Sbai: «Profughi, perché Giorgio Napolitano sbaglia a farci la morale»

Di Chiara Rizzo
07 Giugno 2011
«Con rispetto - dichiara a Tempi Souad Sbai - ho voluto contestare le affermazioni di Napolitano che sostiene che gli sbarchi dai paesi Nord Africani siano legati alle tratte di esseri umani. Questo è un problema vecchissimo. Napolitano, che il 26 aprile parlava dei bombardamenti Nato in Libia come “sviluppo naturale” oggi chiede di non dimenticare queste persone»

Souad Sbai, deputata Pdl di origine marocchina, attenta conoscitrice della realtà maghrebina, ha risposto all’appello lanciato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sul Corriere della Sera del 6 giugno, con una lettera aperta pubblicata dal Secolo d’Italia, il 7 giugno. A Tempi.it spiega le ragioni della sua replica.

Onorevole Sbai, che cosa le ha dato fastidio dell’intervento del capo dello Stato?
Con rispetto, ho voluto contestare le affermazioni di Napolitano che sostiene che gli sbarchi dai paesi Nord Africani siano legati alle tratte di esseri umani. Questo di cui parla Napolitano è un problema vecchissimo, e non mi pare corretto interpretare così quello che sta accadendo. Napolitano, che il 26 aprile parlava dei bombardamenti Nato in Libia come “sviluppo naturale” oggi chiede di non dimenticare queste persone. Noi non le abbiamo mai perse di vista. Non è giusto che Napolitano ci venga a fare la morale, perché questo Governo sta facendo tutto il possibile per affrontare la situazione in modo corretto. Va ricordato che nelle acque internazionali non possiamo intervenire neppure per salvare i clandestini, perché è una situazione pericolosa.

Lei conosce bene la realtà dei viaggi della “speranza”, che in effetti sono delle tratte di esseri umani. Su questo non è d’accordo con Napolitano?
C’è gente che paga per andare via soprattutto dai paesi subsahariani Che ci sia una mafia dietro si è sempre saputo, anche prima di Gheddafi. Purtroppo questo problema non lo risolverà nessuno. Ma a questo problema oggi se ne intreccia un altro. C’è, come sappiamo, un paese ormai sulla soglia di una guerra civile, la Libia: credo davvero che una guerra civile scoppierà comunque tra le varie fazioni, anche se Gheddafi se ne andrà via. Resterà infatti la sua “tribù”, perché il pensiero di Gheddafi va oltre la persona del colonnello. Bene. La maggior parte dei migranti che sbarcano in Italia, arrivano dal Darfur o dall’Africa Nera, ma lavoravano in Libia. Oggi l’unica speranza che rimane loro è andare in Tunisia o fare la traversata verso l’Italia.

E qual è la situazione invece nei paesi del Maghreb, in Marocco e Tunisia?
Il flusso di immigrati dal Marocco si è fermato. Va detto che in Marocco e Tunisia, paradossalmente, c’è una situazione più stabile. In Tunisia non c’è più Ben Ali, mentre in Marocco non è mai stato messo in discussione il re, ma il governo; l’attacco è stato alla classe dirigente corrotta. Si tratta di Paesi con grossi problemi di disoccupazione giovanile, come anche avviene nella stessa Italia d’altra parte. Lì servono aiuti economici e accordi bilaterali. Anche se l’emigrazione da quei due paesi si è fermata, credo che se non aiutiamo Tunisia e Marocco con un Piano Marshall urgente, la situazione può diventare drammatica, gli estremisti sono alle porte.

L’Italia può aiutarli?
L’Italia a mio parere fa già bene, il nostro Governo si sta comportando benissimo. Nessuno ha la bacchetta magica. Qui li stiamo aiutando, e dove è possibile li facciamo ritornare ai loro paesi di origine. Non è un “cacciarli”; perché in Tunisia non c’è un problema di repressione, è un paese democratico, prendere questi giovani sarebbe un danno per loro. Perché noi che cosa ci facciamo con queste persone? Le lasciamo in mezzo alla strada? Si tratta di giovani acculturati, che non vogliono lavorare nelle campagne, sono ragazzi che cercano una posizione migliore, ma qui spazio anche per loro non ce n’è. Bisogna quindi fare piuttosto accordi bilaterali, prevedere dei master e scambi tipo Erasmus con gli studenti italiani, accompagnarli in una specializzazione. Una cosa che possono fare anche le società private. Questo avrebbe dovuto chiedere Napolitano.

Ma per quanto riguarda gli immigrati che arrivano sui barconi dall’Africa Nera, che cosa bisogna fare? Perché insomma non le è andato giù l’appello di Napolitano?
Nell’attuale situazione di sicuro non c’è bisogno di ulteriori appelli del genere. Spiego perché: stiamo lavorando bene come Governo. La gente che arriva adesso è disperata: scappano dalla dittatura di Bashir, dal Darfur, e noi possiamo e dobbiamo accoglierli nelle acque italiane. Inoltre certamente otterranno lo stato di rifugiati qui da noi. Intanto, però, Malta, Francia e Spagna continuano i respingimenti e la Danimarca addirittura chiede una sospensione di Schengen. È questo atteggiamento che bisogna attaccare, se si vuole aiutare davvero queste persone. Napolitano nel suo appello parlava delle vittime cadute di recente in acque tunisine: avrebbe dovuto aggiungere che si trattava di una zona straniera in cui gli italiani, anche volendo, non sarebbero potuti intervenire. L’Italia merita piuttosto un incoraggiamento dal presidente, dopo che siamo stati abbandonati a noi stessi dalla Unione Euorpea. Bisogna chiedere all’Europa, semmai, di aiutarci ad accoglierli perché noi da soli non ce la facciamo più, dal momento che gli sbarchi temo non siano finiti ma aumenteranno. Perciò dal nostro presidente mi sarei aspettata piuttosto un appello più forte all’Ue, specificando tutto quello che stiamo facendo. Molte di queste persone hanno parenti in tutta Europa: ecco perché insisto che bisogna dividere l’accoglienza tra tutti i paesi europei.

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