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La character assassination per distruggere i nemici non l’hanno inventata Renzi e Rondolino

Sono almeno trent'anni che lo sputtanamento sistematico dell'avversario politico e la gogna pubblica sono normalità. Breve ripasso

Martino Loiacono
17/11/2021 - 6:20
Politica
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La scoperta di questi giorni è che la character assassination per distruggere i nemici è un’invenzione di Renzi e Rondolino. Prima non esisteva. Negli anni di Mani pulite la campagna mediatica per far fuori i partiti era normale informazione. Il linciaggio subito da Craxi fuori dall’hotel Raphaël un semplice incidente. Gli sputtanamenti sistematici organizzati dai grillini ai danni di ogni indagato un puro caso. Il «Partito di Bibbiano» un’uscita a vuoto dell’inconsapevole Di Maio. A leggere i giornali sembrerebbe proprio così: Renzi si è inventato un sistema per fare a pezzi le reputazioni. Prima era tutto rose e fiori.

Dal Raphaël a Luca Morisi

Basterebbe avere un minimo di onestà intellettuale per riconoscere che invece le tecniche proposte da Rondolino sono la normalità da quasi un trentennio. E che soprattutto non sono solo usate dai partiti o dai leader, ma anche dal mondo dei media, come emerso di recente con il mega scandalo, poi finito nel nulla, di Luca Morisi. Gli anni di Mani pulite in questa prospettiva sono paradigmatici ma purtroppo vengono spesso, e colpevolmente, dimenticati. Tra il 1992 e il 1994 andò infatti in scena una character assassination su vasta scala. Reputazioni di leader e parlamentari vennero fatte a pezzi in nome della rivoluzione giudiziaria. I suicidi di quella fase ne sono la testimonianza più tragica e raccontano, come scrisse il deputato socialista Sergio Moroni, un clima da pogrom.

Un clima in cui qualsiasi indagato era colpevole, e qualsiasi avviso di garanzia corrispondeva a una condanna passata in giudicato e garantiva l’infamante appellativo di ladro. Dunque uno scenario cupo, da caccia alle streghe, che è ben sintetizzato dalla celebre scena del Raphaël, quando Craxi, diventato il capro espiatorio di quella stagione, venne sommerso dalle monetine. Con un rituale di purificazione, volto a distruggere l’incarnazione del male e della partitocrazia. Non si può dimenticare che la caccia al Cinghialone e al pentapartito fu orchestrata da gran parte dei media che aveva adottato una linea fortemente giustizialista per rovesciare il sistema. Ma anche dal Pci-Pds che in quella fase demonizzò il Partito socialista e la Democrazia cristiana per rifarsi una verginità dopo la disfatta storica legata al crollo del muro di Berlino e al collasso dell’Unione sovietica. Distruggere Craxi e una parte dei leader democristiani in quel momento significava aprirsi uno spazio politico e recuperare la legittimità perduta. Cavalcare le inchieste e creare quel clima fu dunque una scelta cosciente e strategicamente studiata per ragioni puramente politiche.

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Le email tra Rondolino e Renzi

Un discorso simile vale per la Lega Nord che, sfruttando gli scandali, alimentò la propaganda contro “Roma ladrona” e contro la partitocrazia che Bossi disse di voler sgozzare («Noi useremo la lama tagliente di Pontida per tagliare la gola alla partitocrazia»). Oltre a un linguaggio violento, il Senatur fu anche l’autore dell’identificazione costante tra il politico e il ladro («ladri di Roma è finita», recitava un celebre slogan). Identificazione perfetta per colpire reputazioni e azzerare la credibilità degli avversari.

Tra il 1992 e il 1994 andò quindi in scena una sistematica distruzione della reputazione del sistema dei partiti che inquinò per lungo tempo il dibattito politico. Le sue tossine si sarebbero fatte sentire a lungo. Prima con il continuo scontro tra berlusconismo e anti-berlusconismo, in cui accadde di tutto (tra scandali, inchieste e guerre senza quartiere), e poi, più di recente, con la stagione grillina. Stagione segnata dalla gogna elevata a strumento di lotta politica (come da ammissione di Di Maio), studiata per colpire gli avversari con il più cieco giustizialismo, anche grazie alla pervasività delle logiche social che hanno garantito la viralità di messaggi diffamatori. Una strategia che ha ulteriormente imbarbarito il dibattito pubblico, avviando una fase di scontri di natura quasi tribale.

Alla luce degli ultimi trent’anni, lo scambio di email tra Rondolino e Renzi non può stupire. Le tecniche proposte dal giornalista non fanno altro che confermare lo scadimento della politica, ormai trasformatasi in una brutale rissa. Il cui obiettivo è quello di far fuori il nemico.

Foto Ansa

Tags: gogna mediaticaintercettazionimani puliteMatteo Renzi
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