Rolando Rivi e la mostra che non piace. Bonicelli: «Non infanga la Resistenza. Anzi, mette in luce quella vera»

Di Redazione
23 Novembre 2013
«Volevamo far conoscere un martire. Per questo la proposta era inserita nell'ora di religione». Il curatore reagisce al blocco della scuola di Rio Saliceto alla visita alla mostra sul beato

Rio Saliceto, nel reggiano lascia ancora basiti la sospensione che dalla scuola “Anna Frank” è arrivata alle visite alla mostra su Rolando Rivi. Tutto è successo all’inizio di questa settimana: durante l’ora di religione i bambini iscritti al corso si sarebbero dovuti recare nella parrocchia vicina, per vedere appunto il percorso preparato sul giovane seminarista beato, ucciso nel ’45 “in odio alla fede” da alcuni partigiani. «La proposta era stata inserita in quell’ora proprio per far conoscere ai ragazzi un martire, e non solo una figura storica», spiega Emilio Bonicelli, giornalista e segretario del Comitato Amici di Rolando Rivi, l’associazione che sta portando la mostra in giro per la provincia reggiana e modenese. Poi, appunto, è arrivato lo stop dalla dirigente scolastica, messa sotto pressione da altri genitori, rimasti scandalizzati dal titolo di uno dei pannelli “Domani un prete di meno”, frase che uno dei due assassini di Rivi aveva pronunciato, e che avrebbe creato qualche malumore poiché «infanga la resistenza».

LA MOSTRA ORA SE NE VA. Solo il giorno dopo un volantino ha spiegato le ragioni dello stop: «Impossibile contestualizzare la mostra dal punto di vista storico e didattico». Una contestualizzazione non ci sarà mai, o almeno non in tempo utile perché le classi tornino a vedere la mostra, che essendo itinerante domenica lascerà Rio Saliceto per trasferirsi in un altro paese. Per la “Anna Frank” pare quindi un’occasione persa. Tanto per conoscere meglio la vita di questo ragazzo quanto per approfondire e conciliarsi con un passato storico che, evidentemente, continua a dare fastidio ai più. È la complessità della guerra civile che attecchì in quelle terre tra il ’43 e il ’45, che mise in luce come per tanti partigiani non fosse sufficiente liberare l’Italia dall’occupazione nazista, ma l’occasione fosse giusta per tentare di instaurare un nuovo totalitarismo basato sugli ideali comunisti.

UCCISO “IN ODIO ALLA FEDE”. La storia di Rolando Rivi riassume tutte queste controindicazioni: perché il seminarista venne ucciso quattordicenne dai partigiani soltanto per la sua fede in Dio, rapito da casa e portato in un bosco tra Modena e Reggio Emilia dove subì umiliazioni e percosse, per poi essere freddato da due colpi di pistola. E non è soltanto la vicenda della scuola di Rio Saliceto a dimostrare la miopia con cui tanta gente non vuole prendere in considerazione la sua vita: negli scorsi anni in diversi comuni si è dovuta registrare l’opposizione di consiglieri o sindacalisti all’intitolazione di strade o piazze al neo-beato. «E non è vero che Rivi infanga la resistenza. Anzi, mette in luce la vera resistenza», puntualizza Bonicelli. «Quella che lottava per liberare il proprio Paese dall’occupazione. E lui a questa lotta era favorevole: sappiamo che era colpa dei nazisti se il seminario di Rolando era stato chiuso. Chi invece uccise Rolando lo fece puramente in odio alla fede, violando ogni regola della guerra partigiana».

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5 commenti

  1. Riccardo

    Grandissimo Rolando Rivi!

    1. Stefano

      Soprattutto ho pena per quei genitori che hanno criticato la frase, quale insegnamento possono dare ai loro figli?

  2. Caro Emilio Bonicelli, questa mostra non infanga la resistenza che, anzi, con questi ignoranti divieti s’é bell’infangata da sola. A settanta anni dalla guerra civile c’è ancora chi semina odio e bugie. Pensate che futuro vorrebbero per le nuove generazioni.! Ma è sufficiente ammirare la foto di Rolando Rivi per renderci conto di quanto siano..miserabili. Poveracci!

  3. viccrep

    I comunisti neanche di fronte alla morte provocata con estrema cattiveria da partigiani comunisti riconoscono questi gravissimi errori commessi dai partigiani rossi.
    Il fatto di essere partigiani non giustifica ogni loro azione
    Gli assassini e torturatori restano tali anche se si nascondono dietro al mito della liberazione a cui hanno solo contribuito, senza gli alleati le cose sarebbero andate diversamente

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