Parte la damnatio memoriae di John Wayne. «Era razzista e omofobo»

Di Caterina Giojelli
08 Marzo 2019
«Levate il suo nome dall'aeroporto di Orange County». Pare che il rude cowboy, classe 1907, non ragionasse come un columnist del Los Angeles Times nel 2019

Dopo aver sloggiato le statue confederate, decapitato quelle di Cristoforo Colombo, nascosto affreschi, censurato terminologie proibite, annullato il Columbus Day, quei fanatici dei progressisti americani per cui esiste un solo metro accettabile per vivere nella storia – cioè imporle retroattivamente l’agendina valoriale del XXI secolo – hanno deciso di occuparsi di John Wayne. 

«ORANGE COUNTY NON MERITA DI IMBARCARSI SU QUEGLI AEREI»

Duke, il valoroso mandriano del West, l’icona dell’America, e della Repubblica dove «le persone possono vivere liberamente, parlare liberamente, andare e venire, comperare o vendere, ubriacarsi o restare sobri come desiderano», insomma il rude cowboy classe 1907, pare infatti che non ragionasse come un columnist del Los Angeles Times dell’anno 2019. Il quotidiano liberal si è da poco fatto portabandiera della comunità di Orange County, così democratica, così etnicamente diversa da non meritarsi «di imbarcarsi su aerei in un aeroporto intitolato a un razzista dichiarato e omofobo, con la sua statua impettita che occupa una nicchia centrale di fronte all’atrio». 

UNA VITA CON LAZO E SPERONI, UN’INTERVISTA A PLAYBOY

Stiamo parlando dell’aeroporto John Wayne, intitolato nel 1979 (l’anno in cui morì) alla leggenda del cinema al secolo Marion Michael Morrison, nato in un centro sperduto dello Iowa e vissuto sul set di oltre 150 film, la metà dei quali armato di colt, lazo e speroni, l’altra metà col berretto verde o in guerra, tre volte candidato all’Oscar, medaglia d’oro del Congresso e medaglia presidenziale della libertà. Come Wayne sia diventato oggi il bersaglio dell’isteria politicamente corretta è presto detto: a quarant’anni dalla morte del grande attore il LA Times ha deciso di riesumare un’intervista (già resa pubblica nel 2016, quando sua figlia Aissa diede il suo sostegno alla candidatura di Donald Trump) rilasciata a Playboy.

I VIRGOLETTATI DEL 1971

È il 1971: Wayne ha allora 64 anni e attaccando lo stato dell’industria cinematografica alle soglie degli anni Settanta – un’intervista che come ricorderà suo figlio Ethan alla Cnn durò otto ore –, dice un sacco di cose sconvenientissime, come: «I film una volta venivano realizzati per tutta la famiglia. Ora gli studios se ne stanno uscendo con quelle cialtronate. Sono abbastanza sicuro che entro due o tre anni, gli americani saranno stufi di questi film perversi». E per perversi Wayne intende film come «Easy Rider, Midnight Cowboy. L’amore di quei due uomini in Midnight Cowboy, una storia su due (quella parola che non si può scrivere, ndr), si qualifica da sola no?». Oppure: «Credo nella supremazia bianca finché i neri non sono educati alla responsabilità». E ancora: «Non capisco perché la gente insista sul fatto che ai neri sia stato proibito il diritto di andare a scuola. Erano ammessi nelle scuole pubbliche ovunque io fossi. Anche se non avessero le credenziali adeguate per il college, ci sono corsi per aiutarli a diventare idonei. Ma se non sono culturalmente pronti per quel passo, non penso che dovrebbero essere ammessi». 

«ERA GIÀ UN RETROGRADO»

Questo accadeva  quasi 50 anni fa e tanto basta al molto progressivamente aggiornato LA Times per sottolineare che al momento dell’intervista nel 1971, il movimento per i diritti civili aveva decenni e che Martin Luther King Jr era stato assassinato tre anni prima: «Le sue parole erano già retrograde quando furono pronunciate. Wayne non era un vecchio conservatore che non si era ancora “svegliato”; aveva visto il futuro e lo ha trasformato in una rabbia razzista». Ergo, «ci sono sicuramente residenti o abitanti della contea di Orange più meritevoli di avere il loro nome sull’aeroporto».

ERA UN ATTORE, NON ERA MARTIN LUTHER KING

Ma che c’entra l’aeroporto? Davvero la vita di una delle più grandi star di tutti i tempi non conta niente rispetto a tre virgolettati del 1971? Uno per altro lodato da liberal e conservatori in diverse biografie per la sua generosità, tolleranza e capacità di lavorare con tutti i tipi di persone, un reazionario schietto che ha dato dell’idiota a un sacco di gente, ma sempre leale di persona, caro alle protagoniste di molte battaglie progressiste o femministe come Katharine Hepburn o Molly Haskell, per la quale Wayne era tutt’altro che il prototipo del maschio di Neanderthal, invasore sessuale e territoriale. Nessuno ha intitolato un aeroporto a John Wayne perché pensava che fosse un attivista dei diritti civili, il vate delle diversità, vessillifero di un programma di civiltà. Ma perché era un attore, uno dei più grandi della storia d’America. Inizieremo a setacciare tutte le dichiarazioni rilasciate nei secoli dalle leggende americane in nome di quel delirio di negazioni chiamato politicamente corretto?

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