Mauro Moretti guadagna 850 mila euro all’anno. Troppi soldi per un manager di una azienda pubblica? Secondo il premier Matteo Renzi sì. Peccato che se fosse sul mercato, Moretti guadagnerebbe molto di più. A dirlo non è un amico dei “boiardi di Stato” ma Riccardo Ruggeri. L’imprenditore, che da operaio è diventato manager, su Italia Oggi, in una lettera indirizzata a Moretti, invita i lettori a distinguere fra “alto burocrate” e “manager”, due concetti erroneamente confusi.
BOIARDI E MANAGER. Ruggeri ricorda che nel 1996 fu invitato a diventare amministratore delegato di Fs. Rifiutò per evitare di dover dipendere dalla politica, ma ebbe modo di studiare il dossier di Ferrovie dello Stato e rimase colpito dalla figura di Moretti. Il suo era uno dei curricula più qualificati, afferma Ruggeri: Moretti era «arrivato alla direzione dell’area strategica “Materiale Rotabile e Trazione”, dopo un impeccabile percorso interno iniziato con un concorso pubblico di assunzione, e non certo con le sconce cooptazioni». «So che lei – prosegue Ruggeri rivolgendosi all’ad di Fs – vale molto più di 850.000 lordi all’anno, e che, come dice lei, un eccellente CFO per le Ferrovie vale almeno il 30% in più del compenso del Presidente della Repubblica, messo come limite idiota da inetti».
Purtroppo, lamenta Ruggeri, «abbiamo a che fare con individui che confondono lo stipendio degli alti burocrati (tutti eccessivi per definizione, quelli sì dovrebbero essere parametrati su quelli degli uscieri, col metodo del «10» di Adriano Olivetti) con quello dell’Amministratore Delegato delle Ferrovie o dell’Eni, di cui sono, indegnamente, azionisti».
Ruggeri ricorda «l’eccellente lavoro di ristrutturazione e di riposizionamento strategico delle Ferrovie», ottenuto sotto la guida di Moretti e anche la sua decisione «di lasciare agli Enti locali la responsabilità della politica prezzi dei “pendolari” in funzione del livello di servizio che vogliono». «Purtroppo – spiega Ruggeri – il messaggio all’opinione pubblica non è «passato, danno la colpa a lei delle loro inefficienze».
850 MILA? MENO DI 100 MILIARDI. A ricordare come erano messe le Ferrovie dello Stato prima degli anni 2000 e della gestione Moretti (iniziata nel 2006) è Maurizio Belpietro, che oggi sul Libero, ripubblica un articolo di 17 anni fa, che ripercorre «un disastro ferroviario che rischiava di inghiottire il paese. «Non tanto per la puntualità dei convogli, quanto per le perdite di quella che era considerata la più grossa e inefficiente azienda pubblica», spiega il direttore di Libero. «Dall’85 al 1997 il buco nero delle ferrovie si era inghiottito 200mila miliardi di lire (100 miliardi di euro ndr), pari all’11 per cento del debito statale».
«Il bilancio delle Fs era perennemente in rosso», prosegue, e «la vendita dei biglietti copriva solo il 28 per cento dei costi d’esercizio, mentre i macchinisti, pur essendo molti di più di quelli delle altre ferrovie straniere, prendevano una paga quasi doppia a quella dei colleghi esteri». Oggi le cose sono cambiate, anche grazie al lavoro di Moretti. Belpietro non ha simpatie per l’ex pezzo grosso della Cgil. Tuttavia riconosce che sa fare il suo mestiere.
Vale la pena lamentarsi per lo stipendio che prende? «Certo – scrive Belpietro – 850 mila euro sono una cifra che il 99,9 per cento degli italiani non vedrà mai tutta insieme nell’arco della propria vita, ma c’è da chiedersi se sono tanti a confronto dei 200mila miliardi di lire spesi tra la metà degli anni ottanta e la meta degli anni novanta». «Riduciamo pure gli stipendi – conclude – ma quelli dei manager incapaci che portano allo stato solo perdite».