
Scuole americane: la classe media affonda
Le scuole statali frequentate dalla classe media, dove si diploma il maggior numero di giovani americani, sono le più sfavorite degli Stati Uniti: rispetto sia alle scuole dei quartieri benestanti che a quelle delle aree degradate, i loro insegnanti sono pagati di meno, le loro classi sono più affollate e gli enti pubblici investono meno risorse finanziarie in proporzione al numero degli studenti frequentanti. Lo rivela il rapporto “Incomplete: How Middle-Class Schools Aren’t Making the Grade”, reso pubblico stamattina dal centro studi Third Way, di orientamento politico democratico moderato. Nel giorno in cui in Italia riapre la maggioranza delle scuole e già fanno capolino le prime proteste sui temi più vari (dalla mancanza di insegnanti di sostegno alla volontà di contrapposizione squisitamente politica alla recente manovra di bilancio del governo), dagli Usa giunge il messaggio che ad accomunare le due sponde dell’Atlantico non è solo il difficile momento macroeconomico, ma anche il particolare del gruppo di popolazione più colpito dalla crisi e dalle scelte politiche dei governi di ogni livello e colore: la classe media.
Negli Usa il criterio per definire la classe socio-economica prevalente fra gli studenti di una scuola è rappresentato dalla percentuale di iscritti che usufruisce di un contributo mensa federale per non pagare a prezzo intero la refezione scolastica. Se gli aventi diritto sono meno del 26 per cento, si parla di scuola a reddito elevato, se sono più del 75 per cento la si considera una scuola a basso reddito; ogni altro valore compreso fra i due estremi identifica scuole di classe media. Negli Stati Uniti i fondi per le scuole pubbliche, sia federali che statali o locali, sono gestiti dagli school districts, organi di governo scolastico per lo più autonomi (oltre 13.500) e in misura minore dipendenti dallo stato o da un ente di governo del territorio (più di 2.000). I distretti possono decidere come spendere, all’interno di certi parametri, i fondi pubblici nelle varie scuole di loro competenza. Nel tempo si è quindi creato un paradigma che Third Way ha individuato e riassunto come s’è detto all’inizio. Le scuole di classe media educano 25,7 milioni di ragazzi, pari al 53 per cento di tutti gli studenti che frequentano scuole statali. In termini di background etnico, sono l’ambito di formazione di più della metà di tutti gli studenti bianchi e di tutti gli studenti afro-americani, del 50 per cento degli ispanici e del 45 per cento degli asiatici. Eppure i loro insegnanti sono pagati meno di quelli che educano nelle scuole ad alto reddito e a basso reddito: il salario medio dei docenti delle scuole di classe media è 48.432 dollari, contro i 54.035 per chi insegna nei quartieri benestanti e 50.035 per chi insegna nelle aree più povere.
Anche il numero degli studenti in proporzione a quello dei docenti disponibili è sfavorevole alle scuole di famiglie a reddito medio: sarebbero mediamente 17,5 per insegnante, contro i 14,6 delle scuole ad alto reddito e i 17 delle scuole a basso reddito. Infine il dato più significativo: i distretti spendono mediamente 10.349 dollari per studente nelle scuole di classe media, contro 11.925 nelle scuole dell’upper-class e 11.799 in quelle dove la maggioranza degli studenti sono di famiglie povere.
Come si spiegano queste disparità, in particolare quella realtiva alla spesa pubblica per studente? Una parte della risposta è che le scuole a basso reddito ricevono più fondi federali dei programmi contro la povertà, mentre le scuole nei quartieri benestanti ricevono maggiori finanziamenti locali per far fronte a tasse immobiliari più alte dovute alla collocazione degli istituti in quartieri residenziali dove l’imposizione è più alta. Si registrano però anche disparità dovute a scelte “politiche” compiute dai distretti. Per esempio il distretto scolastico di San Diego (California) ha votato nel dicembre scorso un provvedimento in base al quale 20 milioni di dollari di sovvenzioni federali saranno spostati da 60 scuole di classe media a scuole più povere nei prossimi cinque anni. A fare le spese della decisione saranno famiglie di studenti che non navigano esattamente nell’oro, considerato che in esse gli aventi diritto al contributo mensa federale oscillano fra il 40 e il 75 per cento degli iscritti. Le proteste già non mancano. Michael George, preside di una scuola (la Taft Middle School) dove la percentuale di studenti a basso reddito secondo la definizione convenzionale oscilla fra il 60 e l’80 per cento a seconda degli anni, definisce «miope e in prospettiva devastante» la decisione del distretto, che rischia di fargli perdere 146 mila dollari, in parte utilizzati per mettere sotto contratto un docente di matematica incaricato dei corsi di recupero per gli studenti con problemi.
La questione più seria sollevata dalla ricerca di Third Way è che le scuole frequentate prevalentemente dalla classe media avrebbero bisogno di tutto tranne che di una penalizzazione di risorse e strumenti, poiché in realtà i risultati formativi che raggiungono sono poco esaltanti. A laurearsi entro i 26 anni di età sono infatti solo il 28 per cento dei loro diplomati, contro il 47 per cento dei maturati di scuole delle classi benestanti e il 17 per cento dei diplomati delle classi disagiate. Quando si considera il livello di formazione nelle classi quarta e ottava (corrispondenti alla fine del ciclo primario e alla fine delle medie inferiori italiani), si evidenzia che meno di un terzo degli studenti delle scuole di classe media mostra abilità ottimale nella lettura nelle classi quarta e ottava, e in matematica nella classe ottava; circa il 36 per cento in matematica in quarta classe. Nelle scuole statali dei quartieri benestanti più della metà degli studenti hanno ottimi risultati in lettura agli esami delle classi quarta e ottava, e in matematica in classe ottava; il 46 per cento mostra competenza ottimale in matematica in classe ottava. Nelle scuole di studenti a basso reddito in nessuna classe terminale si raggiunge il 20 per cento di allievi con voti ottimi nè in lettura, nè in matematica. Tuttavia i risultati delle più recenti tornate di esami in classe quarta (ciclo elementare) per quanto riguarda matematica, lettura, storia e geografia mostrano che gli studenti di famiglia povera stanno migliorando i propri voti a tassi di crescita a doppia cifra (anche quando restano insufficienti), mentre gli studenti di classe media li migliorano solo a tassi di crescita di una sola cifra.
Negli ultimi anni tutte le riforme e le iniziative nel campo dell’educazione hanno avuto per obiettivo le scuole a basso reddito: che si trattasse degli esperimenti dei voucher (buoni da spendere nella scuola di propria scelta) e delle charter schools (scuole statali a regime autonomo speciale), degli istituti chiusi e smembrati, del programma federale No Child Left Behind. Ora però, sostengono gli autori del rapporto, sarebbe arrivato il momento di rendersi conto che «le scuole di classe media producono diplomati che sono la spina dorsale dell’economia americana, ma che non stanno raggiungendo i risultati che genitori, contribuenti e responsabili delle decisioni si aspettavano. C’è bisogno di una seconda fase di riforme dell’educazione mirate a riservare a queste scuole l’attenzione che meritano».
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