Quando vigeva il rito del “mutuo sputazzamento” del giornale altrui
A una cert’ora della giornata, in quei tempi di guerra fredda, le pagine affisse delle due testate di partito recavano i segni inequivocabili del “mutuo sputacchiamento assicurato”. Non importa a chi per primo partisse l’embolo, fosse un comunista che leggesse qualcosa sulla Voce, inducendolo a espettorare sul paragrafo che l’offendeva, o un repubblicano che scaracchiasse sull’Unità. Alla fine della giornata, ambo le bacheche andavano nettate con l’alcole. In questa terra, dove per trovare un don Camillo occorreva scendere verso la più bianca Faenza, l’alternativa a Peppone erano i repubblicani – quando non gli anarchici. Abbiate pazienza, ho un quarto di quel sangue ribollente, da parte del nonno materno, e nacqui a Lugo per incompetenza logistica genitoriale.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Venerdì, 29 gennaio 2016. L’Unità. Titolo: “Family Day”. Sottotitolo: “Per la prima volta un piano nazionale (800 milioni) anti povertà per 4 milioni di persone. Tutele e sostegno al reddito per 280 mila famiglie indigenti con 550 mila bambini”. Traduzione: cari tutti che affluirete a Roma domani per il Family Day, siamo noi, “i migliori” dai tempi di Gramsci, i veri protettori della famiglia, come capirete anche da questa offerta last minute, non priva di quel certo gusto rétro “per i poveri” e di quel pizzichino di neorealismo (i 550 mila bambini), ricchi premi e cotillons (poltrone ministeriali fresche di giornata) – se rientrate, beninteso, al più presto nei ranghi.
Leggo questo, non attraverso la griglia a bocche di lupo di una bacheca, ma nella mattutina rassegna stampa tv, dove giornalisti eleganti come i cattivi di Matrix lasciano gialle ditate tecno-nichiliste sui touchscreen, somministrando sadicamente la dose quotidiana di sfracelli per i padri e le madri di famiglia che pretenderebbero di non vivere nel terrore – ultimi replicanti.
Ma non c’è gusto a sputazzare i giornali virtuali. E poi mi sgridano che do il cattivo esempio ai bambini.
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