Vado in tv e mi dicono che le scuole paritarie e la Chiesa evadono. Basta. Ve la dico io la verità

Di Luigi Amicone
03 Marzo 2012
A una trasmissione su La7 la solita solfa: Chiesa e Imu, tasse e Chiesa, Chiesa e evasori. Di cosa stiamo parlando? Ci rendiamo conto che stiamo rivolgendo la pistola del “gratta (i soldi) e vinci” verso il no-profit, l'unico settore che tiene in piedi la baracca?

Sono appena tornato da una trasmissione di “informazione economica” su La7. È stato come mettere il dito nella piaga del reality show che oggi va per la maggiore. Il ritornello è sempre lo stesso: Chiesa e Imu, tasse e Chiesa, privilegi e Chiesa, Chiesa e evasori.

Ora, lasciando perdere quella parte di letteratura giornalistica che fa della ricettazione di lettere trafugate e dello spaccio di droga anticattolica il suo fine (commerciale) per lettori infoiati di manette e paranoie complottistiche. Lasciando perdere il giornalismo scandalistico dei falsi difensori della Legge e falsi difensori di una Costituzione che calpestano da cima a piedi. Lasciando perdere tutto ciò, impressiona, andando in queste arene televisive, sentire quanto pressapochismo e scandalo senza costrutto si riversano in materia di Chiesa e Stato. 

«Le scuole paritarie devono pagare l’Imu, sono ricche, noi riceviamo solo 14 euro dallo Stato» ho appena sentito dire da una preside del liceo statale Virgilio di Roma. E un altro, il giornalista Mimmo Fuccillo, «la Chiesa ha sin qui goduto di privilegi, deve pagare». E ancora, Stefano Livadiotti, giornalista dell’Espresso: «La Chiesa rischia di esser condannata dall’Europa a pagare gli arretrati per aver evaso… eccetera eccetera». Ma di cosa stiamo parlando?

Primo. Perché se la Chiesa aveva dei “privilegi” questi erano fissati per leggi dello Stato? Non è la Chiesa che ha evaso il fisco. Suppongo che sia capitata qualche situazione circostanziata e locale, ma così come non si può imputare a Confindustria se suoi associati evadono il fisco, così non puoi dire che la Chiesa evade il fisco perché, chessò, i francescani di un certo convento gestiscono un albergo e non pagano le tasse.

Secondo. Questa storia della procedura d’infrazione europea è artatamente distorta. Nasce per denuncia del radicale Maurizio Turco e, ad oggi, è nella fase di richiesta di chiarimenti e informazioni. Non c’è in proposito nessuna deliberazione tipo quella riguardante la monnezza di Napoli. 

Terzo. La Chiesa italiana ha già espresso e dimostrato, nelle parole e azioni del cardinale Angelo Bagnasco, ampia volontà di collaborazione e partecipazione ai sacrifici richiesti agli italiani.

Quarto (ed è la cosa più odiosa di tutta questa storia). In un clima in cui l’unica parola d’ordine è “fare cassa”, si fa passare la Chiesa come quella parte di società che lucra sullo Stato ed evade le tasse.

Quinto. Ma ci rendiamo conto che in questa furia da arruffapopoli e caccia alle streghe si sta rivolgendo la pistola del “gratta (i soldi) e vinci” verso il no-profit, che è l’unico settore che tiene in piedi la baracca di un po’ di coesione e welfare sociale?

Sesto. A Roma si rendono conto che da Roma in giù (vedi il profondo rosso in cui versano sanità, servizi, istruzione) lo Stato non c’è più? Perché non aggrediscono seriamente la spesa pubblica? Perché non valorizzano le scuole paritarie? Perché non danno corso, finalmente, alla legge 62/2000 (“norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione”)? Insomma: perché anziché recuperare danari da tutto ciò che è vitale e respira, non si va a potare tutto ciò che è sperpero e albero morto dello Stato?
Twitter: @LuigiAmicone

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3 commenti

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