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E se la smettessimo di parlare del Pallone d’Oro?

È il premio di un giornale francese fatto per vendere un prodotto, aveva senso fino agli anni Novanta. Non serve dargli troppa importanza. Ah, tra l'altro, lo ha rivinto Messi

Roberto Perrone
30/11/2021 - 6:25
Sport
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Lionel Messi, attaccante del Paris Saint-Germain e della Nazionale argentina, ha vinto il suo settimo Pallone d’Oro (foto Ansa)

Il Pallone d’Oro, appena vinto da Lionello Messi per la settima volta, è come la guida dei ristoranti della Michelin, la sua importanza la stabiliamo noi che ne stiamo parlando. Anche male, con tutto il disprezzo possibile, però ne stiamo parlando. Non dovremmo farlo.

Il Pallone d’Oro è come la guida Michelin

Mi autodenuncio: è l’ultima volta che parlo del Pallone d’oro, con la Michelin ho già smesso. Entrambi, ça va sans dire, li hanno inventati i francesi, che nel parlare tanto, e nel far parlare tantissimo di loro, sono primi in classifica. Parentesi: ma anche parlando di oggetti, un pallone (maschile) e di una guida (femminile), dovrei mettere la e rovesciata in fondo, insomma quella lettera, come si chiama, la shevà? È una domanda retorica, non la metto neanche con la Gestapo all’uscio, piuttosto declino tutto al femminile. Chiusa parentesi.

La Michelin l’hanno inventata i produttori di gomme di Clermont-Ferrand nel 1900, il Pallone d’oro invece è stato creato dalla rivista France Football nel 1956: il 18 dicembre venne proclamato il primo vincitore, Stanley Matthews. Fu un premio alla carriera per il centrocampista inglese che giocò a livello professionistico fino a 50 anni, una specie di antenato di Ibrahimovic. A poco a poco il Pallone d’Oro si è imposto, ha allargato la giuria ad altri Paesi, è diventato famoso ovunque. Ne discutono tutti, ma nessuno ha raggiunto i livelli degli italiani.

Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome
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Nessuno ne parla quanto noi italiani

Per questo dovremmo smetterla. Ma se il Pallone d’Oro l’avesse pensato il Guerin Sportivo, i francesi si straccerebbero le vesti come noi? Il Guerino, a proposito di premi, ha organizzato Bravo, riconoscimento al miglior calciatore europeo under 21, dal 1978 al 2015. Adesso (dal 2003) c’è il Golden Boy di Tuttosport, più o meno simile. Due trofei forse anche più importanti del Pallone d’oro, perché a premiare Messi e Ronaldo sono capaci tutti, ma per individuare i futuri Messi e Ronaldo occorre dell’ingegno. Non ci avranno pensato, ma in questa nuova amicizia italo-francese, nel trattato sbandierato in tutte le salse, avrebbero dovuto stabilire che in Francia i media, in futuro, ci riserveranno se non lo stesso trattamento, almeno qualcosa di più di quanto fanno ora.

In fondo che cos’è il Pallone d’Oro? Un modo di vendere un prodotto. Come la Michelin che viene ripubblicata non perché le vendite in libreria sono sconvolgenti, ma per incassare pubblicità e per fare pubblicità alle gomme. La Michelin questo fa, le gomme. Tutti si stupirono della pioggia di stelle nella prima guida giapponese. Ma i francesi non dovevano vendere la guida nel Sol Levante ma gli pneumatici e cosa c’era di meglio del cibo per veicolare il nome? Così il Pallone d’oro. Fino al 1995 venivano premiati solo i calciatori europei. Poi qualcuno si è reso conto che il prodotto, anche grazie alla grancassa (che noi battiamo più degli altri) internazionale e con la globalizzazione, poteva arrivare dappertutto e quindi aumentare il montepremi. Infatti, nel primo anno “allargato”, ma che caso, ecco spuntare un calciatore extraeuropeo, George Weah.

Sempre i soliti, meglio se giocano in Francia

Dal 2008 è stato consegnato sette volte a Leo Messi e cinque a Cristiano Ronaldo, una volta a Luka Modric (nel 2018) e una volta non assegnato (2020). Motivazione: c’era la pandemia. Vera motivazione: il calcio è andato avanti ovunque, ma non in Francia. E se per loro non ha rotolato, non ha rotolato per nessuno. Volevo vedere se il Psg vinceva la Champions. Ma c’è riuscito il Bayern Monaco e il povero Robert Lewandowski ha perso il treno. Infatti quest’anno è arrivato secondo. Ma lo vince il più bravo o quello che, nell’anno solare, ha acchiappato qualcosa? Boh. Sul podio è arrivato Karim Benzema che, dopo anni di esilio (non giocava con i Bleus dal 2015), è tornato in Nazionale. Ed è stato subito premiato con il terzo posto anche perché ha trascinato la Francia al successo nella fondamentale Nations League.

Ecco, ma chi è che vota? Ma con quale criterio? Il mio guru sosteneva: i premi è meglio vincerli piuttosto che il contrario, specie se sono in denaro. Però poi bisogna vedere chi lo assegna, chi lo decide. Ad esempio vorrei sapere chi lo ha deciso nel 2010, quando l’enorme Andres Iniesta ha trascinato la Spagna alla prima Coppa del Mondo, ma ha vinto il solito Leo Messi.

Un premio che non ha più senso

Insomma se questo premio aveva un senso fino agli anni Novanta, quando per riceverlo tre volte dovevi essere Johann Cruyff, Michel Platini e Marco Van Basten, quando se ne parlava di meno ma si apprezzava di più, quando se volevi vedere la cerimonia dovevi andare a Parigi ed era una faccenda per pochi intimi, adesso che senso ha? Si tratta di un carrozzone dove i criteri sono saltati e la credibilità vacilla. Non chiedo certo di chiuderlo, ci mancherebbe, non mi rivolgo a chi lo organizza, mi rivolgo a tutti noi. Parliamone di meno, trattiamolo con sobrietà. Anche se l’avesse vinto Jorginho, che mi piace tanto, uno che nell’anno in corso ha conquistato Champions con il Chelsea ed Europeo con la Nazionale. Ma poi ha sbagliato due rigori contro la Svizzera. Ed è da questi particolari che si giudica un giocatore. Infatti, pure noi abbiamo smesso di sostenerlo. Siamo da Pallone d’oro della coerenza, se qualcuno si inventasse il premio.

Tags: calciolewandowskimessipallone d'oro
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