Asia Bibi scrive alla Francia: «Non lasciatemi cadere». Il marito: «Non si può morire per un bicchiere d’acqua»
«Sono appena tornato dal carcere di Multan dove mia moglie, Asia Bibi, è stata trasferita otto mesi fa. Da quando mia moglie è stata condannata a morte nel novembre del 2010 per aver bevuto un bicchiere d’acqua noi viviamo nella paura, la nostra famiglia è minacciata». Comincia così una lettera pubblicata oggi dal Le Figaro di Ashiq Masih, marito della donna la cui condanna a morte per blasfemia è stata confermata in appello.
«PERCHÉ IL PAKISTAN SI ACCANISCE?». Asia, continua il marito, «non è blasfema e non ha mai compiuto un atto di blasfemia. Dopo la sentenza dell’Alta corte di Lahore, noi non riusciamo a capire perché il Pakistan che noi amiamo si accanisca così contro di noi». La «nostra famiglia è sempre stata felice qui, non abbiamo mai avuto problemi con nessuno. (…) Oggi molti nostri amici musulmani non capiscono perché la giustizia pakistana impone tante sofferenze alla nostra famiglia».
LA GRAZIA DEL PRESIDENTE. Asia Bibi non verrà uccisa solo se la Corte suprema ribalterà i primi due verdetti della giustizia, ma Ashiq Masih confida in altro: «Il modo migliore sarebbe ottenere la grazia dal Presidente. Noi siamo convinti che Asia Bibi non sarà impiccata solo se il venerabile presidente del Pakistan, Mammoon Hussain, la perdonerà. Non si può morire per aver bevuto un bicchiere d’acqua».
«NON LASCIATEMI CADERE». Ashiq riporta infine un testo scritto da Asia Bibi, che fa riferimento anche al sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, che ha dato la sua disponibilità per dare asilo alla coppia in Francia. «Dalla mia piccola cella senza finestre i giorni e le notti si assomigliano – scrive la cattolica Asia Bibi, madre di cinque figli – ma se ho ancora speranza è grazie a tutti voi. Il mio cuore si scalda ogni volta che Ashiq mi mostra le foto di persone che non conosco e che bevono un bicchiere d’acqua pensando a me».
«Ho saputo che la città di Parigi ci vuole – conclude Asia Bibi – e voglio ringraziare tutte le persone di Parigi e il sindaco. Voi siete la mia sola possibilità di non morire in fondo a questa cella di isolamento. Vi prego, non lasciatemi cadere. Non ho mai commesso un atto di blasfemia».
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La situazione di Asia Bibi, non può non far venire in mente un’altra storia, quella di Sakineh. Questa per la giustizia iraniana , in quanto accusata di adulterio e di complicità nell’omicidio del marito, rischiarava la lapidazione. Non si discute, ovviamente la barbarie della condanna . Ma ricordo le nostre meravigliose ministre pronte a dichiararsi “Siamo tutte Sakineh” … la Carla Bruni con il marito – presidente…. a muoversi sul piano politico ed onnipresente in ogni canale TV, manifestazioni di piazza nel mondo, pure 5 stelle aveva adottato lo slogan delle ministre, il parlamento europeo fece sentire all’unisono la voce e financo il Vaticano su spinta dell’allora ministro Frattini. Sakineh fu graziata.
Forse mi sbaglio…. ma qui levando le nostre poche voci cattoliche, in rapporto, non frega niente a nessuno. Io non sono un buon cattolico, cado in continuazione e tra le mie cadute ci metto pure che nel caso dell’iraniana, più che la difesa della vita si difendeva il principio della libera scopata e della cornificazione (aldilà dell’innocenza o colpevolezza dell’accusata) . Chiedo scusa del pensiero… ma ce l’ho. E la cosa di cui sono sempre più convinto e che noi cattolici abbiamo tutti brutalmente contro … differiscono i modi, a seconda delle latitudini, della civiltà, anzi del galateo, nel lapidare (da noi si usano le parole) .