Si costruisce sempre a partire dal basso

Di Carlo Costalli
16 Maggio 2020
Dopo l’epidemia e i danni provocati dalle misure di contenimento, s’intravede un altro pericolo non meno grave: il rigurgito centralista
Cantiere riaperto in Liguria nella fase 2 dell'emergenza coronavirus

Articolo tratto dal numero di maggio 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

La crisi sanitaria dovuta alla pandemia di Covid-19 è qualcosa che non ha precedenti nella storia recente e che cambierà senz’altro la nostra vita futura. Ha messo in evidenza la vulnerabilità e le certezze effimere delle nostre politiche, delle nostre economie e delle nostre società. Le dimensioni della pandemia vanno ben oltre l’emergenza sanitaria, ad essa si aggiungono le questioni dell’economia, del lavoro e della coesione sociale. Le misure introdotte per contenere il virus stanno determinando uno shock economico che mette in pericolo la funzionalità delle filiere produttive e il loro blocco potrà produrre fallimenti, disoccupazione, povertà, disagio e conflitto sociale, rivelando in modo impietoso le profonde debolezze del nostro mercato del lavoro. 

In queste settimane, il dibattito si è concentrato soprattutto sullo spread e sugli indici di Borsa, e quando si è parlato di lavoro quasi sempre si è rivolto lo sguardo solo alle grandi aziende (sottacendo forse il vero interesse verso la grande finanza ed i grandi gruppi proprietari di quelle aziende). Sembra quasi dimenticato il variegato mondo delle piccole e medie imprese, dei lavoratori autonomi, dei piccoli imprenditori, dimenticando anche che costituiscono da sempre una risorsa importante per il paese e che oggi sono maggiormente esposti al rischio delle ricadute dovute alle misure di contenimento. Siamo tutti consapevoli che nulla sarà come prima, ma dobbiamo cogliere questa crisi come occasione per ridisegnare la società e l’economia e ricostruire l’Italia sul valore del lavoro, della sua sicurezza, della dignità della persona. Ora è urgente trovare soluzioni per sostenere le imprese, ma anche politiche attive del lavoro efficienti (non i navigator), e serie misure di protezione della salute dei lavoratori.

Ma c’è un effetto collaterale dell’epidemia altrettanto pericoloso che si intravede all’orizzonte: un preoccupante rigurgito centralista. Un tentativo di ridurre l’azione sussidiaria dei corpi intermedi, essenziale, invece, sia ora nell’emergenza, come dimostrano le tante iniziative messe in campo, sia per la ricostruzione del paese. Populismo, tecnocrazia, disintermediazione: sono tutte concezioni malate che fanno, poi, sintesi nell’errato mito del centralismo statalista, che sottomette società e comunità all’erosione della sussidiarietà orizzontale. Un altro virus che si insinua nella società perché non ci può essere nulla di più errato e pericoloso se si vuole pensare ad una ricostruzione vera.

Il momento del buon senso

È necessario, invece, dare spazio a “più sussidiarietà”, rivalutare il ruolo fondamentale dei corpi intermedi, del terzo settore perché hanno una profonda conoscenza del territorio in cui operano, di quel territorio dove più viva è la società. Una società composta da tantissime piccole iniziative imprenditoriali legate alla comunità, che se non vengono soffocate da una inutile burocrazia possono essere il volano principale della ripresa. Nella storia del nostro paese i corpi intermedi hanno sempre avuto un ruolo fondamentale per favorire la coesione sociale e per dare vita ai concetti di sussidiarietà, solidarietà e bene comune. 

Se nella ripresa dell’Italia non si terrà in dovuto conto tutto questo, la strategia non potrà che essere perdente. Per far ripartire il paese si dovranno mettere in campo tutte le forze vitali esistenti, perché questo è il momento della collaborazione e del buon senso: il governo non può affrontare l’emergenza, né garantire la stabilità sociale e la ripresa, attraverso azioni unilaterali. 

L’emergenza sanitaria porterà molteplici rivoluzioni che potrebbero sconvolgere il nostro tessuto sociale. Quella del mercato del lavoro è una di queste e farci trovare preparati dipende solo da noi.

Carlo Costalli, autore di questo articolo, è presidente nazionale di Mcl

Foto Ansa

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