Il Deserto dei Tartari

I cattopacifisti che straparlano di “suprematismo bianco” in Italia

Di Rodolfo Casadei
24 Maggio 2024
Dietro alla retorica infondata di Alex Zanotelli sugli italiani razzisti c'è l’ossessione internazionalista per le colpe dell’Occidente e il desiderio di vedere quest’ultimo nella polvere
Alex Zanotelli al presidio di solidarietà per il popolo palestinese in Piazza Del Gesù. Napoli 20 Novembre 2023
Padre Alex Zanotelli al presidio di solidarietà per il popolo palestinese in Piazza Del Gesù, a Napoli, il 20 Novembre 2023 (foto Ansa)

Quello dell’Italia governata da un esecutivo espressione del “suprematismo bianco” è un tormentone che strappa tutte le volte la risata, e forse è per questo che Alex Zanotelli lo ripete in ogni occasione da due anni a questa parte. Suprematismo bianco e italianità sono storicamente realtà opposte e conflittuali. I veri suprematisti bianchi, quelli del Ku Klux Klan, non hanno mai pensato che gli italiani rientrassero nella categoria “bianchi”: li aggredivano e li linciavano (almeno venti furono trucidati nell’ultimo decennio del XIX secolo in giro per gli Stati Uniti), bruciavano le loro chiese e i loro patronati. La rivista satirica Judge all’inizio del XX secolo li rappresentava come ratti dal pelame fosco che sbarcavano minacciosi sulle rive degli Usa.

«Non sono bianchi, sono italiani!»

Si racconta che in un paese africano anglofono nel corso di sanguinosi disordini che precedettero la sua indipendenza alcuni espatriati italiani vennero fatti prigionieri dai rivoltosi e portati in una struttura per essere fucilati. Mentre già la folla si apprestava ad assistere allo spettacolo, e i ribelli armavano i fucili per l’esecuzione capitale, il giovane che aveva sequestrato i passaporti dei malcapitati arrivò di corsa dall’edificio dove erano riuniti i capi dell’insurrezione con i documenti di identità in mano gridando qualcosa ai miliziani pronti a fare fuoco. Un “ooohh” di delusione salì dalla folla, che prese a disperdersi, mentre i ribelli abbassavano i fucili. Gli italiani chiesero a cosa fosse dovuta la loro salvezza, che cosa avesse detto il messaggero. Risposta: «Ha detto: “Fermatevi, non sono bianchi, sono italiani”».

Al cuore della retorica di Alex Zanotelli

Si potrebbe pensare che a restituire smalto alla gag zanotelliana sia stato il progetto del governo italiano in corso di realizzazione per l’allestimento in Albania di due centri di prima accoglienza dei migranti irregolari e per la verifica del loro status. Sta di fatto che a caldeggiare l’esternalizzazione delle procedure relative agli immigrati clandestini a paesi extra Ue è una lista di 15 paesi europei guidati dalla Danimarca (la cui premier, Mette Frederiksen, è socialdemocratica) e della quale fanno parte, oltre all’Italia, Austria, Bulgaria, Cipro, Estonia, Finlandia, Grecia,  Lettonia, Lituania, Malta, Olanda, Polonia, Repubblica Ceca e Romania: non esattamente paesi di tradizione colonialista, se si eccettuano gli olandesi.

La verità è che al cuore della retorica zanotelliana, così come di quella dei sedicenti pacifisti dell’Arena di Pace di Verona, ci sta l’ossessione per le colpe dell’Occidente e il desiderio di vedere quest’ultimo nella polvere. La colpevolizzazione a 360 gradi dei “bianchi”, gli attacchi all’industria delle armi, le polemiche antigovernative non sono tanto l’espressione di un genuino amore per la pace nella giustizia, quanto contributi propagandistici alla lotta internazionalista per la sconfitta politico-militare e la disgregazione dell’Occidente, visto come la causa di tutti i mali e il colpevole di delitti che possono essere espiati solo con l’autoannientamento. Solo l’odio di sé fino al proprio suicidio permetterà di espiare le colpe storiche e attuali dei “bianchi”.

Pacifisti che abbracciano Stalin

Il manifesto originario di Beati i costruttori di pace, il movimento pacifista antenato dell’Arena di Pace di Verona, a metà degli anni Ottanta proclamava la sua solidarietà con i movimenti di liberazione del Terzo Mondo, che notoriamente non distribuivano confetti per realizzare i loro obiettivi. E c’è solo l’imbarazzo della scelta a ricordare dichiarazioni e prese di posizione di Alex Zanotelli che evidenziano quale sia sempre stato l’obiettivo strategico della lotta nascosta dietro le bandiere arcobaleno e i simboli religiosi. Per lui il problema non è tanto il mancato scioglimento della Nato dopo la fine della Guerra fredda, ma il fatto stesso che l’Italia vi abbia aderito nel 1949 col solo voto contrario, fra i cattolici, di Giuseppe Dossetti (lo ha dichiarato per esempio in occasione delle proteste contro le esercitazioni Trident della Nato nel 2015). Bisognava abbracciare Stalin, anziché tenerlo alla larga.

E quando nel 2006, alla fine della crisi di frontiera fra Israele e Hezbollah libanesi, viene evocata l’ipotesi di una forza di interposizione alla quale potrebbero partecipare militari italiani, Zanotelli aderisce a un appello al governo italiano (guidato allora da Romano Prodi) affinché l’Italia, se davvero intende partecipare, cancelli prima il suo accordo di cooperazione militare con Israele firmato nel 2005 e garantisca che non prenderà parte a operazioni di disarmo di Hezbollah.

Il cattopacifismo italiano e il radicalismo anti-occidentale

Il radicalismo pseudopacifista italiano di area cattolica è solo una propaggine del radicalismo politico anti-occidentale di casa in Europa e negli Stati Uniti, dove si incarna ultimamente nel movimento neo-marxista Black Lives Matter e più in generale nell’ideologia woke. Non ha mai prodotto concetti o pratiche originali, è sempre andato a rimorchio degli slogan, delle lotte, dell’apparato concettuale del radicalismo di matrice marxista e atea o agnostica. Il quale è specializzato da sempre nei due pesi e due misure quando si tratta di questioni politiche che riguardano i diritti di cittadinanza nei singoli paesi europei o occidentali.

I due pesi e due misure in Francia

L’ultimo esempio illuminante arriva dalla Francia, dove i partiti di sinistra (socialisti, comunisti, Verdi e Lfi) hanno votato contro l’allargamento del diritto di voto alle elezioni provinciali a coloro che risiedono nel Territorio d’Oltremare della Nuova Caledonia da almeno dieci anni. Il provvedimento ha provocato violente sommosse da parte di elementi della componente indigena autoctona della popolazione, quella kanaka, che rifiuta di essere messa in minoranza dall’immigrazione dalla Polinesia e dalla Francia metropolitana.

La sinistra francese, che ha lanciato l’anatema contro il concetto di “sostituzione etnica” col quale lo scrittore Renaud Camus manifesta da anni la sua ostilità all’immigrazione di massa in Francia, si batte contro la stessa temuta “sostituzione etnica” quando questa riguarda i kanaki della Nuova Caledonia. Non sia mai che gente dalla pelle chiara o non troppo scura diventi maggioritaria a scapito della popolazione indigena…. Ha commentato Eugenie Bastié su Le Figaro: «È a dir poco curioso che la sinistra, preoccupata per l’aumento del razzismo in Francia, difenda invece una visione etno-differenzialista all’estero. Le stesse persone che vogliono santificare lo ius soli difendono lo ius sanguinis a Nouméa. Le stesse persone che criticano la preferenza nazionale difendono la preferenza kanaka. La “grande sostituzione” è un complotto dell’estrema destra nella Francia metropolitana, ma deve essere combattuta in Nuova Caledonia».

La ragione dell’apparente paradosso è chiarissima, se si tiene presente il modo di ragionare degli “odiatori di sé”: «Essendo il colonialismo del passato il grande peccato assoluto, solo gli ex colonizzati hanno il diritto di rivendicare la propria identità. I popoli europei, minacciati da un’immigrazione massiccia che sconvolge i loro equilibri, non hanno il diritto di difendere le loro culture, le loro tradizioni».

Cattopacifismo e debolezza della fede cristiana

Il radicalismo anti-occidentale di matrice cattolico-pacifista è minoritario e culturalmente subalterno nel contesto del più vasto radicalismo anti-occidentale, ma le ragioni dell’odio di sé affondano esattamente nell’indebolimento della fede cristiana nei paesi occidentali. I cristiani sanno che siamo tutti peccatori e che tutti abbiamo bisogno di perdono per ricominciare a vivere insieme con un senso, e che questo vale per gli individui come per i popoli.

Nel momento in cui la fede nell’unicità dell’evento Cristo, nell’unicità del suo sacrificio, della sua espiazione e del suo perdono come azioni del Figlio di Dio si indebolisce o viene completamente meno, l’esigenza di espiazione si sposta inevitabilmente sui soggetti umani, e il perdono diventa impossibile. Resta solo una giustizia che è vendetta e che vede solo le colpe di alcuni e non di tutti, e anzi identifica nei popoli colonizzati il Messia definitivo che compirà l’opera lasciata a metà dal primo. Ma non saranno i popoli del Sud del mondo, così come non lo sono stati i proletari di tutto il mondo, a portarci la liberazione e la salvezza. «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo», dice il libro di Geremia.

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