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Quagliariello: «Che Berlusconi non sia un caso personale lo dimostra l’ossessione del Pd. Ora giustizia e amnistia»

Il ministro: «La sorte del Cavaliere riguarda tutto il Pdl perché riguarda lo stato di diritto. Correnti? Non le facciamo certo ora perché ce lo chiede Epifani»

Redazione
09/10/2013 - 11:23
Politica
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Gaetano Quagliariello, ministro delle Riforme nell’esecutivo delle larghe intese ed esponente dell’ala del Pdl che ha convinto Silvio Berlusconi a confermare la fiducia al governo Letta, chiarisce in una lunga intervista concessa ad Avvenire che non esiste una corrente del partito che intende scaricare il Cavaliere. E non per servilismo, ma perché l’unità del partito intorno all’ex premier significa l’unità del partito intorno al tema della giustizia: «Chi dice che ci siamo dimenticati di Silvio Berlusconi lancia un’accusa infamante. La sua vicenda riguarda lo stato di diritto in Italia. Quindi riguarda tutti noi».

BERLUSCONI ELEGGIBILE. Secondo Quagliariello, si illude chi pensa di poter trattare la sorte di Berlusconi come un “caso personale” che non ha niente a che fare con i temi delle larghe intese: «Se la vicenda Berlusconi fosse stata una vicenda personale, allora in Giunta sarebbe stato trattato come qualsiasi altro senatore. Si sarebbe approfondita l’applicazione di una legge controversa, sulla quale tanti giuristi anche di sinistra hanno espresso dubbi». Perciò il Pd, invece di continuare a chiedere al centrodestra di “archiviare un ventennio” e magari sgretolarsi in correnti, dovrebbe pensare a rimediare all’errore fatto sulla decadenza del Cavaliere: il 15 ottobre sarà l’assemblea del Senato a esprimersi sull’ineleggibilità di Berlusconi in base alla legge Severino, e secondo Quagliariello è quella l’occasione in cui «bisogna trovare il modo per correggere una brutta pagina della nostra storia parlamentare. Non è ancora troppo tardi».

STESSA FORZA, RUOLO DIVERSO. In Senato, insiste Quagliariello, gli “alleati” democratici devono interrompere la loro «folle e irrazionale rincorsa ai Cinque Stelle» che li ha portati, in Giunta, a commettere l’errore di ignorare le «serie ragioni di merito» sull’applicabilità della norma al caso Berlusconi. «Ora però sembra che qualcosa possa cambiare: ci sono i tempi supplementari che si giocano in Aula a Palazzo Madama. Non perdiamo l’occasione». Anche perché il Pdl non ha nessuna intenzione di sbarazzarsi del suo leader storico: «Berlusconi è ancora l’uomo politico che ha più voti di tutti, in Italia e nel centrodestra. Certo, per ragioni di realismo, il suo ruolo dovrà essere diverso da quello che ha avuto fino ad ora. Ma sbaglia chi dichiara chiusa una stagione, chi parla di ventennio finito: Berlusconi non è più forte né meno forte, deve svolgere un ruolo differente. Ma in ogni condizione sarà importante perché il carisma non si imbriglia con una sentenza. Nella storia c’è chi lo ha esercitato persino con il silenzio».

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GIUSTIZIA E AMNISTIA. Sempre in tema di giustizia, Quagliariello invita la sinistra a «non fare come nella giunta sulla legge Severino» anche a proposito dell’amnistia e dell’indulto, atti di clemenza che ieri Giorgio Napolitano ha chiesto al Parlamento di valutare. Il Pd «ascolti le parole del capo dello Stato, si liberi dell’ossessione di poter favorire indirettamente Berlusconi e guardi alla sostanza dei problemi», invita il ministro delle Riforme dalle colonne di Avvenire. «Quando c’è gente che soffre e i problemi sono così drammatici, questo è l’unico metro con il quale non ci si sbaglia». Il governo per Quagliariello «è pronto» a fare la riforma della giustizia a l’amnistia, «e il Parlamento non lascerà cadere l’appello del capo dello Stato. È il momento di muoversi. Anzi di spingere con decisione. Magari ripartendo dal documento conclusivo del gruppo di lavoro politico-istituzionale istituito da Napolitano dopo le elezioni. Per realizzare la gran parte delle proposte di quel testo basterebbero leggi ordinarie».

LA LINEA DEL PDL. Quanto alle tensioni interne al Pdl, il ministro rivendica come giusta la battaglia per tenere in piedi il governo Letta: è vero che con il suo comportamento in Giunta su Berlusconi «la sinistra è entrata a gamba tesa» ma «sarebbe stato esiziale reagire a quel fallo con una testata che avrebbe messo in ginocchio il Paese». Senza dimenticare la convenienza “elettorale” di quella scelta: «Quando il Pdl ha deciso di puntare sul governo è salito dal 21 al 28 per cento, quando ha provato a mettere in discussione quel sostegno, creando instabilità, è ridisceso al 21. Sette punti in meno in una sola settimana». Fortunatamente Berlusconi lo ha capito e intende mantenere il partito unito sotto la leadership di Angelino Alfano, dunque «i nuovi gruppi non li facciamo certo ora perché ce lo chiede Epifani». Adesso per Quagliariello, al di là delle trattative sugli organigrammi futuri e le forme più adatte di democrazia interna, «il problema è la linea politica»: la fiducia al governo Letta ha simbolicamente sancito la «vittoria» di «un’idea di un partito di centrodestra nel quale c’è posto per i moderati perché sta con tutti e due i piedi in un’Europa che pure vuole cambiare; un partito che crede nell’economia sociale di mercato, che vuole la riforma dello Stato e della giustizia. Un centrodestra che ambisce a vincere e per questo punti a integrare tutti, dall’Udc a Fratelli d’Italia. E sia chiaro: non guardo alle sigle, ma agli elettori di riferimento».

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