San Giovanni Paolo II, un uomo forte perché servo solo della Verità. Il racconto dell’amico filosofo Stanislaw Grygiel

Di Annalia Guglielmi
27 Aprile 2014
In occasione della canonizzazione (27 aprile), la lunga intervista concessa a Tempi dal pensatore polacco, vicinissimo a Wojtyla fin dagli anni di Cracovia

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Incontriamo il professor Stanislaw Grygiel, filosofo ed amico personale di Karol Wojtyla, venerdì 11 aprile a Varsavia, in margine alla conferenza di presentazione dell’edizione polacca del suo libro Dialogando con Giovanni Paolo II, pubblicato in Italia da Cantagalli.

GrygielIl 27 aprile papa Wojtyla sarà fatto santo. Quando e come lo ha conosciuto?
L’ho conosciuto nel 1958, qualche settimana dopo la sua nomina a vescovo ausiliare di Cracovia. Gli chiesi di ammettermi al suo seminario di dottorato in filosofia. Dopo un breve colloquio molto amichevole mi accettò e così mentre ancora studiavo filologia polacca all’università Jaghellonica iniziai il dottorato filosofico all’università di Lublino. Il tema era Sartre e la sua “promessa” di un’etica che non ha mai elaborato.

Karol Wojtyla si dedicò fin dall’inizio ai giovani, soprattutto studenti universitari.  Come era il suo metodo? Cos’era la comunità “L’ambiente”, o la “Famigliola”, come veniva da voi definita?
L’idea di occuparsi pastoralmente dei giovani viene dal cardinale Sapieha, che chiese al giovane sacerdote Jan Pietraszko, che poi divenne vescovo ausiliare di Cracovia, di occuparsi degli universitari, e lo nominò rettore della chiesa di Sant’Anna, che era la chiesa della pastorale universitaria di Cracovia. Fu lui a trovare il modo per svolgere un’opera con i giovani e per i giovani. Wojtyla ha seguito le sue orme. Pietraszko è stato veramente il suo maestro, come scrisse Giovanni Paolo II nel telegramma inviato dopo la sua morte. Pietraszko è Servo di Dio, perché è in corso il processo di beatificazione. Una volta, in presenza di mia moglie Ludmila e mia, il Papa disse al vescovo Jan: «Io imparo la teologia da te».
Il loro metodo era molto semplice: essere presente nelle gioie, nelle difficoltà, in tutti i problemi dei giovani. Per questo la loro pastorale non si limitava alla predicazione. Ovviamente c’erano le prediche, i ritiri spirituali, c’era il confessionale che aveva un posto molto importante. Però la “magna pars” consisteva proprio nell’essere presente. E la presenza di questi due grandi sacerdoti e pastori univa i giovani. Non solo. Univa anche tutti i partecipanti a questo lavoro. Così nasceva già una piccola società, il nucleo di una società nuova. Molto importanti erano anche le vacanze insieme, i ritiri, il mangiare insieme, pregare insieme e insieme lavorare. Tutto qui. Noi imparavamo da loro. Loro imparavano da noi.

Che cos’era per lui la cultura? Come ha educato generazioni di giovani ad avere una libertà di giudizio dentro un regime come quello comunista che opprimeva le coscienze e imponeva la “propria” verità sull’uomo, la storia, la nazione?
Per loro, per lui, la cultura era come il lavoro del contadino che coltiva la terra sperando nei frutti futuri, nel raccolto. Coltivavano la terra che era dentro le loro persone. Il vescovo Wojtyla arava la terra in se stesso e arava con noi la terra che era in noi, dentro le nostre persone. Arava, e dopo aver arato seminava la Parola di Dio, cioè Gesù Cristo. E da questo seme che è Gesù Cristo lui e noi speravamo di poter avere qualche buon raccolto. Questa è la cultura che si opponeva a ciò che io chiamo “produttura” che a quei tempi cominciava a dominare in Polonia, cioè una mentalità che dice “tutto dipende da me, io posso fare tutto ciò che voglio, posso produrre tutto ciò che voglio”. E quindi si può produrre perfino la salvezza. A questa pretesa consegue la laicizzazione. Perché la laicizzazione consiste nell’eliminare la cultura. Cioè nell’abbandonare il lavoro del seminare e nello smettere di aspettare i frutti. Tutto deve essere immediato.
Oggi mi pare che anche il lavoro pastorale pecchi di questa “produttura”, perché invece di essere cultura, cioè arare, arare e seminare, c’è questo attivismo che cerca di produrre perfino la salvezza. Tutti devono sentirsi bene, tutti devono essere felici, e così si produce un disastro. Basta leggere ad esempio la conferenza del cardinal Kasper: c’è un secondo matrimonio, sono felici, hanno dei bei bambini, e allora perché impedire loro la gioia del legame con l’Eucarestia? Questo io penso sia proprio un sintomo della “produttura” che irrompe nel lavoro pastorale della Chiesa e lo distrugge. Questo è puro marxismo, perché la praxis decide del logos, della verità. Il mio arare decide di tutto. Io invece penso che l’uomo di cultura attacchi il suo aratro alle stelle e per questo sia veramente uomo di cultura. È uomo di cultura se non solo attacca l’aratro ai buoi, ma al cielo, altrimenti rimane solo la “produttura”.

Perché lei nel suo libro Dialogando con Giovanni Paolo II lo definisce “Vir fortis”?
L’uomo da solo è debole, non ha le forze necessarie per resistere, ad esempio, alla laicizzazione che irrompe oggi nella società e nella Chiesa. L’uomo è forte solo quando si appoggia a ciò che è forte. E forte è la verità, cioè il fatto, i fatti. Ecco perché definisco Wojtyla “Vir fortis”, perché lui era legato alla verità, era servo della verità, non servo di se stesso. In questo senso era libero da se stesso, e gli uomini che sono liberi da se stessi sono veramente forti, non hanno paura di niente e di nessuno, perché è la verità che li difende. Da questo punto di vista uomini come il vescovo Pietraszko o il vescovo Wojtyla e tanti altri, anche molti di noi studenti, erano forti. Perché erano amanti della verità e si sentivano amati dalla verità, cercandola incessantemente. Questo amore e questo essere amati erano la loro forza, li rendevano “Vires fortes”.

Cos’era per lui la bellezza?
La sua visione della bellezza era profondamente metafisica. La bellezza per lui è il pulchrum trascendentale in cui si rivelano insieme verum e bonum, la verità e il bene. La verità e il bene non appaiono come verità e bene in sé. Si rivelano a noi nella forma del bello. Ci chiamano attraverso il bello. Io sono attratto dal bello. È un’evidenza. È quello che afferma Norwid quando dice che il bello ci chiama al lavoro. E quando lavoro per la verità e per il bene che sono belli, io risorgo nella Bellezza che mi ha chiamato.
Qui torniamo alla presenza di Karol Wojtyla tra i giovani: presenza significa porsi in modo da far vedere attraverso di sé la verità dell’uomo. È ciò che dice il nostro poeta Krasinski: la Bellezza scorre attraverso di noi, è il torrente della Bellezza, ma noi non siamo la Bellezza, noi siamo il riflesso della Bellezza. La bellezza non è l’estetica delle forme vuote, perché la bellezza delle forme vuote serve solo come orpello. Invece, la Bellezza che proviene da Dio è una casa, una dimora per l’uomo.

Qual è stato il ruolo della cerchia di intellettuali raccolti nei Klub dell’Intellighencja Cattolica, nelle riviste Znak e Tygodnik Powszechny, con cui Wojtyla collaborò molto da vicino?
Wojtyla collaborava con tutti gli intellettuali cattolici in Polonia, ma soprattutto con quelli di Cracovia. Non so come sia accaduto che dopo la guerra siano venuti a Cracovia molti intellettuali da Vilnius, da Lwów, e da Varsavia. Fu una cosa provvidenziale. Nel 1945, ancora prima della fine della Seconda Guerra mondiale, l’arcivescovo cardinal Sapieha fondò la rivista Tygodnik Powszechny che all’inizio era proprietà della Curia di Cracovia. Che cosa voleva l’arcivescovo Sapieha? Voleva che nel futuro, di cui non si sapeva niente perché era oscurato dal comunismo, salvassimo soprattutto la cultura, perché non avremmo potuto lottare militarmente, sarebbe stata una tragedia. E quindi, la cultura. Per questo ha dato al vescovo Pietraszko il compito di organizzare la pastorale degli universitari, cioè la futura élite intellettuale polacca.
Wojtyla aveva capito che l’unica via percorribile in quei tempi era creare la cultura, cioè insegnare ai giovani ad arare la loro terra con un aratro attaccato al cielo, alle stelle, ai «valori non negoziabili», come ha detto Benedetto XVI. In quella situazione noi sapevamo molto bene cosa significasse “valori non negoziabili”. Oggi molti, anche nella Chiesa, non lo sanno più e li mettono in dubbio. Perché? Penso che il benessere ci abbia resi troppo borghesi. Noi adesso stiamo navigando, ma non vediamo nessun faro e per questo non sappiamo dove andare. Tutto è negoziabile. Dunque, si può fare tutto quello che si vuole. Pur dicendo che siamo cristiani, viviamo come se Dio non ci fosse.
Così la libertà è divenuta tolleranza, l’amore è divenuto istinto che approfitta degli istinti altrui, non siamo più capaci di affidarci per sempre, facciamo solo società a responsabilità limitata. E quando abbiamo ricavato gli utili ci separiamo per entrare in altre società a termine per produrre altre cose più comode e più piacevoli. Tutto per noi è diventato negoziabile, l’altro e noi stessi compresi. Questo è il nichilismo. Quello che ha talmente spaventato Nietzsche da farlo impazzire. Nietzsche si è spaventato proprio di ciò che noi oggi stiamo vivendo. E che comincia a prendere piede anche nella Chiesa.

Che cosa ha voluto dire per voi suoi amici la sua elezione a Pontefice? Avete temuto che potesse non essere compreso in Occidente, dove, a parte poche eccezioni come don Giussani, don Francesco Ricci e la casa editrice Cseo da lui fondata e innervata in Comunione e Liberazione, sostanzialmente non si conoscevano né il cardinal Wojtyla, né la situazione dei paesi dell’Est?
A costo di sembrare superbo, devo dire che noi non abbiamo avuto paura di non essere compresi, perché questa incomprensione noi l’avevamo già vissuta prima dell’elezione del Papa. Parlando con gli intellettuali occidentali, anche con quelli cristiani, cattolici, ci rendevamo conto che loro non ci comprendevano. Per loro il marxismo era un gioco intellettuale. Mentre per noi era un problema di essere o non essere. Questo faceva una differenza enorme. Loro potevano giocare perché erano protetti dagli Stati Uniti. Noi, invece, non eravamo protetti da nessuno, tranne che dalla verità. Quindi ci siamo attaccati, incatenati alla verità. E questo attaccamento alla verità ci liberava da qualsiasi paura.
Noi non avevamo paura degli intellettuali occidentali. Noi avevamo paura di crollare, di perdere la fiducia in Dio, di commettere qualche errore per cui poi avremmo potuto essere ricattabili dai servizi segreti. Ricordo che una volta ho letto un articolo di un teologo tedesco che diceva che siccome la Chiesa tedesca sosteneva economicamente in misura maggiore la Chiesa universale, allora la Chiesa tedesca avrebbe dovuto avere un maggior peso nella Chiesa universale e le decisioni più importanti avrebbero dovuto essere prese in Germania. Scosso da questa lettura andai dal cardinal Wojtyla e gli dissi: «Legga qua, come è possibile una cosa del genere?». Lui mi rispose: «Sì, sì me lo aspettavo, però verrà un tempo in cui loro verranno da noi a chiedere aiuto».
Una figura come don Francesco Ricci è molto significativa, perché lui era uno dei pochi che ci ha compresi, era uno di noi, non solo di noi di Cracovia, ma di tutta la Polonia, dell’Ungheria, della Cecoslovacchia e di tutto l’Est europeo dove la gente, se non era attaccata alla verità, viveva in una continua paura. Credo che don Ricci avesse capito molto bene le parole “Lux ex Oriente”, cioè credo che da questa gente dell’Est sarebbe potuto venire un aiuto per la Chiesa e per tutto il mondo. Don Ricci conosceva il cardinal Wojtyla credo già dal 1964 o dal 1965. Quando veniva a Cracovia dormiva da noi su un lettino da campo russo, a cui dovevamo aggiungere due sedie per allungarlo. Ricordo che una volta il cardinal Wojtyla era venuto da noi alla sera tardi e poco dopo arrivò don Francesco, che, vedendo la mia famiglia seduta a tavola con il cardinale a mangiare qualcosa, disse a chi era con lui: «Guarda, questo qui dovrebbe essere papa».
Mi sembra che don Francesco avesse un fiuto profetico. Era molto apprezzato, addirittura molto amato dal cardinale prima e poi Papa. Tre anni dopo la morte di don Francesco, durante una cena e senza che nessuno glielo avesse chiesto, il Papa ci disse: «Io ogni giorno durante la Messa prego per don Ricci». Don Ricci e alcuni come lui, poi, hanno aiutato la parola di Giovanni Paolo II a entrare nel mondo.
C’è una cosa interessante: due o tre anni dopo la sua elezione dissi al Papa: «Padre, adesso lei è così solo nella Chiesa, perché molti teologi sono contro, addirittura molti vescovi la criticano. Sembra di essere tornati un po’ come ai tempi dell’arianesimo, quando praticamente tutti i vescovi si erano staccati dal Papa e lui era rimasto solo». Giovanni Paolo II mi guardò e mi disse: «No, io non sono solo, con me ci sono i laici nella Chiesa». E questo era vero, non so perché, ma i laici hanno capito meglio, immediatamente meglio Giovanni Paolo II, rispetto agli altri. Ma, ripeto, lui non aveva paura di essere incompreso. Un giorno gli dissi: «Lei dice tante cose durante le udienze, però pochi ascoltano, non so che effetto abbiano queste sue parole». Mi rispose: «Non ha nessuna importanza, alcune cose devono essere dette, poi quando porteranno frutto non dipende da me, non è un mio problema».

Ci dice qualcosa del rapporto di Giovanni Paolo II con i movimenti ecclesiali?
Per lui la Chiesa dovrebbe essere un movimento, perché parte dall’atto della creazione, allora questo scorrere della Chiesa, negli uomini e attraverso gli uomini, come bellezza, è un movimento. Un torrente divino che diventa anche umano, perché scorre attraverso gli uomini. Nella Chiesa noi viviamo ogni giorno una incarnazione della Bellezza divina che si rende umana. Come nel torrente l’acqua sorgiva cambia, ma è sempre sorgiva, perché viene dalla sorgente.

Come ricorda il primo pellegrinaggio in Polonia di Giovanni Paolo II, nel 1979?
In un certo modo ero preparato da mesi al pellegrinaggio e poi l’ho vissuto in Polonia insieme a don Francesco Ricci. Abbiamo partecipato insieme, soprattutto a Cracovia, agli incontri con la gente e alla liturgia, e insieme ascoltavamo le parole di Giovanni Paolo II e ricordo che una volta don Francesco ha scritto in un articolo che io gli avevo detto mentre guardavamo quella immensa folla di persone libere, unite, che avevano recuperato la fiducia gli uni negli altri: «Vedi quello che sta succedendo? Se adesso lui dicesse di fare una rivolta, lo seguirebbero tutti. Ma non lo dirà, perché questo Papa non fa politica e non farà mai politica. Lui senza fare la politica, la cambierà. È come la Croce che non è un fatto politico, però nessun fatto, nessun evento nella storia, ha cambiato, cambia e cambierà la politica, così come lo fa la Croce». In questo senso Giovanni Paolo II ha cominciato a cambiare il mondo, prima in Polonia, poi nei paesi intorno alla Polonia, quindi in Europa.
Noi eravamo sicuri che un novum cominciava a tralucere nel buio in cui vivevamo a quel tempo. Però questo tralucere non ci diceva ancora quale sarebbe stato il futuro. Quale sarebbe stata la realtà verso la quale stavamo cominciando a camminare. In cuor mio pensavo che nel giro di qualche anno ci saremmo staccati dal blocco sovietico, ma non era questa la cosa più importante. La cosa più importante era la conversione accaduta negli uomini che avevano smesso di aver paura l’uno dell’altro e cominciavano ad avere fiducia l’uno nell’altro. Se il sistema comunista si reggeva perché era costruito sulla paura, sulla nostra paura, se quella paura spariva, era logico che sarebbe sparito anche il sistema, perché veniva meno il pilastro principale su cui poggiava.

grygiel-dialogando-con-giovanni-paolo-iiPoco dopo l’elezione lei mi disse: «È un mistico, è veramente un santo». Rimasi stupita, perché all’inizio del pontificato non si aveva la percezione che fosse un mistico. Perché disse quelle parole?
Non ho certamente pensato alla sua canonizzazione, ma ho pensato che se in tutto ciò che fa e in tutto ciò che è, un uomo afferma la verità, questi è un vero uomo. Cioè, un uomo libero. E per me la libertà è sinonimo di santità. E Wojtyla era un uomo libero. E mistico perché era legato alla verità e al bene che non sono di questo mondo. Se Dio non c’è non si può parlare della verità e del bene: tanti uomini, tante verità, tanti beni. Ma chi convive con la verità, convive con una realtà che si trova al di là del mondo, anche se è presente nel mondo.
Per questo il Trittico romano (raccolta di dodici liriche che Karol Wojtyla ha redatto da papa e pubblicato nel 2003, ndr) per me è veramente un punto definitivo che lui ha messo alla fine della sua vita. Quando Giovanni Paolo II grida: «Dove sei sorgente? Dove sei sorgente?», egli leva il grido del mistico. Ma questa sorgente lui l’ha sempre cercata: quando era studente laico, e poi giovane seminarista clandestino, prete, vescovo, cardinale, papa. Chi contempla il torrente contempla la sorgente pur senza vederla. Chi ascolta come il poeta il mormorio del torrente sente la voce della sorgente. Questo era Wojtyla.

Cosa pensa delle parole del cardinal Martini che troviamo nella sua testimonianza al processo di beatificazione di Giovanni Paolo II, riportate nel libro di Andrea Riccardi La santità di papa Wojtyla, secondo cui furono «non sempre felici le nomine e la scelta dei collaboratori, soprattutto negli ultimi tempi», fu eccessivo l’appoggio dato ai movimenti «trascurando di fatto le Chiese locali» e fu forse imprudente nel porsi «al centro dell’attenzione – specie nei viaggi – con il risultato che la gente lo percepiva un po’ come il vescovo del mondo e ne usciva oscurato il ruolo della Chiesa locale e del vescovo», per cui l’allora cardinale di Milano non ne riteneva necessaria la beatificazione?
Non so se il cardinal Martini ha detto queste parole riportate da Andrea Riccardi, ma supponiamo che l’abbia fatto. Giovanni Paolo II aveva capito che se si fosse lasciato intrappolare nelle riforme della Curia non avrebbe fatto niente per la Chiesa, allora ha riposto la propria fiducia nei collaboratori e ha cominciato a camminare per il mondo. Un giorno all’inizio del pontificato ho parlato con il famoso filosofo padre Cornelio Fabro, che mi ha detto: «Ho capito perfettamente ciò che sta facendo questo Papa: nei suoi pellegrinaggi lui sta costruendo gli argini contro l’ateismo, perché l’ateismo potrebbe straripare come un fiume. È una scelta profetica». Penso che padre Cornelio Fabro su questo punto sia più autorevole di chi critica i pellegrinaggi di Giovanni Paolo II.
Non ho seguito questa discussione provocata dall’articolo del Corriere della Sera, però da quello che mi dici posso dire solo questo: non conosco nessun Papa che avrebbe nominato solo le persone più idonee secondo i nostri criteri. Le nomine possono sempre essere criticate. Ogni anno le nomine sono tantissime e quindi è impossibile non “sbagliare”. Ma nella Chiesa penso ci sia anche la presenza dello Spirito Santo e credo che in questa ottica anche le nomine “sbagliate” entrino nel piano salvifico di Dio. È vero: c’erano, ci sono e ci saranno nomine “sbagliate”, nessun Papa ne é esente, ma non so se questi “errori” non sono necessari per farci vedere che la Chiesa è edificata non sugli uomini, ma su Cristo e sulla Sua forza. Se così non fosse io avrei dei dubbi, e la Chiesa sarebbe il luogo non tanto della cultura, quanto della “produttura”, forse addirittura del nichilismo.
Infine, l’appoggio dato ai movimenti. Se i movimenti sono a immagine e somiglianza della Chiesa, chi appoggia i movimenti appoggia anche la Chiesa. Giovanni Paolo II non ha appoggiato i movimenti per se stessi, ma per la Chiesa. Perciò non capisco molto questa critica. Forse il cardinal Martini ha avuto un’esperienza non troppo felice dei movimenti, ma credo che sarebbe dovuto andare un pochino al di là della propria esperienza e vedere oltre, vedere un po’ più lontano. Nella Chiesa chi non guarda più lontano, chi è miope, cioè non è mistico ma miope, può anche recare danno con le sue battute.

Giovanni Paolo II disse: «L’Europa sarà cristiana o non sarà» e soffrì molto perché nel testo della Costituzione europea non si volle inserire il riferimento alle radici greco-giudaico-cristiane del continente. Alla luce della crisi dell’Europa come giudica questa “profezia”?
Torniamo di nuovo al tema della sorgente. Quali sono le sorgenti dell’Europa? Dove è nata l’Europa? L’Europa è nata su due piccole alture: il Golgota e l’Areopago. Atene e Gerusalemme. E poi ciò che è nato lì è passato a noi filtrato dalla cultura di Roma. È così che si è costituita l’Europa. L’Europa è un fatto. Se l’Europa vuole rimanere Europa così come è questo fatto non può prescindere dalle sorgenti. Il torrente che si stacca dalla sorgente diventa secco, non è più torrente. Resteranno gli uomini, ma vivranno come vivono gli uomini nelle altre culture.
Possiamo immaginare l’Europa come un Giappone, sarà su questa terra europea, ma sarà un Giappone, non l’Europa. Questo è possibile. Ma è possibile anche che la sorgente del Golgota e dell’Aeropago si rivolga verso gli altri continenti. Nell’Africa settentrionale c’era una grande Chiesa, e oggi non c’è più. E lo stesso può accadere con l’Europa. Sarà un’altra realtà umana, perché non sarà più divinamente umana o umanamente divina. Se non sarà cristiana, non sarà Europa.
Penso che se ne rendano conto anche quelli che hanno scritto la Costituzione europea. Per esempio Giscard d’Estaing. Il Papa gli chiese perché nella Costituzione non avevano menzionato i valori cristiani. Rispose che lui avrebbe voluto inserirli, ma “loro” glielo avevano proibito. Loro chi? Poi in un’altra occasione ammise di avere scritto lui stesso il testo. Quindi aveva mentito. Penso che ci sia chi vuole cambiare l’Europa, perché odia l’Europa così come essa è. C’è chi vuole un’altra Europa. Chi? Forse chi si è annoiato: non essendo più cristiani si sono annoiati del cristianesimo, della fede, ma gli uomini annoiati sono pericolosissimi, perché vogliono distruggere ciò che provoca in loro la noia.
Davanti a noi c’è un buio, un futuro incerto. Adesso si vede bene che, poiché in Europa non poggiamo più sui valori non negoziabili, la società è crollata, è debolissima, non ha alcun ideale per cui lottare, non resiste alle ideologie. Di conseguenza è debole anche militarmente. La politica non c’è più perché il pensiero politico è stato sostituito dall’economia. Se arriva qualcuno con un’idea per lui non negoziabile, l’Europa non sa come rispondere, ha paura, e cede.
Possiamo finire con una battuta. All’inizio del 1800 i cosacchi dell’esercito russo sono entrati a Parigi e bevendo vino gridavano ai camerieri «In fretta! In fretta!», che in russo si dice «Bistro! Bistro!». E la parola bistrot è rimasta. Penso che tra qualche tempo anche altre parole entreranno nel vocabolario europeo.

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41 commenti

  1. Paolo

    La Chiesa non sarà mai popolare, vincere in questo contesto. In un’epoca è accusata di effeminatezza, per essere contrara alla guerra. Nella successiva di essere guerrafondaia. Un tempo era accusata di indulgenza verso i peccati “carnali”, poi di puritanesimo. E’ accusata di avere la testa fra le nuvole, quando deprezza il “mondo”, le realtà che passano, il PIL. Poi, al contrario, di essere la serva della borghesia. Insomma, la Madre Chiesa è sempre sospettata e accusata di qualcosa. Lo sarà sempre. Ma io ho deciso già da molti anni di fidarmi di questa Madre (e Maestra). Detto fra i denti: Gesù non mi domanda un servizio part time. Se gli dicessi di sì solo nelle cose che non mi toccano più di tanto, che amore sarebbe? Non potrei mai e poi mai dire al mio Signore (sia sempre benedetto!) o alla Chiesa: Beh! Solo fino a un certo punto, non il conto in banca, il revolver (se fossi Yankee), la lingua (e le labbra) o esclusi quei cm sotto l’ombelico. Non ha senso.
    L’insegnamento della Chiesa è veramente liberante. Il prof. Grygiel , dell’istituto GPII, voluto dal Santo Padre proprio il 13 maggio 1981, il giorno dell’attentato,è stato un mio insegnante. Ho sperimentato sulla mia pelle come la rivoluzione sessuale sia degradante e porta con sè un bel po’ di …”impicci”, e sangue. Ascoltare questo rende infelici? Può essere. Ma contra factum non valet argumentum. Essere cattolici oggi, anche in Italia, a Roma, può essere qualcosa che fa ridere, come minimo. Fa ridere i soliti benpensanti e importanti uomini di cultura e di mondo. Venerdì Santo abbiamo visto quello che hanno fatto sta gente a Gesù. Non imitiamoli, oggi, Sabato Santo dell’umanità (liturgia maronita) ma confidiamo nella divina Misericordia, anche per loro, alleluia!

  2. GP2

    Il Professor Grygiel ha insegnato per lunghi anni e continua nella sua collaborazione con l’istituto Giovanni Paolo II per studi su Matrimonio e Famiglia che ha sede in Roma.

    L’Istituto Giovanni Paolo II si pone a servizio del cammino sinodale sulla famiglia, voluto da Papa Francesco. La grande sfida è mostrare la convenienza umana della proposta cristiana sul matrimonio e la famiglia come elemento essenziale della nuova evangelizzazione.

    Per chi volesse approfondire l’insegnamento di Giovanni Paolo II sul sito http://www.istitutogp2.it è presente una serie di pubblicazioni tra cui quella citata nell’articolo:

    http://www.istitutogp2.it/dblog/storico.asp?s=7+-+Pubblicazioni+e+approfondimenti

  3. mo

    W Giovanni Paolo II! il Papa della giusta restaurazione nella Chiesa dei diritti di Dio dopo le follie del postconcilio. Arrendetevi, laicistxi di ogni risma, Cristo ha già vinto. La vostra pseudo società ha insite le ragioni del suo suicidio.

  4. AndreaB

    Giovanni Paolo II e’ stato un grande Papa ed e’ un grande santo, un grande proclamatore della Verita’ e della giustizia, ma soprattutto un grande esempio di verita’ e di giustizia. Come tutti i fautori del bene e come tutti quelli che hanno a cuore la vita umana, si e’ adoperato per difendere l’uomo in ogni fase della vita, dal concepimento alla morte, contro tutte quelle ideologie di onnipotenza e distruzine tipiche di chi disprezza i valori cristiani.

  5. Anna Paola

    Nei confronti della donna, Giovanni Paolo II, vittima del suo conservatorismo teologico ha dovuto assumere un atteggiamento ambiguo. Le parole del papa quali ad esempio “la donna è un segno della tenerezza di Dio verso il genere umano” sono state più volte riprese per sottolineare la sua benevolenza verso il sesso femminile ma la donna che Wojtyla ha in mente è la madre del Cristo, disponibile alla tenerezza e alla compassione non la donna moderna che si è emancipata, divorzia, usa i contraccettivi, abortisce e pratica anche l’omosessualità.
    Con il suo intransigente no al sacerdozio femminile, alla contraccezione, alla liberazione della donna della condizione di subalternità nella famiglia e nella società, il pontefice ha contraddetto i suoi sentimenti di generosità verso l’altro sesso.

  6. filomena

    Karol Wojtyla è stato il papa della restaurazione. Alla fine degli anni settanta, era proprio questa la figura che ci voleva in un momento in cui la borghesia a livello mondiale iniziava la sua svolta conservatrice all’insegna dei dogmi antiliberisti. Non a caso fu scelto un papa proveniente dall’Est europeo. La crociata di Giovanni Paolo II contro il comunismo, considerato come un vero e proprio “impero del male” da combattere senza tregua, acquisiva un valore aggiunto date le origini del papa polacco.
    Sul fronte interno della Chiesa, si legò fin dall’inizio alle sue componenti più reazionarie, come l’Opus Dei, proteggendo monsignor Marcinkus, presidente dello Ior (la banca vaticana), accusato di bancarotta fraudolenta per lo scandalo del Banco ambrosiano alla fine degli anni settanta.
    Karol Wojtyla è sempre stato uno strenuo oppositore dei diritti delle donne e degli omosessuali. La Chiesa cattolica, al grido della difesa del “diritto alla vita” si è schierata contro il diritto all’aborto (una minaccia per l’umanità simile a quella posta dalle armi nucleari), al divorzio, all’utilizzo dei metodi contraccettivi e alla ricerca scientifica. Significativa la presa di posizione del Cardinale Ruini per il boicottaggio del referendum sulla procreazione assistita.
    La critica di Wojtyla al capitalismo è sempre stata all’insegna di una critica alla “modernità” e per un ritorno al Medio Evo, dove la Chiesa Cattolica godeva di un enorme potere politico ed economico.
    Nel 2001 ha beatificato oltre duecento sacerdoti uccisi dai repubblicani durante la Guerra Civile Spagnola perché si erano collocati nel campo franchista.

    1. Toni

      @ Filomena
      Quanto su Marcinkus , quanto sul ritorno al medio evo (che tu immagini essere quello del “Nome della Rosa”), quanto su 200 sacerdoti beatificati e… su tutto il resto, dimostri di avere la cultura forgiata peggio che sulla Pradva . Esprimi una marea di pregiudizi, inesattezze che a confutarle una per una si impiegherebbe una marea di energia per avere in cambio il tuo silenzio.- Un inutile spreco dato che, nella successiva discussione, come un disco rotto, riproporresti la solita solfa.
      Goditi le tue “conquiste” fatte di aborti , eugenetica , metodi contraccettivi e sesso… solo ricreativo (mi raccomando!) … tutto a celebrare una parodia di libertà fatta per alienati, privi di senso della vita.

      1. filomena

        Toni
        Ma possibile che non riesci ad essere anche solo un po’ critico rispetto a qualsiasi persona o cosa che riguarda Santa Madre Chiesa? Rischi veramente di essere poco credibile se dimostri di usare il ragionamento solo per approvare incondizionatamente quello che proviene da quella fonte.

        1. filomena

          @ Toni
          La Chiesa a vostro dire difende la vita dal concepimento alla morte. Cosa mi dici allora rispetto al fatto che la dottrina cattolica ancora oggi non esclude espressamente la pena di morte? Il reo dunque non è una persona?
          «L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani.»
          La commissione composta di dodici cardinali e vescovi alla quale, nel 1986, era stato affidato l’incarico di redigere questa perla del catechismo, pubblicata nel 1992, era presieduta dall’allora cardinale Joseph Ratzinger, poi papa Benedetto XVI. Successivamente il concetto viene ripreso nel “Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa” dove si indica che: «Seppure l’insegnamento tradizionale della Chiesa non escluda la pena di morte “quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani” sarebbe meglio, bontà sua, usare metodi meno cruenti.
          Nel giugno 2004 poi, Ratzinger inviò, in qualità di prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, una lettera al cardinale Theodore Edgar McCarrick – arcivescovo di Washington – e all’arcivescovo Wilton Daniel Gregory – presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti d’America – nella quale affermava che tuttavia può essere consentito fare ricorso alla pena di morte.
          Forse che ora essendoci un Papa forse un po’ meno reazionario ci metterà mano? Chi può dirlo?

          1. Toni

            @ Filomena
            «L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’UNICA VIA PRATICABILE per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani.»
            Non vedo che ci vedi di strano: immagina un supercriminale (aggressore ingiusto) che dal carcere è in grado ha determinare la morte ” di esseri umani”.
            Ti sembra fantasia? No… è una ipotesi contemplata nel “Dei delitti e delle pene” di Beccaria .

            PS – Ti prego Filomena , non andarmi a parare , grazie ad un triplo salto mortale, con doppio avvitamento, ad un paragone tra “aggressore ingiusto” ed il criminale “embrione” (per me bambino).

          2. filomena

            Da Beccaria ad oggi qualche passo avanti lo si è fatto. La pena di morte non è giustificata in nessun caso almeno nella legislazione italiana. Se poi ti riferivi, ma non credo, alla legittima difesa è un altro discorso ma in questo caso lo Stato che dovrebbe comminare la pena non può ovviamente invocarla. Come vedi io non sono affatto come qualcuno mi accusa per una cultura della morte. Rispetto all’ embrione che tu hai citato come paragone ti ribadisco che per quanto mi riguarda non è una persona e quindi con l’aborto non si ammazza nessuno. A proposito comunque perché non ti vai a leggere quello che è successo a una ragazza il giorno dopo Pasqua?

          3. Toni

            Non vuol dire niente che la pena di morte non è giustificato dalla legislazione italiana. Ma poi che razza di argomentazione fai? Hai posto una questione ed io ti ho risposto che è moralmente legittima in casi di extrema ratio (come legittima difesa) . Così la guerra , esistono (per ipotesi) guerre giuste (ed aggiungo il pacifismo che oggi va per la maggiore avrebbe fatto schifo a Gandhi).

            PS – Lo so che per te non si ammazza nessuno con l’aborto … è una tua meravigliosa conquista emotiva!

          4. filomena

            Per me l’aborto sarà una meravigliosa conquista emotiva, cosa che peraltro io non ho mai detto. Tu però che giudichi moralmente inaccettabile l’aborto perché si ammazza una presunta persona, consideri moralmente accettabile uccidere molte persone con le guerre o chi si macchia di determinati reati. Ammetterai che non è un ragionamento molto coerente. Almeno io giusta o sbagliata che sia ti ho dato la mia spiegazione del perché non sono contraria all’aborto. Non credo sia sostenibile dire che per esempio i civili che muoiono nelle guerre compresi i bambini che ti stanno tanto a cuore, non sono persone. Sulla pena di morte devo dedurre che tu sei dunque a favore della legge del taglione per quanto riguarda gli assassini?

          5. Toni

            @Filomena
            La mia principale accusa al Filomeno-pensiero la l’incapacità di vedere le differenze … per cui ti ho parlato di guerra giusta e tu me le regali tutte, ma andiamo per ordine:
            1) La presunta persona è nella tua testa, non nella mia. La vedi presunta per una “lesione” emotiva indotta da un lungo e sistematico lavaggio del cervello che ha snaturato donna, sessualità, umanità e libertà.
            2) Sulla guerra la penso così: “è già nobile difendere l’onore, la proprietà e la religione a fil di spada. E’ ancora più nobile difenderli cercando di non nuocere al colpevole. Ma è indegno di un uomo, innaturale e disonorevole, abbandonare il proprio posto e lasciare proprietà, onore e religione alla mercé del delinquente”. …. lo diceva un litigioso di nome Gandhi (si , ma lo so… voi avete fatto i passi avanti… come con Beccaria… ed avete coraggio da vendere … con gli embrioni )
            3) Sulla pena di morte… è la stessa cosa… sono per la pena di morte in un solo caso (anzi due … seguendo Beccaria) , ma tu, i casi, me li regali tutti.

          6. filomena

            Dunque vedi che di fronte all’onore, la proprietà e la religione diventi pure tu relativista e sei disposto ad usare la spada. Che poi tu lo abbia mutuato da Gandhi o da chiunque altro poco importa. Se lo hai fatto pensando il suo pensiero mi rappresenti ti sbagli. Potrei dire inoltre che anche tu soffri di una lesione emotiva indotta dal dogma religioso che ti impedisce di provare empatia nei confronti di chi muore in guerra sia pure per difendere la proprietà o l’onore. Per non dire chi subisce le armi e basta. Anche i delinquenti sono persone. E non credere che per me sia facile dire questo per esempio nei confronti di uno stupratore o un assassino ma ammazzarlo sarebbe fare la stessa cosa che ha fatto lui.

          7. Toni

            “alla mercé del delinquente ..” giusto hanno sbagliato con i nazisti… brava, mi hai convinto… cavolo, ma come non ci ho pensato prima! Un faro!

            PS – Filomena sei una furia …. cieca!

          8. Toni

            @ Filomena
            Dimenticavo , le frase la devi leggere tutta, senza vivisezionarla… cosa che nel tuo credo riesce bene.
            Parlavo di guerra, e tu che non capisci le differenze, l’hai estesa a piacimento.
            Inoltre trovo profondamente vigliacco quello che hai scritto… Se la nostra gente, per esempio, fosse vittima di eserciti che praticassero “lo stupro etnico” ed aberrazioni simili da te(e pacifisti simili) che aiuto avrebbero?
            Invochereste le conferenze internazionali? Lo sciopero della fame e sete pannelliano? Organizzereste un concerto musicale?
            La verità , pura e semplice, è che siete talmente presi da una allegra e superficiale visione della vita che non volete alcun intoppo (gravidanze… aborto, malattia…. eutanasia, guerra subita …. fuga vigliacca).

            Il mio rigetto dell’aborto, va ampiamente anche oltre il mio senso religioso. Lo precede.
            E ti assicuro, che ancor peggio dell’aborto, trovo aberrante “la difesa dell’aborto”.

        2. Toni

          @ Filomena
          Approvare incondizionatamente…io ? …. partiamo da Marcinkus. Mi sai dire come sei arrivata alle sue colpe? Vediamo che profonda ed “incondizionata” analisi critica hai fatto tu per esprimere un giudizio così sapiente! Ti aspetto… fai con comodo!

          PS – Poi parliamo se vuoi dei 200 sacerdoti!

    2. Franceschiello

      Il Medioevo (quello vero, non quello raccontato da quei ciarlatani degli storici illuministi) era un periodo ben più umano della nostra attuale modernità.
      Ma tu continua pure a credere alle “magnifiche sorti e progressive”.

      1. filomena

        Tutti gli storici definiscono il medioevo un periodo di involuzione dopo la caduta dell’Impero Romano. Ovviamente voi da cattolici reazionari difendere una epoca in cui la chiesa spadroneggiava su tutto e su tutti. Possibile che la stragrande maggioranza degli storici abbia torto e solo voi in quanto unti dal signore abbiate ragione? Io se fossi in voi qualche domandina sull’affidabilità di Santa Madre Chiesa me la farei….

        1. Toni

          No Filomena… il termine medio evo è stato inventato dagli illuministi. La cosa che mi indigna è la tua spocchia che ti porta a dare per assodato solo quello che la cultura dominate ha lasciato passare come vero.
          Il “medioevo” è qualcosa di straordinariamente grande potente e complesso che solo a costo di una pigrizia mentale aberrante può essere definito come ai fatto tu con (alcuni) tuoi storici. Manifesti la volontà di non muoverti mentalmente di un centimetro … poi, grazie, che continui a scrivere le solite cose. Temi, forse, che se scoprissi la falsità della tua visione ( almeno nelle cose storiche) ti verrebbe il male al pancino?

          1. filomena

            Ma cosa stai dicendo? In primo luogo non c’era presunzione nelle cose che ho scritto. Sono nozioni elementari che tutti hanno studiato a scuola e che poi si leggono nei libri di testo. Casomai permettimi sei tu che dimostri saccenza nell’affermare concetti e interpretazioni che sono quantomeno controverse. Nel mio commento sottolineavo una cosa assodata e cioè che rispetto allo splendore della Roma imperiale, il periodo successivo ha segnato una battuta d’arresto in quanto a qualità di vita. Se poi mi permetti di esprimere una opinione e questa si personale e contestabile, il decadimento della qualità di vita è stato almeno in parte causato dal sopravvento della Chiesa che si è insediata sulle macerie dell’Impero Romano.

          2. michele

            La latinita aveva già dato il massimo nel I secolo a.C. Il cristianesimo ha dato a Roma una botta di vita! Roma rifulgeva per organizzazionece diritto, ma aveva pur
            r sempre la schiavitù, i ludi sanguinari, la crocifissione, il massacro delle genti riottose.

          3. filomena

            Ma certo non stavo mica sostenendo che nella Roma antica ci fosse equità sociale, diritti per tutti ecc. Era solo un termine di paragone con periodo successivo che probabilmente è stato peggiore di quello.

          4. Toni

            Per dirtene una : la schiavitù non riconosciuta legittima dalla Chiesa ….ma si … addirittura dagli illuministi! … che ne pensi?

          5. filomena

            La Chiesa di nefandezze in nome del peccato ne ha fatte di tutti i colori. E poi io ho citato l’illuminismo solo perché siete voi che che lo tirate fuori ad ogni pie sospinto. L’illuminismo ha presentato aspetti positivi ed aspetti negativi. Tra i primi e tu dovresti concordare se ho ben capito il tuo pensiero, si può apprezzare il primato della ragione per esempio.
            Accettò però tutte le critiche se parliamo di storia visto che non sono uno storico e a parte le riminiscenze di scuola superiore mi baso su letture di libri assolutamente alla portata di tutti

          6. Toni

            @ Filomena

            Non so a quali nefandezze ti riferisci “in nome del peccato” , ma se non sai la storia (perché non sei storica) non ti avventurare su terreni sconosciuti perché rischi di impantanarti.
            Per quanto riguarda la l’illuminismo ti dico che Voltaire è stato un buon padre dell’antisemitismo e del razzismo ( il “negro” incrocio scimmia- donna). Dico questo piccolo l’elemento per puntualizzare la malafede presente nella vostra cultura. Immagino se un orientamento di questo fosse stato espresso in una enciclica cosa sarebbe successo. Invece , giustamente, il Voltaire è un maestro di pensiero giustamente (ripeto) perché diceva “écrasez l’infâme” che vi piace tanto .
            La ragione ha avuto un primato (vero) nella cultura cattolica senza assurgere a divinità.

          7. filomena

            La vostra cultura….ho appena finito di dire che ho citato l’illuminismo solo perché lo fai tu ogni volta. Non ho la presunzione di abbracciare una filosofia in modo acritico. In ogni cultura ci sono aspetti positivi e negativi. Quindi non imputarmi ragionamenti ed appartenenze che non sono miei.

          8. Toni

            @ Filomena

            “…non imputarmi ragionamenti ed appartenenze che non sono miei”.
            Non intendevo sostenere che sei antisemita e razzista citando Voltaire. Ma sono sicuro che sorvoli volentieri su Voltaire (tu lo fai e tutti quelli che conosco che la pensano come te) per magari poi puntualizzare su “eppur se move” … Galileo (sulla quale la situazione è certamente diversa per contesto e natura).

            PS- Nei libri di testo della scuola di stato lo trovi che Voltaire era antisemita, razzista, ed un negriero? Se la risposta e no, come mai?

          9. filomena

            Aggiungo una riflessione sull’interpretazione della storia e in particolare del periodo legato all’illuminismo che ho visto fare da molti commentatori. Se questa è l’interpretazione della storia che viene fatta nelle scuole confessionali, mi chiedo veramente quale sia la qualità dell’insegnamento. Ma forse mi sbaglio e quello che ho letto qui è frutto di elaborazioni personali in questo caso legittime anche se opinabili.

          10. Toni

            Ma no!…… l’hai studiato a scuola. Sono nozioni elementari… da scuola …di Stato.
            Certo… cosa assodata in maniera elementare … . “rispetto allo splendore di Roma”, così a gioco hanno scelto “una battuta di arresto nella qualità della vita”.
            Filomena , ti prego, …. con la “caduta” dell’impero (lo sai perché, vero? I barbari, Ostrogoti, Unni, ecc) la popolazione dell’ ex impero fu ridotta da 25 ml. a 16 , terre incolte e paludi in tutta Europa … poche le terre coltivate, non bastava la selvaggina. I pochi contadini coltivavano 1 chicco di grano per ricavarne 2 (meraviglia se ne ottenevano 3) , vuol dire che gestivano la fame. Le popolazioni massacrate da normanni, pirati musulmani, magiari (con l’arrivo di questi pensavano la fine del mondo) … ma per te … l’hai studiato a scuola, il “decadimento è stato almeno in parte causato dal sopravvento della Chiesa” … e figuriamoci (ma grazie per ‘ “almeno”, ….l’ho notato).
            La Chiesa invece ha preso (la necessità l’imponeva) ed ha benedetto le armi (come facevano i romani) per iniziare a resistere prima e vincere dopo.
            La chiesa ha ricostruito il mondo dalle ceneri di un impero. E siamo solo all’inizio del tuo medio evo.

          11. filomena

            Visto che hai notato quel “almeno” avrai anche notato che l’ultima frase è riferita a una personale opinione non a quello che si insegna nelle scuole statali che viste le interpretazioni che ne date della storia voi che sostenete quelle confessionali, probabilmente non sono male.

          12. Toni

            @ Filomena

            Chi te le ha date le interpretazioni che diamo noi cattolici alla storia?

            No Filomena, quello che dici tu è tipico da programma scolastico statale nella versione post 68ina (lo noti da come è trattato Lenin).

          13. filomena

            Capisco che in quanto a pregiudizi sulla scuola pubblica e sugli anni 70 (anche se nel settanta io ero all’asilo) tu non hai nulla da invidiare ai miei sulla Chiesa. Forse però così per stemperare la conversazione potremmo entrambi cercare di essere un po’ più neutri non ti pare?

          14. filomena

            Ma scusa toglimi una curiosità. Visto che molto onestamente io ho ammesso di non essere uno storico e di non avere competenze specifiche in merito, tu che invece ti dichiari così sicuro di certe interpretazioni diciamo “inconsuete” hai una formazione specifica in merito o si tratta di posizioni che derivano dalle posizioni della chiesa?

          15. Toni

            Non “derivano dalle posizioni della chiesa”.

  7. Saverio

    Giovanni Paolo II si è fatto segnare la fronte con il segno di Shiva (Lingam): che conoscesse o ignorasse il valore di questo sacramentale infero, resta che è arduo conciliare la santità cattolica con l’accettazione, a dir poco imprudentissima, di riti che la tradizione ebraica e poi cattolica (S: Agostino) ha sempre letto alla luce dell’assioma: “Dii gentium demonia”.
    Analogo ed ancor più evidente è il ragionamento che si dovrebbe fare per gesti come quello del bacio del Corano, del sincretismo patrocinato ad Assisi nel 1986, ecc..
    Ricordava Pio XI, nella Mortalium animos, mantenendosi in tutta evidenza nel solco dell’assioma sopra esposto: “Perciò sono soliti indire congressi, riunioni, conferenze, con largo intervento di pubblico, ai quali sono invitati promiscuamente tutti a discutere: infedeli di ogni gradazione, cristiani, e persino coloro che miseramente apostatarono da Cristo o che con ostinata pertinacia negano la divinità della sua Persona e della sua missione. Non possono certo ottenere l’approvazione dei cattolici tali tentativi fondati sulla falsa teoria che suppone buone e lodevoli tutte le religioni, in quanto tutte, sebbene in maniera diversa, manifestano e significano egualmente quel sentimento a tutti congenito per il quale ci sentiamo portati a Dio e all’ossequente riconoscimento del suo dominio. Orbene, i seguaci di siffatta teoria, non soltanto sono nell’inganno e nell’errore, ma ripudiano la vera religione depravandone il concetto e svoltano passo passo verso il naturalismo e l’ateismo; donde chiaramente consegue che quanti aderiscono ai fautori di tali teorie e tentativi si allontanano del tutto dalla religione rivelata da Dio”.

    1. Giulio Dante Guerra

      Caro secredente “tradizionalista”, il tuo atteggiamento è l’equivalente, “uguale e contrario” del “progressismo” femminista delle due qui sotto. Se hai dimenticato l’asserto di Joseph de Maistre, che la Contro-Rivoluzione non è una Rivoluzione uguale e contraria, ma il contrario della Rivoluzione, te lo ricordo io.

    2. Franceschiello

      Pio XI, stai parlando dello stesso Pio XI che da docente del seminario portava i suoi allievi in sinagoga, e da Papa dichiarò che i cristiani sono spiritualmente semiti.

      1. Giulio Dante Guerra

        Si può tranquillamente risalire più indietro, coi papi. Nel 1878, in occasione dell’incoronazione, come si diceva allora, di Leone XIII, gli allievi del seminario di Lucca fecero omaggio al neo-Papa di alcune poesie, scritte da loro, in onore del nuovo Pontefice. Alcune di queste poesie erano scritte in ebraico, lingua che allora era normalmente studiata dai futuri preti, insieme col greco del NT e dei deuterocanonici, perché dovevano conoscere la Sacra Scrittura anche nei testi originali. Nella mia biblioteca di famiglia ci sono grammatiche e dizionari ebraici, fra cui il “classico” Gesenius-Drach, appartenuti allo zio di mio nonno, mons. Almerico Guerra, canonico lucchese e professore nel locale seminario. Alla faccia di chi dice che, ai tempi di Pio IX – il beato Pio IX, ma questo loro fanno finta di ignorarlo – i preti che “non si contentavano” di conoscere la sola Vulgata rischiavano la scomunica…

        1. michele

          Giusto ieri, in frontiere dello Spirito, la trasmissione di Ravasi e della iperprogressista Sangiorgi, nel ripercorrere la santità papale nei secoli si è ignorata la beatificazione di Pio IX, voluta ed attuata da Giovanni Paolo II. Anche Giovanni Xxiii era devoto di Pio IX.

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