Social e minori, l’allarme spagnolo: «Niente smartphone fino a 16 anni»

Di Piero Vietti
16 Dicembre 2024
Una commissione di esperti analizza i danni su bambini e adolescenti e chiede di tenerli il più lontano possibile da schermi e piattaforme. «Abbiamo perso la battaglia contro l'algoritmo, bisogna regolamentare»
social e minori
Foto Depositphotos

Probabilmente neppure il governo spagnolo, che lo ha richiesto, immaginava che il rapporto di cinquanta esperti sull’impatto delle tecnologie sui minori sarebbe stato così allarmante. Quasi un anno fa, a gennaio 2024, il premier socialista Pedro Sanchez aveva denunciato «l’autentica epidemia» della diffusione della pornografia online tra bambini e adolescenti, chiedendo a una commissione nominata ad hoc di stilare linee guida per salvaguardare i ragazzi dall’esposizione a contenuti non adatti alla loro età.

Regolamentare l’accesso ai social

Pochi giorni fa è arrivato sulle scrivanie dell’esecutivo un documento di quasi 250 pagine che mette in fila i più recenti studi sociologici e neuroscientifici sulle conseguenze che device e social network hanno sulla salute dei minori. Molte sono note e sempre più denunciate: depressione, dipendenza, ansia, pensieri suicidi, calo dell’attenzione e della memoria, disagio sociale, rabbia.

Il problema è noto, e in tutto il mondo si stanno adottando misure per regolamentare l’accesso dei più giovani a piattaforme e app considerate a rischio: l’Australia ha appena approvato una legge per vietare i social sotto ai 16 anni, in Italia il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha voluto una stretta sull’utilizzo degli smartphone nelle scuole ed è in discussione un ddl multipartisan per impedire agli under 15 di iscriversi a determinati social media, in Francia si chiede che questo divieto sia stabilito fino alla maggiore età, molti paesi del nord Europa stanno vietando qualunque device a lezione.

Social e minori, le 107 raccomandazioni degli esperti spagnoli

La commissione spagnola ha avanzato 107 raccomandazioni per completare un disegno di legge già approvato in prima battuta dal Parlamento che prevede l’innalzamento dell’età per iscriversi ai social a 16 anni e l’obbligo per i genitori di installare il parental control sui device dei figli. I cinquanta esperti sentiti da Sanchez raccomandano tra le altre cose di non esporre i bambini sotto i tre anni ai dispositivi digitali e ne scoraggiano l’uso fino ai sei; tra i 12 e i 16 anni consigliano di privilegiare l’uso dei telefoni analogici (senza accesso a Internet e limitato alle chiamate) e chiedono che i dispositivi digitali commercializzati in Spagna includano un’etichetta analoga a quella che si trova sui pacchetti di sigarette che segnali i principali rischi per la salute che il loro utilizzo comporta e i possibili impatti che l’accesso a contenuti inappropriati hanno sullo sviluppo dei minori.

Se le famiglie decidono comunque di dare uno smartphone ai propri figli, il consiglio è quello di utilizzare strumenti di controllo parentale per monitorare il tempo e i contenuti consumati, e non consentire l’accesso ai social network. La commissione spagnola chiede anche alle scuole di rivedere gli strumenti utilizzati nell’insegnamento ai ragazzi e di eliminare le applicazioni didattiche digitali «legate a sistemi di gratificazione immediata».

Un problema di sanità pubblica

Basta tablet ai bambini in classe, chiedono, e più impegno a realizzare piani formativi per le famiglie, spiegando a genitori e ragazzi come funziona la navigazione sicura, i limiti di accesso e di tempo di esposizione, la supervisione adeguata per ogni fascia di età, i «potenziali vantaggi educativi dell’uso critico» della tecnologia, e l’utilità di concordare regole comuni di utilizzo. Il passo nuovo che la commissione spagnola fa è chiedere al sistema sanitario nazionale di dichiarare la dipendenza tecnologica un problema di sanità pubblica al fine di stabilire «misure di prevenzione primaria, secondaria e terziaria, dato che alcuni effetti della tecnologia sulla salute possono essere reversibili, come l’impatto sul sonno e sulla concentrazione, secondo studi condotti sulla popolazione adolescente».

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La raccomandazione ai medici è quella di fare ai propri pazienti domande sulle abitudini di consumo della tecnologia, sui comportamenti problematici e sull’uso inappropriato dei dispositivi, fare screening per individuare depressione e ansia causate dall’uso della tecnologia, mentre alle grandi aziende tecnologiche è richiesto l’inserimento di etichette che avvertano gli utilizzatori sui principali rischi per la salute connessi all’uso di dispositivi e applicazioni digitali, nonché l’accesso a contenuti non adeguati allo sviluppo di bambini e adolescenti.

Tali avvertenze, si legge nel rapporto, «dovrebbero apparire sugli schermi anche quando si accede a una determinata applicazione o piattaforma online, indicando i rischi per la salute e il tempo massimo di utilizzo consigliato».

Un’altra misura suggerita è l’obbligo da parte dei produttori di includere nelle nuove versioni un rapporto sull’impatto sui minori con raccomandazioni per età e la configurazione di misure di protezione per i minori che devono evitare la profilazione, la pubblicità comportamentale, e il tracciamento online.

Algoritmi progettati per generare dipendenza

Resta il problema, ancora non risolto da nessuno, di una verifica dell’età troppo facilmente aggirabile. «La Commissione Europea sta lavorando alla progettazione di un sistema di verifica dell’età basato sul portafoglio di identità digitale europeo», ha spiegato in un’intervista a El País Ana Caballero, l’avvocato specializzata in tecnologia che ha coordinato il lavoro del comitato di 50 esperti nominato dal Governo. Vicepresidente dell’Associazione europea per la transizione digitale, da anni studia il mondo in cui la tecnologia manipola gli esseri umani per farli vivere incollati agli schermi: «Le grandi aziende tecnologiche non vogliono implementare il sistema di verifica dell’età perché il loro obiettivo principale sono gli adolescenti, e rimarrebbero senza attività».

Caballero spiega che i modelli degli algoritmi dei principali social sono «progettati per generare deliberatamente dipendenza o comportamenti compulsivi come controllare continuamente il telefono», ecco perché le grandi piattaforme insistono sulla responsabilizzazione dei genitori e non vogliono una regolamentazione: «Ciò che intendono è trasferire la responsabilità sui genitori, sugli insegnanti e sui minori stessi. È un’ipocrisia superlativa perché sono loro stessi che progettano i loro prodotti e servizi per catturare il più possibile l’attenzione dei minori e, quindi, raccolgono i loro dati e li offrono agli inserzionisti».

Smartphone social Australia
Questa immagine è stata creata utilizzando un modello di intelligenza artificiale OpenAI

Perché le piattaforme social “vogliono” i minori

L’esperta spagnola delinea un quadro inquietante quando spiega i modelli di business delle grandi aziende tecnologiche, che «guadagnano perché trascorri del tempo davanti allo schermo. Raccolgono dati che, una volta profilati e segmentati, vendono agli inserzionisti. Uno dei report che più mi ha colpito, pubblicato dal Washington Post, ha svelato i 95 campi che Facebook ha offerto alle aziende sulle abitudini e i comportamenti delle persone. Attraverso la navigazione e le interazioni, hanno dedotto informazioni su se stavi aspettando un bambino, il tipo di macchina che guidavi, se avevi credito o il tuo patrimonio netto».

Un altro rapporto dell’Università di Cambridge ha dimostrato che dai “Mi piace” si potrebbe dedurre con una precisione dell’85 per cento la tua situazione sentimentale o l’origine razziale. «Tutti questi dati possono essere utilizzati, ad esempio, per prevedere le tendenze sociali, informazioni molto preziose per i mercati».

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Ecco perché gli utenti bambini sono così “preziosi”, dice Caballero: «Consente loro di costruire relazioni con i consumatori fin dalla tenera età: prima li profili, più facile sarà per te trattenerli e manipolarli. Questi modelli di business non sono progettati da psicologi infantili. Ciò che fanno è rafforzare il tuo istinto umano e spingerti a compiere determinate azioni che, se fossi cosciente, sicuramente non faresti. Per gli adolescenti, qualsiasi contenuto che provochi una forte emozione li intrappola, a causa della loro immaturità cerebrale. Instagram esalta la foto perfetta e non si preoccupa dell’autostima delle ragazze. Facebook, con le cosiddette camere dell’eco, frammenta le comunità, ti inscatola, ti manda certi messaggi politici e ti polarizza. È la stessa cosa che fa YouTube». Abbiamo perso la battaglia tra algoritmo e persona, dice, «solo se ci sarà una regolamentazione potremo stare tranquilli».

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