«Davanti alla fragilità del mondo, dentro di noi sentiamo la certezza di essere fatti per una felicità infinita, non per qualcosa di meno». È questo ciò che lega i protagonisti dell’ultimo libro di Antonio Socci, Avventurieri dell’eterno (Rizzoli, 249 pagine, 18 euro). Persone completamente differenti tra loro, vissute in epoche e luoghi diversi. Eppure legate da un desiderio comune: la ricerca di una felicità esistenziale che soddisfi pienamente la loro vita. E da inquietudini comuni, che trovano appagamento solo quando si arrendono e si affidano all’Eterno. Nel libro si trovano poesie e pagine memorabili di poeti, scrittori, artisti, suore, preti, attrici che si interrogano sul senso della vita e danno voce al loro inestirpabile e inestinguibile desiderio di felicità
È il caso di Katja Giammona, attrice italo-tedesca con una carriera già avviata e prospettive di successo. Una vita comoda, facile, fatta di svaghi, party e nessuna rinuncia. E che però non appaga la giovane. Ciò che cambia Katja è un vero e proprio viaggio andata e ritorno all’Inferno, al termine del quale l’attrice si convertirà totalmente al cristianesimo. Oggi Katja si è ritirata dal mondo della televisione e ha scelto di dedicare la sua vita alla preghiera, alla penitenza e alla solitudine.
Socci si occupa poi di altri “avventurieri”. Nel libro racconta alcuni aspetti della vita di sant’Agostino e della sua «impasse che fu sbloccata proprio dalla grazia di un incontro dove gli fu evidente che la verità conosciuta dalla ragione in alcuni momenti era una possibilità di esperienza quotidiana e una vita nuova, più bella, più felice». L’incontro che salva Agostino è quello con il vescovo di Milano Ambrogio, che porterà a una lenta ma potente conversione il santo di Ippona. Che scriverà: «Fummo battezzati e si dileguò da noi l’inquietudine della vita passata».
Tra le pagine del libro di Socci trova spazio Giacomo Leopardi e la sua insistente ricerca. Tutta la vita è mendicanza dell’amore adorante per quella donna ignota, ricercata, mai trovata. E poi il Franz Kafka de Il castello interiore, in cui l’autore di Praga teme che «il Re dei Cieli, il Messia, ci visiti mentre noi non ce ne accorgiamo, pieni di sonno, storditi dalle chiacchiere e dal frastuono della vita esteriore – fuori dal castello – che non ci fa riconoscere la sua voce che ci chiama. È struggente in Kafka – scrive Socci – l’attesa di quella voce, l’anima è tesa ad accorgersi di quel volto, desiderosa di incontrare quegli occhi. (…) Vorrebbe incontrare un giorno uno sguardo che almeno avesse una luce vera. (…) È un uomo in attesa, un uomo che mendica».
Ma davvero, tutte le storie presenti nel libro e i loro particolari meriterebbero una citazione. Come quella di padre Martín Martínez, sacerdote spagnolo fucilato dalle forze repubblicane in Spagna negli anni Trenta. A lui è dedicata la copertina del libro. La foto in cui è ritratto (riprodotta qui a destra) è stata scattata pochi istanti prima dell’esecuzione. «Quegli occhi, quel sorriso sono già illuminati da ciò che lo aspetta di lì a qualche secondo. La vita vera, la realtà vera lo aspetta. E – a guardare il suo volto – deve essere bellissima».
«Cosa testimoniano queste storie?», si domanda l’autore di Avventurieri dell’eterno. «Che il cristianesimo è – letteralmente – una cosa dell’altro mondo: ma in questo mondo. Nel senso che fanno irrompere l’infinito in questo misero mondo, l’eterno nelle circostanze della vita quotidiana».