Rave party, dove «l’unico imperativo è divertirsi»
«L’Italia è un Paese che odia i giovani, che li considera un problema invece che una risorsa. È assurdo. Io perciò me ne sono andato» ha detto Danilo Rosato a Repubblica. Lui è uno che organizza rave party, concerti clandestini divenuti nuova bandiera di libertà per la sinistra che odia la “destra del manganello” (pure quell’ameba di Enrico Letta ieri sul Corriere teneva bordone ai fattoni dei centri sociali denunciando «il decreto aberrante che va ritirato»).
«Cultura e ricchezza»
Danilo è scappato dall’Italia nel 2008 perché qui c’erano «Berlusconi» e i «sindaci-sceriffo». Adesso lavora a Berlino dove organizza feste in cui i giovani «passano le notti a ballare, a rilassarsi». Una cosa intelligente e che porta soldi, scrive Repubblica: «Una realtà che assicura quasi 1,5 miliardi all’anno di indotto alla città».
Ma non siate venali, non è mica solo questione di quattrini. «Chi organizza rave non è un nemico, porta cultura e ricchezza» spiega il nostro imprenditore. Cultura&ricchezza per tanti ragazzi che vogliono solo «rilassarsi». E i permessi? «Ma quali permessi», ride Danilo per una domanda che più stupida non si può. «L’unico imperativo è divertirsi», sentenzia riassumendo la sua filosofia di vita.
Defecare in strada
Il decreto del governo, come ogni atto politico, è criticabile. Ma se non vogliamo passare per imbecilli, qualche domanda su questi raduni dobbiamo farcela. Mentre c’è qualcuno che si mette in tasca qualche bella cifra, c’è anche qualcuno che ci rimette. Innanzitutto i proprietari degli stabili o dei campi in cui i ragazzi vanno a «divertirsi e a rilassarsi».
L’ultima volta, mentre tutti gli italiani si scervellavano per rispettare le norme Covid, diecimila giovani da tutta Europa arrivarono a Valentano invadendo un campo. E già che c’erano, raccontò il proprietario del terreno, entrarono «nei capannoni a rubare le batterie dei trattori», aizzarono «i cani contro le pecore», defecarono, «come ho visto fare a una ragazza, in mezzo a una strada di campagna, così, davanti a tutti».
Felicità o stordimento
Soprattutto a rimetterci sono loro, i ragazzi, di cui pare importare poco a tutti. Perché, d’accordo la politica, la sinistra libertaria e la destra liberticida, Letta e Salvini, il decreto e i manganelli, ma a quei ragazzi chi ci pensa?
Quando ci dicono che il loro unico imperativo è «divertirsi», di che cosa stanno parlando? Di quale felicità stanno parlando? Una felicità chimica, temporanea, effimera. Non è felicità quella. È stordimento, è un’altra cosa. Non è “sentire di più” la vita, è non sentirla. È dimenticarsene.
Quando finiranno alcol e droga
A Valentano un ragazzo fu trovato morto in un lago, due ragazze furono stuprate, una partorì in mezzo all’erba. I supermercati furono saccheggiati, le farmacie depredate di tutte le siringhe. I partecipanti se ne andarono non quando arrivò la polizia per sgomberarli, ma quando finirono «alcol e droga».
Questo è “il” problema, come già allora scrivemmo, e i decreti e gli sgomberi sono cose necessarie e giuste (Mauro Ronco ha spiegato tutto benissimo), ma purtroppo non risolutive. Il problema è che questi ragazzi chiamano “divertimento” ciò che è evasione e confusione mentale. Cercano la felicità e trovano solo gente che li riempie di pasticche o gente che giustifica la loro libertà di rovinarsi o gente a cui non gliene frega nulla, basta che non facciano troppo baccano.
A quelle bestie lì, a quelle falene kamikaze (Andreï Makine) che si crivellano fino alla morte sulle luci incandescenti del rave party, chi dirà una parola diversa? O l’alcol e la droga sono gli unici rimedi per “rilassarsi” e gestire al meglio il non senso del vivere?
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Signore e signori usiamo il discernimento e teniamo ben chiaro l’aspetto ontologico.