Aborto. Mancava solo l’intervista alla ginecologa «costretta all’obiezione dall’ostilità dei colleghi»
MINACCE, EMARGINAZIONE. Naturalmente i “colleghi ostili” sarebbero gli obiettori, che al Villa Scassi di Genova come in moltissimi ospedali d’Italia sono la maggioranza. Ma è tutto il sistema, sostiene Repubblica, che la pensa come loro. La giornalista scrive di «minacce» subite dalla ginecologa, «ostilità dell’ambiente», «boicottaggio». Addirittura la dottoressa Cirillo dice di essere stata «tagliata fuori dalla carriera», «emarginata dall’ospedale che ha sempre considerato il mio un lavoro degradante». Ma a parte le lamentazioni generiche (e a parte il fatto che è difficile trovare un medico che consideri il praticare l’aborto un lavoro “nobilitante”), in realtà, leggendo le parole consegnate dalla dottoressa al quotidiano, si capisce che il punto non sono affatto gli sguardi torvi degli obiettori di coscienza che Repubblica lascia immaginare al lettore.
«ERAVAMO RIMASTE IN DUE». Occorre prescindere dalle forzature del quotidiano e scorrere con attenzione alcuni passaggi dell’intervista:
«Quando ho scelto la specializzazione in ginecologia – racconta la Cirillo – militavo nel collettivo femminista di Genova, ero politicamente vicina al Manifesto. L’autocoscienza, l’autovisita, i consultori. Entrare nel servizio delle interruzioni volontarie di gravidanza, mi sembrò un approdo naturale del mio percorso sia umano che professionale». E all’inizio «avevo accanto un gruppo di medici motivati e impegnati nel garantire l’applicazione delle legge». Peccato però che poi «quasi immediatamente tutti si dichiararono obiettori. Eravamo rimaste soltanto in due, un’infermiera ed io, senza nemmeno un anestesista, mentre il lavoro cresceva a dismisura. Non potevo partecipare ai convegni, non potevo assentarmi, fare altro: solo e soltanto aborti. Ho tenuto duro per un tempo infinito, senza di me il servizio si fermava, ma sentivo un peso ormai insostenibile».
TURNI MASSACRANTI. Maria Novella De Luca scrive che la ginecologa doveva sottoporsi a «turni massacranti», era «costretta a fare aborti come in una catena di montaggio, senza più nessun contatto con le pazienti». Ancora la dottoressa Cirillo:
«Il mio direttore sanitario non mi ha mai sostenuto. Ricordo però che un giorno mi disse: “Non capisco dottoressa perché lei fa tutto questo ma evidentemente ci crede davvero”». E in effetti ci ha creduto davvero per 25 anni, finché «qualcosa dentro di me si è rotto». «Alla fine degli anni Novanta con l’arrivo in massa delle immigrate (…) si presentavano decine di donne disperate, nigeriane, albanesi, cinesi, figlie della miseria e delle prostituzione. Abortivano e se ne andavano. Impossibile senza mediatori culturali, senza assistenti sociali, instaurare un rapporto con loro. Ho cominciato a stare male. Mi sentivo soltanto un braccio esecutore».
IL PROBLEMA. Ecco. Perfino da un articolo fazioso come questo traspare in maniera abbastanza limpida qual è il problema della legge sull’aborto in Italia. Anche volendo credere che abortire sia davvero un «diritto acquisito», come sostiene a torto la ginecologa genovese (dimenticando forse che anche nascere sarebbe di per sé un “diritto” di qualche importanza), il problema è la realtà. “Diritto”, “autocoscienza”, “libertà di scelta”. A un certo punto, dalle belle parole da collettivo femminista, bisogna passare alla sala operatoria. È lì dentro che iniziano a tremare le mani dei medici. Anche quelli atei. Anche quelli «motivati e impegnati nel garantire l’applicazione delle legge». È una palla sesquipedale che i ginecologi abortisti siano niente meno «boicottati» e gli obiettori favoriti (solo Repubblica può sostenere ancora senza ridere che l’Italia sia un paese confessionale). Il problema dell’aborto non sono gli obiettori e non è «l’ostilità dei colleghi». Il problema dell’aborto è l’aborto.
COSA DICEVA GIORGIO PARDI. Leggere, per cortesia, questa grandiosa intervista al purtroppo scomparso Giorgio Pardi, luminare di fama internazionale, primo medico in Italia a praticare un’interruzione di gravidanza volontaria e legale. Ateo fatto e finito, sempre favorevole alla depenalizzazione dell’aborto e alla legge 194, con un’onestà intellettuale unica Pardi non si nascondeva il fatto che «l’aborto è un omicidio»; perciò, diceva, «bisogna fare in modo che la donna non abortisca». Metterla nelle condizioni (economiche e personali) di poter scegliere davvero liberamente. Del resto è quello che prescrive la norma nella sua parte, questa sì, quasi totalmente inapplicata.
E AUGIAS CI RICASCA. Qualcuno dovrebbe spiegarlo a Corrado Augias, che sempre oggi e sempre su Repubblica, nella rubrica delle lettere, sostiene che per tanti professionisti l’obiezione di coscienza sia solo «un alibi» (ma alibi de che?) e arriva a valorizzare le proposte, avanzate dai lettori, di «pensare a una voce in busta paga di indennità» per i ginecologi abortisti, «precludere l’accesso alla scuola di specializzazione di ginecologia e ostetricia ai medici che non intendono praticare l’aborto» o impedire loro di «praticare nelle strutture pubbliche». Con un’aggiunta finale di un certo livello: «Una visione più umana di questi argomenti sarebbe importante per il rilancio della Chiesa. Privando tante false coscienze di un comodo alibi». Una visione più umana.
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Quando ho detto che non ho dato spazio alla maternità per scelta ovviamente mi riferivo alla mia scelta e i ruoli sovrapponibili riguardavano evidentemente tale contesto. Del resto ho anche precisato che ognuno si pone le priorità che ritiene. Altro discorso è quello dell’emancipazione delle donne. Non vanno confusi i due piani, quello personale e quello di società. Io credo sia giusto che la società faccia in modo di dare la possibilità a tutte le donne di fare figli se lo desiderano ma contemporaneamente che non siano costrette a rinunciare ad essere protagoniste nel mondo del lavoro. In questo senso oltre a quello che lo stato può dare per esempio in termini di asili nido aperti sulle 12 ore, ritengo che dallo svezzamento in poi i papá dovrebbero essere assolutamente intercambiabili alle alle mamme.
So che tu dirai peste e corna su questo ma in molti paesi europei già lo fanno e non ci sono problemi a sentire i miei parenti inglesi.
Intervengo io previa autorizzazione della consorte.
“Io credo sia giusto che la società faccia in modo di dare la possibilità a tutte le donne di fare figli se lo desiderano ma contemporaneamente che non siano costrette a rinunciare ad essere protagoniste nel mondo del lavoro”.
Ebbene questo è esattamente quello che pensiamo noialtri in casa nostra e che mia moglie ti ha ripetuto in tutte le salse in questi giorni: l’emancipazione femminile non la si può realizzare a scapito della maternità (e della paternità, aggiungo io) ma grazie alla tutela di quest’ultima da parte della società.
Per il resto, secondo la nostra esperienza, in famiglia non ci sono ruoli predefiniti se non quelli imposti dalla natura, visto che l’amore (coniugale) significa semplicemente darsi.
Gli stereotipi sono quelli che tu ritieni di gran lunga più importanti nella vita delle donne e quindi automaticamente collochi prioritariamente. Poi a livello personale ognuno stabilisce le proprie priorità, io non ho mai sostenuto che tu non abbia le capacità e i titoli per fare carriera. Non avrei potuto, non ti conosco. Ho solo giudicato le tue prese di posizione rispetto a una visione tradizionale della famiglia e del ruolo delle donne.
Anch’io sono laureata, lavoro e ho una famiglia solo non come la intendi tu, e ti assicuro i ruoli a casa mia sono assolutamente intercambiabili con il mio compagno con il quale convivo da quasi 15 anni felicemente. Per scelta non ho dato spazio alla maternità pur non avendo mai abortito (come vedi senza approffittate del pensiero criminale), scelta condivisa dal mio consorte.
Se tu collochi il ruolo di madre ed educatrice delle future generazioni nel novero degli stereotipi e ritieni che la donna, rinunciando a tale ruolo peculiarissimo e insostituibile, possa realizzare qualcosa che possa assomigliare a una vera “emancipazione”, significa che hai definitivamente perduto il senso della realtà effettuale.
Del resto questo fatto risulta inequivocabile quando mi assicuri che tu e il tuo “compagno” possiate avere dei ruoli perfettamente sovrapponibili, come se fosse lui a poter rimanere incinta, a partorire e ad allattare al seno suo figlio per i due anni consigliati dall’OMS!
Per “scelta” non hai “dato spazio alla maternità”?!
Che ti devo rispondere? Mi spiace tanto per te, ma cosa c’entrano tutte le altre donne con le tue scelte personali?
Perché mai esse debbono essere costrette a pagare codesto prezzo altissimo in cambio della loro emancipazione?
Sarò maligno, ma a me questa pare proprio la famosa storia della volpe e l’uva.
Ogni nascita è in parte determinata da una serie di circostanze casuali, di variabili che in un momento diverso o un contesto diverso probabilmente avrebbero dato un esito diverso. Questo però riguarda tutti gli eventi della vita e da sempre l’uomo ha cercato di guidare il proprio destino a partire ovviamente da chi già esiste. Di fatto se io non fossi nata non sarei qui a pormi queste domande che evidentemente non avrebbero ragione di esistere per non è venuto al mondo ( e aggiungo non avrei avuto interesse di pormi). Una volta nati si acquista appunto il diritto di confrontarsi anche sul come si viene al mondo.
Filomena,
dovresti giusto aggiungere il diritto, darwiniano, di selezionare la propria discendenza tra chi avrà geneticamente le maggiori probabilità di affermarsi e riprodursi. Saresti più consequenziale e meno ipocrita.
Il discrimine tra chi considera l’essere umano ultimamente strumento posto a servizio del godimento del più forte e chi lo considera irriducibile a qualunque logica utilitaristica è l’unico modo serio di affrontare questa storia.
L’ipocrisia è la solita: si usano gli essere umani più deboli (i non ancora venuti alla luce, i bambini, le donne, i troppo malati o i troppo anziani) per giustificare più facilmente la riduzione in schiavitù di chi si mette di traverso al nostro “benessere”. E’ stato per l’aborto che il femminismo storico si è ridotto a una tragica pagliacciata. Molto maschilista peraltro.
Giusto un paio di considerazioni.
La linea di confine che io pongo non è chi ha più forza fisica (peraltro cosa ormai ininfluente nel terzo millennio grazie alla tecnologia) o chi è anziano e debole perché magari malato ma bensì chi ancora non c’è perché non è ancora nato.
Il femminismo quando non strumentalizzato da chi storicamente ha prevaricato la vita delle donne, ha prodotto emancipazione e riscatto sociale di una intera metà della popolazione che è stata per secoli considerata al servizio di un padre padrone.
E’ fin troppo comodo da parte degli uomini oggi dire che il femminismo e l’emancipazione delle donne è molto maschilista come comportamento dopo che per secoli voi lo siete stati e quanto sembra spesso lo siete ancora, all’ennesima potenza.
Il problema è che vi è stata sfilata da sotto il sedere la poltrona del potere.
Per fortuna ci sono oggi anche uomini che hanno saputo crescere e sono in grado di confrontarsi alla pari con le donne. Ma c’ê ancora tanta strada da fare….nel rispetto delle singole persone prima ancora che di uomini, donne o omosessuali.
Codesto bellissimo tuo post, in realtà, dimostra inequivocabilmente la tesi del tuo interlocutore e tu forse, un giorno, te ne renderai conto da sola, magari usando, forse per la prima volta nella tua esistenza un tantino lugubre (scusa sai, ma l’impressione che si ricava leggendoti è questa!), la stupenda risorsa dell’intelligenza umana che si chiama “pensiero laterale”.
Aggiungo che il femminismo che tu propini è solo l’equivalente, al contrario, del maschilismo , o meglio l’equivalente a rovescio dello stereotipo del maschilismo evocato dalle femministe d’antan (le famose carampane), che si son date tanto da fare per procurarsi l’occasione storica di migliorare sul serio la condizione della donna per poi buttarla alle ortiche, finalizzandola alla sola realizzazione della più sanguinosa carneficina di innocenti della storia umana.
Non interessava infatti il diritto della donna a poter crescere ed educare i propri figli, ma solo il “diritto” a farli fuori.
Continuiamo così, facciamoci del male (cit. dal film Bianca di N. Moretti).
La cosa veramente triste è sentir dire queste dalle donne. Per fortuna e malgrado ciò che sostieni ci sono sempre più donne che rifiutano di anteporre il lavoro di cura in famiglia al lavoro fuori casa. E ti assicuro non sono carampane. La stragrande maggioranza di loro non ha mai abortito ma semplicemente sono donne che responsabilmente hanno pianificato eventuali gravidanze quando hanno ritenuto il sia giunto il momento giusto.
La cosa veramente triste, PER TE, è che ancora fai finta di non aver capito e mi collochi artificiosamente su una posizione che ti inventi pressoché di sana pianta solo per comodità retorica.
Io non sostengo affatto di anteporre qualcosa a qualcos’altro.
Io sostengo solo che l’emancipazione della donna ottenuta a scapito della maternità è una truffa, poiché il ruolo di madre è di gran lunga quello più importante e gratificante nella società umana intesa nel suo complesso.
Chi lo ritiene degradante, come ancora lo ritengono le famose tre carampane rintronate dall’ideologia, è autore-vittima di un inganno criminale.
E bada bene che l’aggettivo “criminale” non è esagerato, visto che a farne le spese, di questo tragico inganno, sono i milioni di figli offerti in sacrificio a Mammona.
P.S.: tanto perché tu lo sappia e non tu continui a inerpicarti sulla strada degli stereotipi, io sono laureata e ho un lavoro più che dignitoso, che però, in questa società che ha accolto così favorevolmente certe idee femministoidi (chissà perché, eh?!), ho potuto ottenere solo rimandando la gioia della maternità fino a poco tempo fa, quindi stai pur tranquilla che quando parlo di “truffa” io lo faccio a ragion veduta!
Giorgio Pardi sostiene che l’aborto è sì un omicidio, ma per “legittima difesa”: difesa da chi e da che cosa? Il nascituro vuole uccidere la mamma? A me sembra poco meglio di Augias, un fenomeno da baraccone che solo Repubblica e la più trash delle trasmissioni televisive può tollerare.
@Cisco
L’aborto dovrebbe essere esattamente questo: il diritto alla legittima difesa esercitato dalla madre in caso di pericolo di vita.
Da notare nella vecchia legislazione (di matrice fascista) l’aborto non era l’omicidio del nascituro inteso come persona, ma delitto contro la stirpe (italica).
Il problema è che è l’interpretazione della legge che è sempre stata soggetta a forzature ideologiche: così come si condanna il tabaccaio che spara al rapinatore per eccesso di legittima difesa, si fa finta di nulla quando la donna uccide il suo bambino per poter fare le vacanze senza scocciature.
@Giannino
In realtà Pardi ritiene buona la legge 194, non parla di legittima difesa in caso di pericolo di vita della madre, su cui peraltro non tutti i bioeticisti concordano.
Mi domando se i difensori dell’aborto si siano mai chiesti se la loro madre abbia mai pensato di abortirli e magari abbia avuto un ripensamento ultimo o se abbia trovato un medico serio che l’abbia convinte a desistere dal farlo..perché se sono vivi e vegeti e se si permettono di dire queste cavolate lo devono o alla madre amorevole o a un medico obiettore e serio, lo stesso che oggi accusano e condannano. Andate a vedere come viene ucciso( per non dire sventrato) un neonato nella pancia della madre e dopo domandatevi se avreste voluto una fine del genere perché se tanto difendete i “diritti” della donna, allora anche vostra madre avrebbe potuto scegliere questa strada e credetemi, le donne che abortiscono ne escono distrutte nell’animo, nn certo col sorriso.
Mi domando se i difensori dell’aborto si siano mai chiesti se la loro madre abbia mai pensato di abortirli o se abbia trovato un medico serio che l’abbia convinta a non farlo..perché se sono vivi e si permettono di dire queste cavolate lo devono alla madre amorevole o a un medico obiettore e serio, lo stesso che oggi accusano e condannano. Andate a vedere come viene ucciso( per non dire sventrato) un neonato nella pancia della madre e dopo domandatevi se avreste voluto una fine del genere perché se tanto difendete i “diritti” della donna, allora anche vostra madre avrebbe potuto scegliere questa strada e credetemi, le donne che abortiscono ne escono distrutte nell’animo, nn certo col sorriso.
Mi domando se i difensori dell’aborto si siano mai chiesti se la loro madre abbia mai pensato di abortirli o se abbia trovato un medico serio che l’abbia convinta a non farlo..perché se sono vivi e si permettono di dire queste fesserie lo devono alla madre amorevole o a un medico obiettore e serio, lo stesso che oggi accusano e condannano. Andate a vedere come viene ucciso( per non dire sventrato) un neonato nella pancia della madre e dopo domandatevi se avreste voluto una fine del genere perché se tanto difendete i “diritti” della donna, allora anche vostra madre avrebbe potuto scegliere questa strada e, credetemi, le donne che abortiscono ne escono distrutte nell’animo.
Mi domando se i difensori dell’aborto si siano mai chiesti se la loro madre abbia mai pensato di abortirli o se abbia trovato un medico serio che l’abbia convinta a non farlo..perché se sono vivi e si permettono di dire queste fesserie lo devono alla madre amorevole o a un medico obiettore e serio, lo stesso che oggi accusano e condannano. Andate a vedere come viene sventrato un neonato nella pancia della madre e dopo domandatevi se avreste voluto una fine del genere perché se tanto difendete i “diritti” della donna, allora anche vostra madre avrebbe potuto scegliere questa strada e, credetemi, le donne che abortiscono ne escono distrutte nell’animo.
La parola è brutta e sgradevole, ma la realtà che c’è dietro è ancora più brutta e più sgradevole, e questo, checché ne racconti il brutto articolo, NON DIPENDE AFFATTO dal numero degli obiettori. Vi prego di provare, solo per un attimo, a pensare a cosa succederebbe se il rifiuto dei lavoratori riguardasse QUALUNQUE altra operazione. Immaginate che ci fosse una strada che l’80 per cento degli autisti di bus si rifiuta di percorrere o un tratto di ferrovia rifiutata dall’80% dei macchinisti, immaginate che ci sia una materia che otto professori su dieci si rifiutano di insegnare, un tipo di pratica che otto impiegati su dieci si rifiutano di istruire, un controllo pubblico cui ottanta ispettori ogni cento rifiutano non solo di effettuare ma anche di vedere e assistere. Cosa succederebbe? Non accadrebbe che tutti, sindacati, giornali e TV in prima fila, si schiererebbero come un sol uomo a chiedere l’immediata eliminazione di quell’orribile corpo estraneo, o forse uno solo si azzarderebbe mai a dire che l’ottanta per cento dei lavoratori si sbaglia e “the show must go on” anche se quattro attori ogni cinque se ne sono andati inorriditi.?
Per questo argomento, e solo per questo, i lavoratori diventano dei nullafacenti che non vogliono lavorare, si propone l’assunzione di “crumiri” specificatamente scelti, assunti non in pubblico concorso perché bravi, ma solo perché crumiri, cioè solo perché disposti a fare qual che gli altri non ritengono dignitoso e decente fare.
Non vedete come in questo tutti i principi della giustizia, non dico quella divina e umana, ma anche solo quella del diritto del lavoro, vengano travolti e calpestati perché quello che conta è il capriccio individuale del singolo, i cui desideri si devono a ogni costo (nei rari casi in cui coincidono con i desideri dei veri poteri forti) trasformare in realtà immediate e incontrastate. Cambiate l’argomento come ho proposto, e provate a immaginare se quell’articolo di Repubblica oggi sarebbe qui a tuonare contro i lavoratori nullafacenti che ostacolano i servizi pubblici.
Le leggi devono camminare sulla verità degli uomini, sennò diventano mostri, come le leggi di Stalin e di Hitler, che probabilmente avrebbero potuto, col controllo dei media che avevano, farsi approvare i campi di concentramento per referendum, ma con o senza il 51 per cento dei voti, il male resta male, chi appena può si rifiuta di farlo e scappa, perché il male è GIUSTO CHE RESTI CLANDESTINO, come è giusto è sacrosanto che emigri all’estero chi cerca un assassino in camice bianco che gli inietti un veleno, che faccia il suo viaggio della speranza all’estero chi vuole comprare un fucile mitragliatore o un set di bombe, chi pretende sia chiamato famiglia la sua unione che familiare non è, è bene che vada all’estero (e sia arrestato al rientro) chi vuole comprare per € 30.000 un bambino di qualcun altro e poi raccontare che è suo perché ha pagato il conto agli schiavi che, per disperazione, si sono prestati a confezionarglielo.
Se perdi il senso del vivere non puoi dare la colpa agli altri, il medico opera sulle persone non sulle bestie, paradossalmente la ginecologa fa bene a non fare più aborti.
…È inutile cercare “pezze” …certe macchie di sangue non vanno via con niente!
Che rapporto umano voleva con le pazienti questa “signora”?? conoscere i loro hobby prima di uccidere le creature innocenti che portavano in grembo? se si ritrova l’unica a fare aborti, forse dovrebbe chiedersi come mai!!
Ma pensate un po’ all’amarezza di questa povera ginecologa !
Dopo aver fatto fuori bambini per 25 anni è stata costretta a cambiare attività.
Ora dovrà forse mettersi a curare delle pazienti e, beffa delle beffe, magari anche incinte !
Che ignominia!
Concordo pienamente con Augias che mi sembra persona equilibrata in tutte le risposte che da a coloro che gli scrivono attraverso la rubrica che gestisce su repubblica. In merito all’articolo sostengo che non è la pratica in se dell’aborto ad aver costretto alla capitolazione la ginecologa ma il fatto che qualunque chirurgo sarebbe alienato se in tutta la sua vita professionale avesse fatto che ne so, solo appendicectomie o colecistectomie a nastro senza la possibilità di aggiornarsi per esempio sulle nuove tecniche operatorie o su altri tipi di intervento. Se a questo si aggiunge che il carico di lavoro così elevato non permette nemmeno il rapporto umano con i pazienti, ecco che la frittata è fatta. Se invece come avviene per tutti gli interventi ci fosse una normale rotazione del personale tutto ciò non succederebbe. Per questo do ragione ad Augias
Peccato che le risposte di Augias siano un concentrato di sciocchezze. L’obiezione di coscienza è un valore riconosciuto a livello costituzionale e pertanto le strutture pubbliche sono obbligate a rispettare questo diritto senza poter discriminare nessuno per le sue idee e convinzioni. Al contrario, sarebbero eventualmente le strutture private a poter derogare a questo principio. Impedire a qualcuno di specializzarsi in ginecologia (ma anche in infermieristica, rianimazione ecc. visto che la pratica abortiva richiede la collaborazione di varie specializzazioni) a motivo delle sua idee è un’idea fascista e disgustosa e come tale va combattuta, ma rende bene l’idea dell’ipocrisia di Augias e di quanto egli sia solo apparentemente liberale, così come i suoi lettori. Del resto da uno per il quale ammazzare esseri umani è una visione più umana non è che ci si può aspettare qualcosa di intelligente. A difendere l’aborto oramai sono rimaste le persone culturalmente più arretrate e ideologizzate, le più pericolose.
L’unica cosa disgustosa è che vi siano professionisti che vengano meno ai loro doveri solamente in virtù di personali ed assolutamente non condivisibili idee personali. Nessuno è obbligato, si cerchino un altro mestiere in piena libertà, magari non uno in cui ci siano ballo ci sono i diritti delle donne e la loro salute. La sua definizione ultima è calzante…ma solo da riferire a chi vi si oppone.
L’altra cosa discustosa e’ che ci siano lettori di Tempi che non capiscano cos’e’ l’obiezione di coscienza e che ci possano essere “idee personali” e “omicidi con cui non voglio scendere a patti”. Nessuno e’ obbligato a commentare stravolgendo la realta’, si cerchi un altro blog.
Hai ragione, infatti il dovere di un medico è curare, non uccidere, per questo il medico abortista viene meno ai suoi doveri e alla sua deontologia solamente in virtù di idee personali ed assolutamente non condivisibili, che hanno come diretta conseguenza la morte di esseri umani innocenti. Un medico abortista non può neppure essere considerato un medico ma semplicemente un macellaio. La facilità con cui sorvolate sull’uccisione di migliaia di esseri umani mostra bene la superficialità, per non dire di peggio, delle vostre posizioni in questo come in altri campi ed è la riprova dell’arretratezza culturale e umana di chi difende l’aborto.
@Paolo
E’ adorabile come dici in pompa magna sciocchezze disumane. Disgustoso è il tuo elegante pensiero… un involucro vuoto!
Devi stabilire tu il mestiere che una persona deve fare solo perché sei servile ad una massa di barbari che ha stabilito dove inizia la vita e la morte?
“Non condivisibili idee personali” sono buone le tue di idee personali.
“Non condivisibili ” …. servile… se domani stabilissero una regola diversa,… che l’aborto è possibile al 9 mese, a due giorni dalla nascita, dovrebbero essere professionali e proni (come lo saresti tu?) e fare il loro dovere?
Che schifo!!!
Poi, un giorno che spero non lontano, ci si domanderà scuotendo il capoccione: “come è stato possibile?”
E c’è pure da scommettere che quelli che oggi sono i volenterosi kapò alla Paolo, i quali hanno l’insolenza intellettuale di circoscrivere l’omicidio nella sfera delle “convinzioni personali”, avranno pure la faccia di tolla di domandarci retoricamente: “perché il vostro Dio ha permesso tutto questo?”
A quel punto, spero che ci sia finalmente qualcuno che ammolli a costoro un calcio nelle già devastate terga talmente dato bene da meritare di venir inserito nel calendario sotto il riverito nome di “san calcio nel culo” (libero riadattamento di una formidabile intuizione letteraria di Giovannino Guareschi).
ho fatto per 41 anni il ginecologo: Il punto è proprio l’aborto, ti porta ad isolarti dal senso della professione dal senso del vivere: quanti colleghi ho visto cambiare, altri restare “abortisti”. Il medico è un uomo come gli altri, se perde il senso del vivere purtoppo finisce male.
@ Filomena
Si tanto bravo Augias… tanto bravo, che amore il cocco! E’ quello che si abbraccerebbe un gorilla allo zoo perché gli ricorda gli antichi nonni? lo vedrei in una gabbia dello zoo che abbraccia il gorilla! sarebbe una scena commovente … generazioni a confronto!
O forse … ricordo … è quello che avrebbe insultato la signora incinta per la sua irresponsabilità nel non pensare all’incremento demografico? Che onore sarebbe stato se fossi stato io il marito di quella signora …quanto calore avrei manifestato nei suoi confronti!
Certo comunque una persona equilibrata … da dargli ragione ( e figurati se tu non gli dai ragione) … a prescindere.
i tipi come Filomena, Augias, Sarti sono simili a quelli che al tempo del nazismo e comunismo collaboravano con i medici nell’eliminare quelli che chiamavano sub-uman o reazionarii. A fine guerra però quei vermi furono individuati e molti di loro finirono sulla forca. Così sarà per voi che non siete diversi da quegli animali