare il contributo degli assegni familiari, che oggi costituiscono lo 0,3 per cento della spesa sociale. Infine c’è l’idea di creare una card sociale per ottenere sconti e agevolazioni per le spese in cultura e istruzione effettuate dai nuclei numerosi. «Fino al famoso falò di Roberto Calderoli – spiega Mario Sberna, deputato di Demos e fondatore dell’Anfn – c’era una legge del 1961 che riservava nella pubblica amministrazione un posto di lavoro ogni venti a un padre di famiglia numerosa. La mia proposta è di destinarne uno ogni dieci, sarebbe un contributo importante alla crescita di tutto il paese».

RICONOSCIMENTO ALLE MADRI. Di forte rilevanza sociale secondo Sberna è anche la proposta di attribuire tre anni di contributi figurativi a ogni madre lavoratrice. «Tra una donna lavoratrice e una madre lavoratrice c’è una differenza ed è giusto che sia riconosciuta in termini contributivi. Qui parliamo di provvedimenti destinati a famiglie con almeno quattro figli, secondo la definizione che ne diede l’allora ministro Bindi diversi anni fa, ma l’obiettivo è di aprire il varco per estendere questi provvedimenti a tutte le famiglie». La battaglia non dimentica gli assegni familiari, perché, riprende Sberna, «c’è una parte di stipendio che viene trattenuta a tutti ma che finisce in assegni familiari solo per il 40 per cento, il resto va ad altre attività sociali. Se solo si spendessero per gli assegni familiari tutti i soldi che vi sono destinati ci libereremmo del triste primato di paese con gli assegni più poveri d’Europa».

INCONTRO COL PAPA. In occasione del decennale dell’associazione, circa un migliaio di nuclei familiari dell’Anfn si sono dati appuntamento a Roma a partire da oggi, 26 dicembre. In programma una serie di incontri tematici e dibattiti, la presentazione del docu-film dedicato alle famiglie numerose e realizzato da Mauro Bazzani e quella del libro Il ritorno delle cicogne, edito dalla cooperativa Firenze 2000 e curato da Mario Sberna e Regina Florio. Sarà l’occasione anche per riflettere sullo stile di vita ed educativo delle famiglie numerose e su quanto esso possa essere contagioso: su questo parleranno l’economista Luigino Bruni, ideologo di economia di comunione e Francesco Belletti, presidente del Forum nazionale delle famiglie numerose. A conclusione del ritrovo, il 28 dicembre i membri dell’Anfn saranno ricevuti in udienza privata da papa Francesco prima dell’Angelus domenicale.

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18 commenti

  1. Filomena:-):-):-)

    Il tasso di natalità dei paesi citati garantisce lo Stato sociale anche se è, per esempio inferiore, a quello degli anni del baby boom in Italia,senza che questo costringa nessuno ad aderire a valori così penalizzanti per le donne da estrometterle dalla vita sociale fuori dalla famiglia. Poi se vogliamo parlare di fede, allora ognuno ha la sua ma non mischiamo cose che attengono alla spiritualità con la vita reale. Quando le cose si intrecciano si verificano danni importanti. Sarà anche vero che le donne mussulmane fanno più figli delle donne secolarizzate ma vivono come bestie a causa della religione e guarda caso questo prezzo da pagare per l’alto tasso di natalità ricade sempre e solo su di loro. L’uomo mussulmano vive decisamente meglio. Se questo è il modello da seguire….allora preferisco lavorare fino a 90 anni, almeno questo riguarderà uomini e donne nella stessa misura.

    1. ochalan

      Non è moltiplicando gli emoticon che diminuisci la tristezza di quello che dici. Carriera, carriera, carriera.

      1. giovanna

        Eccome no, la carriera di badante ! Con la speranza che i vecchietti crepino al più presto, poi !
        Senza i figli , senza la speranza del futuro ci si riduce a copia-incollare tutto il giorno ! Un divertimento da paura !

        1. giovanna

          Volevo dire, senza “volere ” figli, ci si riduce così: il discorso è tutt’altro per chi , per mille motivi, non li ha potuti avere. Per esempio, qualcuno ha figli anche senza averne, perché è aperto alla vita, aperto agli altri, accogliente con la vita più debole, che siano i bambini nel ventre materno, i ragazzi problematici, le famiglie disagiate, gli anziani abbandonati. Senza questo sguardo pieno di amore verso se stessi e verso gli altri, si è sterili, veramente sterili, e aridi e grigi.

          1. Filomena~~~~~~

            Ok Giovanna…ma ricordati le goccette che ti fanno tanto bene e ti rendono un po’ meno compulsiva!!!

          2. Paolo2

            Filomeno, Filomeno, anno nuovo vita vecchia………..

          3. Toni

            @ Flilomena
            Io spero che le donne scelgano di fare più figli. Te lo dico forte e chiaro. Che rifiutino un modello di vita che passi attraverso la costipazione emotiva in nome di una realizzazione inesistente. Non si realizza nessuno se pensa al proprio ventre (versione non volgare) e si perde di vista chi ci sta intorno. Perché dietro certe rivendicazioni e certe l’idee, per me miserabili, di chiamare “scopo della vita” le cose che sono in se “fallimenti esistenziali” se circoscritti al proprio ego. E questo discorso vale tanto per gli uomini che per le donne. Per essere più chiaro intendo anche che se ci sono uomini (maschi …per fartelo capire) che vedono la loro realizzazione esclusivamente nella loro carriera sono parimenti falliti. E se costoro sono per te (e per quelle come te) la “meta” da raggiungere altro non fate che realizzare due facce della stessa maledetta medaglia.
            Le donne possono pure non avere figli ma possono trovare emozioni nel vedere un bambino che gioca…state lavorando per eliminare pure questo.
            Filomena godi su ciò che vuoi e puntella i tuoi discorsi come credi ( differenze occupazionali, nord-sud ecc) quello che contano sono le intenzioni e tu oltre alla tua stantia ed insopportabile conflittualità che vuoi tenere in piedi tra uomo o donna (per motivi di sopravvivenza) spacci bruttezza che fa delle donne le prime vittime. Sei una loro nemica .

  2. Filomena***

    Secondo un diffuso stereotipo il calo delle nascite è dovuto al desiderio delle donne di lavorare. Ma per Maurizio Ferrera (Il fattore D. Perché il lavoro delle donne farà crescere l’Italia, Mondadori, 2008), al contrario, più le donne lavorano e più fanno figli. Ciò, almeno nel Nord Europa, dove il tasso di fecondità oscilla tra 2 e 1,8 figli per donna. In Italia, invece, aumenta la disoccupazione femminile e diminuiscono le nascite, con punte più alte nel Mezzogiorno (dove il tasso di fecondità è tra l’1,4 e lo 0,6 figli per donna, contro il 2,7 degli anni ’60).[1] Questo accade nonostante il manifesto desiderio del 60% delle italiane di avere almeno due figli, senza rinunciare a lavorare.
    Il child gap, il divario tra figli desiderati e figli avuti, è dovuto a difficoltà economiche e alla difficoltà di conciliare lavoro e famiglia. Il primo ostacolo si risolve proprio con l’occupazione femminile, che alza il reddito familiare. Il secondo è connesso con la scarsa attenzione – dello Stato e delle aziende in Italia – per il work-life balance (conciliazione vita/lavoro). Soprattutto emergono:
    1) l’esclusione dal mondo del lavoro dopo la prima maternità (molte aziende fanno firmare alle donne le dimissioni in bianco, da utilizzare nel caso la donna rimanga incinta);
    2) la difficoltà di fare carriera per la donna che ha figli.
    Al contempo sono inadeguati i servizi offerti alla prima infanzia. Se l’Italia ha da sempre una buona copertura degli asili pubblici dai 3 anni in su (tra i più alti in Europa pari al 90%), è molto carente per la fascia da 0 a 3 anni (15% al Centro- Nord e 2% al Sud). E non ha mai adeguato gli orari degli asili alle esigenze professionali delle donne. Negli altri paesi europei ci sono: asili aperti 24 ore al giorno; pubblici o privati con sostegni statali; una maggiore diffusione di asili aziendali e negli enti pubblici. In Italia l’ammortizzatore sociale che sopperisce a questa inefficienza del welfare è rappresentato dalle nonne (che si occupano a tempo pieno del 20% dei bambini), se le madri lavorano, o dalle stesse madri se non lavorano. In Emilia Romagna – dove si ha il maggior numero di occupate in Italia (62%), il numero dei nidi è cresciuto (i Comuni attrezzati sono l’80%) e ha raggiunto gli obiettivi suggeriti dall’UE; e dove orari e tipologia sono diversificati – il tasso di natalità è aumentato. A differenza di quanto avviene al Sud, dove sono molto bassi entrambi gli indici: occupazione e natalità.

    1. Skanderbeg

      Per quanti sia d’accordo per ragioni politiche sul potenziamento dello stato sociale e per coniugare maternità/paternità con il lavoro, resto scettico che tali misure permettano di risolvere la crisi demografica in cui siamo caduti. Infatti, se la soluzione al calo delle nascite fosse lo stato sociale in Scandinavia avrebbero un tasso di fertilità più alto degli Stati Uniti mentre vale il contrario. Invece contando anche le donne straniere il tasso non è molto più alto della media europea.
      In realtà il fattore decisivo è quello culturale: donne religiose hanno più figli delle “secolarizzate”, donne africane hanno più figli delle caucasiche. Per cui più che la posizione sociale della donna contano i suoi valori e la cultura in cui è cresciuta. basta analizzare i dati di ogni paese in base alla cultura/religione cui appartiene la donna: in Olanda se non erro il tasso di fertilità tra le donne marocchine era 3 mentre le bionde olandesi si fermavano all’1.70. Stesso discorso in Russia dove il tasso di fertilità è diviso per distretti e regioni e le regioni islamiche o comunque “asiatiche” superano le terre esclusivente russe: confrontare Cecenia e Mosca.
      Quindi le donne ma anche gli uomini europei o caucasici che dir si voglia devono rivedere il proprio sistema di valori e culturale se vogliono mantenere una presenza maggioritaria nel Vecchio Continente (guardare i casi di Londra, Marsiglia, Amsterdam, Malmö).

  3. filomena

    È inutile se volete che le donne facciano più figli dovete metterle in condizioni di NON rinunciare alla carriera esattamente con le stesse opportunità che da sempre riservate come legittime per gli uomini. Quel modello di dipendenza per le donne che considera il lavoro di cura, il loro destino….non è più accettabile.

    1. yoyo

      Non capisco che uno dei contraccettivi più potenti è proprio l idolatria della carriera? Ci sono donne che vogliono fare gli uomini meglio degli uomini e finiscono solo per essere peggio di un maschio. La donna raggiunge il vertice della dignità e della grazia quando non insegue i lati deteriori del maschio.

      1. filomena__

        Mi dispiace non si tratta di voler fare gli uomini, ma di fare “le persone” e avere le stesse opportunità di vita a prescindere dall’essere uomini o donne. Ho citato il lavoro perché è uno degli aspetti che rende libera la persona. Questo non significa non volere avere una famiglia o figli ma questo non può essere un vincolo che relega le donne (e guarda caso non gli uomini) a fare le casalinghe. Uomini come te difendono solo i loro privilegi ad avere ANCHE una vita sociale fuori dalla famiglia, cosa che negate alle donne perché vi fa comodo che sia qualcun altro ad occuparsi dei vostri figli.

        1. Leone

          Cortese signora Filomena, posso essere d’accordo che il lavoro renda “indipendenti”, ma non sono assolutamente d’accordo che renda “liberi”.
          Non posso essere d’accordo che il lavoro rende ; se lo fossi significa che condividerei il tristemente famoso “Arbeit macht frei” (che in tedesco significa: “Il lavoro rende liberi”), scritta che campeggiava all’ingresso di numerosi campi di concentramento nazisti durante la seconda guerra mondiale; cosa che mai ho condiviso e mai condividerò.
          E anticipatamente le faccio notare che non voglio con questo dire che lei condivida quel concetto, per carità! Solo dire che a volte si cade preda di facili entusiasmi e si prende qualche svista nel valutare certe brevi affermazioni. Cordiali saluti

          1. Filomena....

            Essere indipendenti peró è il presupposto per essere liberi. Poi che il lavoro di per sé renda liberi in assoluto, sono d’accordo che è parzialmente vero. Se non altro perché si deve sacrificare parte del proprio tempo, ma in cambio si ottiene uno “strumento” chiamato denaro che si traduce in potere di scelta oltre a ottenere la soddisfazione in ciò che si fa se si ha la fortuna di poter svolgere il lavoro scelto.

        2. yoyo

          Il dramma feminista è proprio far coincidere la carriera, il potere, con il riconoscimento del essere persona. La donna non ha bisogno del potere mondano per essere preservata nella sua dignità umana.

          1. Filomena^^^

            Peccato che questo non vale per l’uomo per il quale la mondanità è scontata e fa parte della sua dignità.

          2. yoyo

            Mica vero. Non siamo tutti a rincorrere le poltrone. Anche tu hai una idea stereotipa di uomo.

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