Renzi, reazioni della politica e della stampa
È alla Jena su La Stampa che va dato anche oggi, come sempre, il merito per la battuta più tranchant sul Matteo Renzi che ieri ha lasciato la platea dei giornalisti spaesata con la sua ricetta – mille euro in più all’anno in busta paga per i redditi sino a 1.500 euro, per i co.co.pro e per gli “incapienti” (quelli con un reddito inferiore agli 8mila euro l’anno esentati anche dall’Irpef) -. “Ieri a Palazzo Chigi la conferenza stampa del premier Wanna Marchi” ha scritto Jena.
“MIRACOLI” ITALIANI. Ancora spaesato, dopo la conferenza di ieri, oggi su La Stampa è Massimo Gramellini, che racconta: “Anche ieri la mia parte snob ha provato a resistere al dolce stil novo del monello di Firenze”. Poi l’apertura: “Al confronto, il contratto con gli italiani di Berlusconi mi è volteggiato nella memoria come una scrivania piena di polvere risalente all’età di De Gasperi. Ma, al pari di tutti, anche io custodisco una parte più semplice, che dopo tanti sospiri e lacrime desidera illudersi che questa sia davvero la volta, pardon, la svolta buona. Ed è a questa parte semplice che si rivolgeva ieri quel diavolaccio di un fiorentino”. Al netto dei fatti che seguiranno, se anche Renzi non portasse a termine le sue promesse sul lavoro, gli andrà comunque dato atto di aver portato a casa un risultato importante, un piccolo “miracolo”: “Le due parti di me stesso hanno trovato l’accordo – ammette Gramellini in rappresentanza di una sinistra tutta zucchero e caviale –. Dopo vent’anni di politica al servizio della pubblicità, con questo tipetto che promette o minaccia di durare altrettanto è la pubblicità a essersi messa a servizio della politica”.
QUALCOSA DI SINISTRA. «Ma sta facendo un discorso di sinistra…». Gianni Cuperlo, il competitor di Matteo Renzi alle primarie”: Maria Teresa Meli sul Corriere della sera preferisce rendere plastico lo stupore, e l’involontaria comicità, di una sinistra che non aveva mai sentito dire cose di sinistra nemmeno da se stessa. E così restano tutti sparigliati: Meli descrive pure l’agguerrito Pierluigi Bersani sulla via della pace: “«Io non nutro nessun rancore nei confronti di Renzi»”, e con lui “addirittura Stefano Fassina, che non risparmia mai una critica al segretario-premier, ha dovuto ammettere che, tutto sommato, Renzi non sbaglia”.
IL GIOCATORE DI POKER. Così Paola De Caro, qualche pagina dopo: “Perfino lui, che pure continua a ritenerlo «simpatico, certamente diverso dai comunisti ai quali eravamo abituati» ieri è rimasto a bocca aperta: «Capisco lo stile, la voglia di stupire, ma stavolta ha esagerato. Così è troppo. È stato eccessivo, sembra un venditore non uno statista, non mi è piaciuto…». E dire che proprio a lui, a Silvio Berlusconi, in tanti hanno pensato di fronte alla performance del premier. Ma il cavaliere sorride amaro: «Se l’avessi fatto io uno show del genere, mi avrebbero massacrato…»”. E ancora: “Berlusconi con i suoi ieri è rimasto scettico: «Sembra un giocatore di poker, continua ad alzare la posta ogni giorno, rilancia e rilancia»”. A Renato Brunetta, De Caro dà il copyright della boutade più simbolica del sentimento nel centrodestra: “«Tremonti, quando fu accusato di “finanza creativa”, era un dilettante. Oggi è stato superato mille volte dallo scenario immaginifico tracciato che non tiene conto di alcunché»”.
PRAGMATISMO. Sempre sul Corrierone, Dario Di Vico sintetizza invece la reazione dal punto di vista finanziario: “Alla fine dello show sappiamo i titoli dei provvedimenti, conosciamo l’indirizzo di alcuni di essi, ma ci è rimasta la sensazione di non avere del tutto chiara la relazione che intercorre tra decisione di spesa e le coperture”. Per Di Vico “I dubbi ci sono, e abbracciano sia metodo che merito, ma non per questo annullano il valore di singole scelte operate ieri dal governo”.
“NÉ UN MERCOLEDI’ DA LEONI, NÉ UN GIORNO DA PECORA”. Repubblica parla di “One man show”, ma poi affida ad uno dei ministri la sintesi più caustica sul premier: “Maurizio Lupi se lo mangia con gli occhi mentre parla, e poi su Renzi sussurra: «Questo è peggio di Berlusconi». Detto in senso buono si intende” racconta Francesco Bei, che poi conclude: “Come un direttore d’orchestra – nel solito completo nero Versace con camicia bianca e cravattino nero da chi ha visto più volte “Blues Brothers” – si rivolge ai ministri per nome, li introduce uno a uno nella sua personale sinfonia. Al posto della bacchetta di legno, il telecomando per mandare avanti e indietro le slides proiettate sul muro”. La sintesi più teologica è di Massimo Giannini: “Non è stato quel mercoledì da leoni che si poteva immaginare. Ma nemmeno quel giorno da pecora che si poteva temere», e poi: “Questo è un «atto di fede», più che un «fatto politico». Lo puoi accettare quando ragioni sul futuro dell’Italicum. Molto meno quando rifletti sui conti dell’Italia”.
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