Scuole paritarie. Un po’ di domande (senza peli sulla lingua). Dopo tanti proclami, attendiamo i fatti

Di Anna Monia Alfieri
11 Agosto 2014
Dove sta la nostra scelta nel servizio pubblico, statale e paritario? Perché mio figlio senza mezzi economici non ha il "permesso" dello Stato di scegliersi la scuola che vuole? Perché l'insegnante è retribuito in modo diverso?

È il tempo della massima allerta, non solo per il costante rischio di alluvioni, ma per quello di una probabile carestia di azioni coerenti e concrete, dopo l’indigestione di lodevoli e sacrosanti proclami. Il rischio c’è: lampi e tuoni – governativi e parlamentari – che si stemperano nei meandri dei Palazzi lungo tutto lo Stivale: usque tandem abutere…? 

Nello specifico: il Catilina che sta abusando della pazienza degli italiani ha diverse facce. La peggiore: l’ingiustizia miope, sorda e muta, che abbatte sul nascere la speranza del futuro: la famiglia. Inutile girarci attorno: è la famiglia il cuore dell’Italia, fosse anche la famiglia costituita dalla sola vecchierella che si tiene caro il bonus di 80 euro e allora non si capisce che fine ha fatto. È sotto il materasso. O la famiglia del giovane che vorrebbe cavarsela da solo, ma deve restare con mammà perché non c’è scampo: l’alternativa è il sacco a pelo alla Stazione Centrale. Infine la famiglia come ancora ad oggi – ma sì, osiamo – la si intende in una autentica, unica, assoluta prospettiva di futuro: i genitori, i figli. La speranza, il compimento, il valore; la ricchezza, l’intelligenza, la forza; la cultura, la politica, la relazione… se l’Italia non pensa a questo, può intonare il Requiem a se stessa.

Giusto, come dichiara con qualche affanno il ministro Padoan – intervista al Sole del 6 agosto – che esistano segnali positivi che andranno apprezzandosi nei prossimi trimestri e nei prossimi anni. “Parlo del 2015 e del 2016”. Ma se alla famiglia non daremo speranza, a quella data non ci arriveremo. Se nemmeno le sarà dato, oltre al dovere costituzionale, anche il diritto di scegliere, nell’ambito del servizio pubblico, che fare dei propri figli, dai 3 anni in su, come educarli, dove farli crescere… è un attimo: disperazione, frustrazione, rabbia, ribellione… sentimenti ovvi, normali, umani, comprensibili. Su cui qualcuno (come si è visto) potrebbe fare leva in modo surrettizio. Ma il ragionamento non fa una piega: “Ottanta euro al mese in più, ad esempio per educare come voglio e come devo i miei figli? E in più le tasse per la scuola che ho pagato allo Stato? E dove sta la nostra scelta, come famiglia, nel servizio pubblico, statale e paritario? Perché mio figlio senza mezzi economici non ha il “permesso” dello Stato di scegliersi la scuola che vuole? Perché lo Stato non mi da il “potere” di mandarlo a scuola dove voglio? E perché mi dice nella Costituzione che posso e devo mandarlo dove voglio?

scuola-tagli-insegnanti-aiutoL’ultimo interrogativo del padre/madre di famiglia deve essere epurato per decenza. Di più: per quanto tempo ancora sentiremo dire a persone ormai adulte: “Io in quella scuola non ci potevo andare, non ne ho avuta la possibilità economica, la libertà, diritti che lo Stato mi aveva riconosciuto e non garantito?” E, rovesciando la prospettiva della disperazione e dello sconcerto, ma restando sempre “in famiglia”: “Perché io, insegnante, lavoratore serio di scuola pubblica paritaria, coniugato e con figli, a parità di titoli accademici dei colleghi statali, pur svolgendo un servizio pubblico, sono retribuito in modo diverso? Chi devo ringraziare per questa assurda ingiustizia?”.
Ma non è finita: “E perché non arrivano alla mia scuola pubblica paritaria, da parte della Regione, i miseri contributi che servono alla scuola per pagarmi lo stipendio? So per certo che lo Stato li ha erogati, da mesi; so pure che onesti impiegati amministrativi dell’Ufficio scolastico si disperano perché Qualcuno non permette di accreditarli, quei contributi…”. E alla fine, la fine: “Perché non ho lo stipendio da due mesi?… Perché la mia scuola chiude, per mancanza dei contributi 2012-2013 e 2013-2014, già erogati alla Regione e non accreditati alle scuole?… In fondo, si trattava di circa 500 euro ad alunno, contro i circa 7.000,00 che lo Stato spende per le sue pubbliche statali… Io resto senza lavoro, la mia scuola paritaria chiude e vende l’immobile ai russi, ma come farà, poi, lo Stato a pagare i quasi 6 miliardi di euro all’anno che gli fanno guadagnare le scuole pubbliche paritarie?

scuola-papa-francesco-10-maggio-tempi-copertinaInterrogativi come macigni. Attorno ai quali, veramente, si vede un drappello con picconi e martelli pneumatici, che si affanna a sgretolarli, a scioglierli a colpi di buon senso e di logica… gente di vario colore politico che non ha tempo di andare al talk show, ma che nella normalissima e civilissima forma dell’interpellanza parlamentare, ancora il 25 luglio affermava semplicemente che “se le scuole dell’infanzia ospitano il 40 per cento dei bambini, con punte dal 55 al 68 per cento in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, lo Stato non può permettersi di non finanziarle, di non finanziarle tempestivamente, a meno che non scelga un altro indirizzo in tema di educazione dell’infanzia; però, va, allora, detto”.
Che ha intenzione di fare, lo Stato? Spedirà i pargoli sulla luna? Li affiderà al Sindaco? Mah! La risposta inequivocabile, forse affaticata, del sottosegretario all’Istruzione, sempre in quello scorcio di luglio, fa comunque ben sperare, tanto che l’interpellante – a nome dei variegati schieramenti – conclude: “Prendiamo atto con soddisfazione, e ne diamo atto a questo Governo, che sono intervenute dichiarazioni positive e forti del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Stefania Giannini, sull’applicazione della parità, applicando il costo standard, cosa assolutamente necessaria equa e urgente, nel rispetto del principio di libertà di scelta educativa cui si ispira l’Unione europea”. Già. Ma… nel frattempo si muore: la famiglia di mancanza di libertà, l’alunno di privazione di un diritto, la repubblica di povertà di investimenti privati (ritenuti già ora insufficienti dal presidente Bce Mario Draghi), la scuola pubblica di depauperamento di una tradizione educativa, e il professore di fame.

Pensierino finale: “Le buone idee senza risorse sono prima sogni e poi frustrazioni; ecco perché occorrono dei passi concreti” – dichiarava il Ministro Giannini il 25 giugno a Roma – per un sistema scolastico che sia inclusivo e competitivo: 1. Autonomia ; 2. Rivisitazione del finanziamento; 3. Valutazione; 4. Programmazione; 5. Apertura al contesto.

Significato: una strada esiste, la speranza non è morta. Altrimenti nemmeno varrebbe la pena scrivere queste righe (e leggerle). È la Scuola il reale, quanto scomodo, punto di partenza e la sua funzionalità e qualità rappresentano la chiave di volta per far uscire l’Italia dalla recessione tecnica che la strattona ancor più perché è una crisi ideale, di buone idee uccise dall’insipienza.

Chi ha orecchie per intendere…

* L’autrice di questo articolo è esperta di settore scuola e presidente della Federazione istituti di attività educative (Fidae) Lombardia.

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20 commenti

  1. filomena

    Caro Giava,
    mi sa che le tue domande all’esperta non avranno risposta, ma non te la prendere, quando si ha la coda di paglia è meglio “glissare”. Io sono con te.

    1. Giannino Stoppani

      Vedete miei cari signori Giava e Filomena, il fatto è In mancanza del dato sintetico di quanto effettivamente sia lo “spread” tra il costo di un alunno “pubblico” e il costo di un alunno “privato” tutti i “mapperò” che il povero Giava si è tanto affannato a formulare (dopo settimane di ricerche!) sanno tanto di tedioso vaniloquio in funzione di cortina fumogena per nascondere il fatto, splendente come il sole d’agosto, che la scuola pubblica italiana è da anni ridotta a poco più di uno “stipendificio” clientelare.
      Ah, ma forse sono “stipendifici” clientelari sono solo i settori della pubblica amministrazione dove intrallazzano quelli che non vanno a politicamente e ideologicamente a genio a voialtri?

      1. Giava

        Da quanto tempo, gent.mo sig. Stoppani…
        Anche in questo caso caso siamo d’accordo: in mancanza di un dato “sintetico e completo” tutte le cifre della sig.ra Esperta sono aria fritta e riportate solo per cercare di influenzare il pensiero del lettore ingenuo!!! Per favore, glielo faccia sapere!
        La rincuoro: non settimane di ricerche, ma dati raccolti pian piano ogni volta che, leggendo vari giornali, ne sono venuto a conoscenza; poi è stato sufficiente aprire l’archivio. E c’è ancora altro…
        Stipendificio clientalare? Per insegnare occorre vincere un pubblico concorso, mentre per insegnare nella scuola privata bastano le giuste conoscenze o l’appartenenca a CL. Qual è più clientalare?
        Ah, capisco, forse si riferisce a tutti i Dirigenti ed i docenti CLini? Nella città dove insegno, su 5 Licei, 3 sono diretti da Presidi di area CL. Per non parlare dei docenti, tutti in posti chiave grazie non a capacità ma alla sola appartenenza.
        Guardi, che sostituire il clientelismo della CGIL con quello di CL non è una grande opera di giustizia: era sbagliato uno, è sbagliato l’altro.
        P.S. Per favore, mi può indicare quali sono i miei riferimenti ideologicamente e politicamente ideali? Ha parlato con il mio confessore o riesce a spiarmi nella cabina elettorale? In entrambi i casi non fa un’azione corretta. O solo parla a vanvera, come spesso Le accade quando vuol avere ragione a tutti i costi?

        1. Anna Monia Alfieri

          Gent.ma Giava,
          il tema della scuola, il diritto alla libertà di scelta educativa della famiglia, in un pluralismo educativo (e ciò – concordo con lei – vale per la sanità e – aggiungo – per tutti i diritti e i doveri) domanda un approccio storico, sociale, giuridico, tecnico, economico, ideale (ben lontano dall’ideologia). L’unica ragione che muove la penna è quella di sentirmi una cittadina al servizio della Res-Publica desiderosa di dare un contributo che faccia fare dei passi in avanti. Le risposte alle sue domande che immagino aperte alla realtà ove lo desidera può trovarle in questi documenti…
          http://www.fidaelombardia.it/Objects/Pagina.asp?ID=321

          Preciso che i conti che lei indica come poco certi sono conseguenza di una incertezza di dati che ci provengono dalle fonti pubbliche ma sono fiduciosa che a breve come è stato in Europa anche l’Italia seppur con 60 anni di ritardo saprà colmare anche questo gap. Sul risparmio sono certa al 1000/1000; pur tuttavia come altri lettori hanno già evidenziato ciò che conta è: La GARANZIA del diritto alla LIBERTA’ DI SCELTA EDUCATIVA che la Costituzione Italiana ha RICONOSCIUTO in capo alla Famiglia sin dal 1948. Non si dimentichi mai che uno Stato di diritto è tale nella misura in cui sa GARANTIRE i diritti che RICONOSCE.
          Da sempre credo che battersi per questi principi su tutti i fronti possa favorire una società più giusta ed equa.
          Non si abbia paura della Libertà agita. Certa che comprenderanno se non mi ritrovo nel “botta e risposta” preferendo modalità più discorsive e argomentate, ringrazio e auguro una buona giornata. AM

          1. Giava

            Grazie per la cortese risposta.
            Concordo con Lei su diversi punti. Proprio perché i dati sono così incerti ed il calcolo così complesso che ripeto da sempre che non è opportuno richiamare il dato economico in questa discussione. D’altro canto son dell’idea che i diritti fondamentali non debbano essere piegati al denaro.
            Il finanziamento pubblico delle scuole a gestione privata è un tema molto ampio e tocca diversi ambiti, non ultimo la visione che si ha dello Stato e della società. Ed è un discorso talmente vasto da non poter essere affrontato in un post (per quanto lungo) o in un articolo di giornale.
            Inoltre la questione tocca così tanti interessi di diversa natura (anche economica) che inevitabilmente le posizioni si spostano su di un piano ideologico e rischiano di sclerotizzarsi.
            Io, da cattolico praticante, vedo il rischio (ma spero sinceramente di sbagliare) che le soluzioni proposte aprano la strada per rivendicazioni analoghe da parte di altri gruppi economici e religiosi, con un pericoloso aumento della conflittualità sociale; è una strada (a mio modesto avviso) che alla lunga potrebbe riservare ai cristiani amare e dolorose sorprese. E ricordo (come ho già detto) che i cristiani dovrebbero essere “sale e lievito” per il mondo, e non chiusi nelle loro scuole e nelle loro Parrocchie.
            Si confrontano quindi due diverse visioni, per le quali non esiste dogma di fede: solo un sereno, leale, onesto e sincero confronto (che in alcuni casi potrà anche assumere toni duri) potrà aiutarci a trovare la via migliore.
            Le ricambio i saluti.

          2. Anna Monia Alfieri

            Gent.mo Giava,
            immagino che abbia trovato le risposte alle Sue domande negli studi indicati con il link segnalato.
            Per completezza di informazioni e in un doveroso rispetto del prestigioso giornale che ci ospita i dati che indico – seppur necessitano di un maggiore approfondimento come ho scritto ieri e come Lei stesso avrà avuto modo di leggere essere già nelle intenzioni del nuovo Governo
            https://www.tempi.it/parita-scolastica-europa-spagna-francia-finanziano-scuole-cattoliche#.U-2tdMU0Fzl
            e del Ministro all’Istruzione Sen. Stefania Giannini – sono facilmente documentabili attraverso il testo la Scuola in Cifre prodotto dal MIUR (organismo pubblico). In merito le segnalo i seguenti link
            http://www.fidaelombardia.it/Resource/ScuolainCifre.pdf
            http://www.fidaelombardia.it/Objects/Pagina.asp?ID=320
            La nostra azione culturale a favore di una “Garanzia” del diritto “Riconosciuto” parte dai dati a nostre mani per approdare verso nuovi orizzonti di giustizia.

            Carissimi saluti Anna Monia

          3. Giava

            Mi permetta di segnalarLe il seguente link:

            http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/ministero/operazione-trasparenza/bilancio-preventivo-e-consuntivo

            nel quale troverà non un quadro sintetico (ed a mio avviso fuorviante) ma il bilancio del MIUR (il consuntivo per l’esercizio 2012 ed il preventivo per il 2013 e 2014, pubblicato il 14_04_2014).
            Potrà constatare di persona che nei 54 miliardi sono previste anche le voci per il funzionamento amministrativo, i buoni pasto, le spese per il Ministero e gli uffici periferici, i contributi per le scuole paritarie, l’Università (anche quelle NON statali) ed i laboratori di ricerca, le spese per gli esami di Stato, il servizio nazionale di valutazione, il sistema ispettivo e tantissime altre voci che non c’entrano nulla con gli alunni frequentanti le scuole paritarie. Queste voci andrebbero, per evidenti motivi, scorporate dal calcolo del costo standard per alunno.

            Ma, ripeto, il discorso del costo è fuori luogo quando si parla di diritti fondamentali.

            Con l’augurio che un onesto e sincero confronto, nella disponibilità all’ascolto ed alla comprensione delle ragioni dell’altro, possa aiutarci a capire qual è la strada migliore.

        2. Giannino Stoppani

          Mio caro Giava, io ho conseguito un diploma e una laurea a cura della Pubblica Istruzione, quindi, per favore, non mi venga a raccontare la favoletta del “concorso pubblico”.

          1. Giava

            Wow, abbiamo anche questo in comune! Anch’io ho preso un diploma ed una laurea grazie all’istruzione statale!
            Ma, caro amico (e mi permetta di chiamarLa così dopo i nostri numerosi confronti), fa un’offesa alla Sua raffinata intelligenza con questa battuta! Tra i circa 800.000 insegnanti certamente ve ne sono di raccomandati, non preparati, assenteisti, inadatti e, se fosse possibile, da prendere a calci! Ma eviti di generalizzare. Altrimenti si pone allo stesso piano di chi costruisce l’equazione prete = pedofilo, o imprenditore = evasore o politico = corrotto! I Suoi acuti interventi denotano un ben altro livello.
            Formulo a Lei, alla redazione ed a tutti i lettori i miei auguri per un buon Ferragosto.

          2. Giannino Stoppani

            Mio caro Giava, purtroppo, e sottolineo “purtroppo”, sulla base dell”esperienza “effettuale” mia, di mia moglie (pure lei diplomata e laureata a cura della Pubblica Istruzione) e della totalità (dicasi “totalità”) dei miei amici e conoscenti che hanno frequentato la scuola pubblica io, ahimè ho tutto il diritto di “generalizzare”!
            Infatti, se nel nostro non breve curricolo nella scuola pubblica gli insegnanti preparati e dediti alla loro opera con la serietà e dedizione che essa meriterebbe si contano sulle dita di una mano (artritica!), cos’altro dovrei fare?
            E come faccio, mio caro Giava, a non strabuzzare gli occhi confrontando la mia esperienza scolastico-universitaria con quella di quei pochi conoscenti ex alunni di scuola cattolica, quando raccontano i dettagli di come sono stati realmente accompagnati per mano in un percorso di studi confacente alle loro predisposizioni di cui si possono constatare i risultati non solo sul piano della preparazione (oggettivamente superiore a quella della scuola pubblica!) ma sopratutto sul piano della maturazione umana?

          3. Giava

            Resto basito: pure mia moglie è diplomata e laureata nella scuola statale! Se continuiamo così La inviterò a cena!

            Cosa dire della sua esperienza? Dalle mie parti si chiama “sfiga”! Scherzo (mi perdoni) ma, pur credendo alle Sue parole e rispettando la Sua esperienza e quella dei Suoi conoscenti, potrei riferirLe di esperienze analoghe o di segno contrario fatte da me o da miei conoscenti. Però neanche la mia esperienza (che oramai vivo nella scuola da oltre 20 anni) fa testo: le medie si fanno sui “grandi numeri” e spostamenti (anche significativi) dalla media sono nell’ordine delle cose.
            Eviterei inoltre il discorso se è meglio la scuola statale o quella a gestione privata: qui si parla di un presunto diritto: se è tale allora il resto (discorso economico o altro) viene meno.

            Non Le rinnovo ulteriormente l’invito a confrontarci in privato via mail, per non essere seccante ed invadente (potrei essere considerato uno stalker), ma se lei dovesse cambiare idea sono sempre a sua disposizione.

            Alla prossima.

          4. Giannino Stoppani

            Giava, che ti devo dire? Io immagino che lo stipendio che riscuoti come insegnante non sia sufficiente a chetare la voce della tua coscienza e, dunque, ritengo che quando difendi la scuola pubblica che ti dà pane e lavoro tu lo faccia in buona fede.
            Mi auguro pure codesta tua buona fede ti consenta di vedere le cose con l’obbiettività sufficiente a realizzare il fatto ovvio che se la privatizzazione non può essere la panacea di tutti i mali, altrettanto una cosa pubblica invadente e invasiva non può essere mai considerata garante a prescindere di una maggiore giustizia sociale.

  2. Giava

    Gent.le Sig.ra Esperta, potrei rivolgerLe qualche domanda?

    “Ottanta euro al mese in più, ad esempio per curare come voglio e come devo i miei figli? E in più le tasse per la sanità che ho pagato allo Stato? E dove sta la nostra scelta, come famiglia, nel servizio sanitario? Perché mio figlio senza mezzi economici non ha il “permesso” dello Stato di scegliersi la clinica che vuole? Perché lo Stato non mi da il “potere” di mandarlo a curarsi dove voglio? E perché mi dice nella Costituzione che posso e devo mandarlo dove voglio?”

    E, Le chiedo, perché questa battaglia per il presunto diritto ad aver pagata l’istruzione privata in contrapposizione a quella offerta gratuitamente dallo Stato non si accompagna a quella per il diritto alla libertà di cura?

    Inoltre, gentile esperta, alle Sue domande potrei rispondere che questi sono i frutti del libero mercato al quale Tempi (e tanti suoi lettori) sono così affezionati: chi ha il denaro ha anche i servizi! Non si può essere liberisti e comunisti alla bisogna!

    Poi, come fa a calcolare il costo per alunno della scuola pubblica? La cifra di circa 7.000 euro per le scuole pubbliche statali è un Suo calcolo da esperta o la ripetete “per sentito dire”? Sa, la CEI (e non la CGIL) parla di circa 5.250 euro per alunno. Allora qual è il costo?

    Forse Lei ha ottenuto il costo medio semplicemente dividendo il bilancio del MIUR (54 miliardi annui) per il numero degli alunni (circa 8 milioni) frequentanti la scuola pubblica statale ed ottiene circa 7.000 euro ad alunno. Moltiplicato il numero degli alunni della scuola privata (circa 1 milione) siamo alla cifra da Lei citata sul presunto (e tanto sbandierato) risparmio per le casse dello Stato.

    In una sola espressione tre errori!! Complimenti, per una esperta un bel risultato!

    Allora esaminiamo (e chiedo un po’ di pazienza) i termini dell’espressione.

    Innanzi tutto, nella cifra del bilancio del MIUR, ha pensato di detrarre i costi che sono fissi e non dipendono dal numero di alunni della scuola pubblica? Ad esempio per l’amministrazione centrale? O per gli ispettori? O per gli Ufficio scolastici Regionali e Provinciali? E quelli per il sistema nazionale di valutazione e per gli esami di Stato (di cui si servono anche le scuole private)? E, guardi, che nel bilancio del MIUR vi sono anche i fondi per le scuole private: certamente Lei avrà pensato bene di sottrarli, non è vero? Ovviamente poi, avrà detratto i finanziamenti cospicui per l’Università e la ricerca. E poi, vogliamo contare (ad essere cattivi) il costo per il personale insegnante religione cattolica a carico dello Stato (e parliamo di milioni di euro)? E potrei continuare. Ed infatti la CEI (sempre quei pericolosi comunisti) parlano più prudentemente di 40,5 miliardi.

    Poi vediamo il secondo termine della Sua espressione: la moltiplicazione per 1 milione.
    Innanzi tutto Lei avrà escluso dal calcolo i bambini frequentanti le scuole materne comunali: anche in questo caso non sono statali, ma sempre a carico del cittadino! E di colpo saltano 200.000 unità. Rimangono, in totale, 800.000 alunni, distribuiti tra materne, primarie e secondarie su tutto il territorio nazionale. Se, ragionando come Lei (che è esperta), io li divido per tutte le classi aperte nella scuola statale e pubblica, si arriva a circa 1 o 2 alunni per classe. Ora, Le chiedo, di quanti insegnanti in più avremo bisogno? Nella mia scuola, a giugno, si sono trasferiti 12 alunni, e classi e insegnanti sono gli stessi.

    Passiamo poi alla questione dei costi della scuola privata.
    Oltre ai finanziamenti statali, sicuramente Lei avrà conteggiato quelli provenienti dagli Enti locali, a volte di gran lunga superiori a quelli statali: certo, non sono statali, ma sempre a carico del contribuente pubblico. Mi aiuti, per favore, io, da non esperto, ho trovato i dati seguenti, ma non dubito che Lei, da esperta, avrà informazioni più complete:
    mi risulta che il comune di Cernusco sul Naviglio ha erogato 300 milioni a favore di un’unica scuola materna privata;
    il comune di Bologna finanzia dal 1995 le scuole private con oltre 1 milione all’anno: nel solo 2011 ha finanziato 27 scuole private con circa 1,2 milioni, ai quali si aggiungono altri 1,2 milioni statali e regionali;
    il comune di Torino eroga 1,7 milioni annui a 55 scuole;
    la Regione Piemonte eroga alle private 2 milioni annui, l’Emilia 3.
    Se poi consideriamo i finanziamenti che arrivano indirettamente camuffati da contributi al diritto allo studio, la cifra del finanziamento pubblico sale ancora. Mi spiego: ad esempio nella regione Lombardia la “dote per la libertà di scelta” rimborsa fino al 50% della retta scolastica… ma nella scuola pubblica la retta è 0 e la metà di 0 è ancora 0! Quindi quasi tutto il finanziamento va agli studenti della scuola privata!
    Sempre nella sua Regione Lombardia, nel 2009 gli studenti frequentanti le scuole private (98.392) hanno ottenuto finanziamenti per 51 milioni, quelli della scuola pubblica (985.755) solo 24. Ovviamente nel Suo calcolo avrà tenuto conto anche di tutto questo, non è vero Sig.ra esperta?

    Allora, sig.ra Esperta, conviene continuare a percorrere questa strada (la motivazione economica) per l’affermazione di un presunto diritto?

    Grazie.

    1. mariobon489

      Il punto centrale della questione, caro GIAVA, consiste nel fatto, inoppugnabile, che una famiglia per godere di un diritto costituzionalmente garantito – fornire ai propri figli l’istruzione che più ritiene consona, è costretto, dalo Stato stesso a mettere mano due volte al portafoglio, con evidente e macroscopica discriminazione. E su questo non ci piove. Poi speculare e fare i conti della serva sul costo del singolo alunno è soltanto menare il can per l’aia, nel tentativo di occultare la realtà di uno Stato che non intende cedere a nessuno, dove può, l’educazione (o l’imbottimento dei cervelli) dei suoi futuri sudditi, che dovranno corrispondere a determinati requisiti. Vedi il recente tentativo, per fortuna abortito, degli osceni opuscoli inneggianti alla parità di genere.

      1. filomena

        Attenzione che seguendo il tuo ragionamento anche le scuole islamiche avrebbero diritto ai contributi statali. La cosa migliore quindi è lasciare l’insegnamento della morale religiosa fuori dalla scuola e se poi si vuole una scuola confessionale allora la si paghi due, tre, quattro volte.

      2. Giava

        Il punto centrale della questione, egr. sig. Mariobon. consiste nel fatto che questa evidente macroscopica discriminazione esiste per altri ed altrettanto importanti settori (quale il diritto alle cure e la sanità), per i quali, però, non vi è il medesimo accanimento mediatico. Forse che i diritti dipendono da quanti affari fanno certi gruppi di potere? Nella sanità il privato fa affari d’oro (lautamente finanziato dallo Stato), e quindi per questo settore non importa la libertà di cura ed il diritto alla salute e tutte le altre menate che vengono richiamate ad ogni piè sospinto.
        Inoltre, la questione del presunto risparmio viene continuamente citata dai sostenitori del finanziamento pubblico alla scuola privata, sparando cifre, a mio avviso, del tutto inesatte. Se la sig.ra Esperta non avesse riportato le cifre, facendo i conti della serva ma fatti male, non le avrei citate.
        Inoltre, mi pare che l’idea di fondo che si vuol far passare è che il privato riesca a far funzionare meglio le scuole con minor spesa. Questa tesi (tutta da dimostrare) trascura però un particolare: ammettiamo (ma solo per un momento) che l’esistenza delle scuole private sia un risparmio per lo Stato; ma sicuramente non lo è per il singolo utente, al quale il servizio costa molto di più. In pratica si sposta il costo dalla collettività al singolo. Ed è questo il punto: le scuole private rispondono ad un’idea di società individualista, dove beni e servizio (anche fondamentali) sono piegati alle ragioni economiche. Il confronto i atto è, in fondo, su questo: una società solidale, dove ognuno contribuisce al bene di tutti, o un modello individualista.

        Un ultima cosa: visto che parla degli “osceni opuscoli”, sono certo che avrà avuto modo di vederli: io che vivo nella scuola da oltre 20 anni, non so di cosa Lei stia parlando. Per favore, potrebbe farmene avere uno in modo che io possa formarmi un’idea autonoma (e non quella che la redazione di Tempi vorrebbe)? Se però non li ha visti, allora il suo giudizio come si è formato?

  3. filomena

    Saranno anche poco politicizzate (dubito) ma sicuramente molto confessionali…. tra le due preferisco le prime.

    1. Giancarlo Romei

      Vai pure alla scuola che preferisci, piccina…

    2. beppe

      ……che oltre a creare un bel buco nel bilansio dello stato sfornano ogni anno i nuovi BALILLA del 21° secolo: tutti allineati col pensierino politicamente corretto, senza un capello fuori posto……

  4. Elena

    Molte scuole paritarie sono in grande difficoltà economica, a causa delle rinunce di molte famiglie per problemi di soldi. E qualcuna ha già cominciato a chiudere qualche corso di studio, se non proprio a chiudere i battenti.
    E pensare che le paritarie, conti alla mano, permettono allo Stato un rilevante risparmio finanziario!

    Il “problema” delle paritarie è che sono scarsamente sindacalizzate, e quindi poco politicizzate, e questo non piace molto a CGIL e compagnia bella…inoltre il loro programma educativo (riguardo famiglia e società) è difforme da quanto i poteri forti (di nuovo CGIL e compagnia bella) della scuola prevedono.
    Risultato: le paritarie per qualcuno sono il nuovo Belzebù, da combattere con ogni arma.

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