No, i combustibili fossili non fanno male «come il tabacco». Fanno bene

Di Pietro Piccinini
07 Giugno 2024
Il giochino di Guterres di inventare ogni volta sparate retoriche sempre più esagerate per aumentare il panico climatico sta diventando demenziale
Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres nel Palazzo di vetro a New York
Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres nel Palazzo di vetro a New York (foto Ansa)

Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres deve essersi circondato di spin doctor un po’ scadenti, visto che non ha trovato di meglio, mercoledì nel suo discorso all’American Museum of Natural History in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente, che insistere con il giochino di inventarsi slogan sempre più spaventosi per promuovere le solite vecchie idee.

Giusto un annetto fa – con Guterres che aveva appena alzato il tiro elevando «l’era del riscaldamento globale» a «era dell’ebollizione globale» – osservavamo qui che la strategia dello spauracchio difficilmente avrebbe portato i risultati sperati, e che anzi avrebbe dato l’idea «che la situazione sarà anche grave, ma probabilmente non è seria».

Come dinosauri verso l’estinzione

E infatti, se adesso abbiamo nuove terrorizzanti parole d’ordine climatiche e nuove iperboliche similitudini da sguainare per spaventare l’opinione pubblica, probabilmente è perché il povero segretario generale dell’Onu non si sente sufficientemente ascoltato. E spara per l’ennesima volta ancora più in alto. Passata l’estate dell’eco-ansia e dei ministri piangenti davanti alla stolta «umanità seduta sulla sedia elettrica» (sempre Guterres), eccoci ora alle porte dell’estinzione, o meglio dell’autoestinzione: «Come il meteorite che provocò l’estinzione dei dinosauri, noi stiamo avendo un impatto gigante. Nel caso del clima noi non siamo i dinosauri, siamo la meteora. Non solo siamo in pericolo, noi siamo il pericolo», ha detto l’ex premier portoghese.

Il vizietto della disinformazione

Non solo. L’infervorato Guterres ha anche allargato il calibro delle consuete cannonate scagliate contro il colpevole di tutto ciò, «l’industria dei combustibili fossili» ovviamente, i cui signori «per decenni hanno mostrato uno zelo implacabile nell’ostacolare il progresso» e hanno speso «miliardi di dollari» al fine di «distorcere la verità, ingannare il pubblico e seminare dubbi». Così il rappresentante supremo della comunità internazionale. Dopo di che, bisognerebbe chiedersi se sia invece corretta informazione gridare un giorno sì e l’altro pure all’apocalisse in corso (quest’estate rischiamo «milioni» di morti per il caldo, dice l’Organizzazione meteorologica mondiale, sempre Onu), strillare in continuazione che siamo spacciati (e allora a che pro spendere miliardi in inutili politiche green?), peraltro esigendo una lettura dei dati univoca (quando univoca non lo è nemmeno negli stessi documenti Onu). E chissà quanti miliardi sono costate negli ultimi decenni le campagne Onu per “ripristinare la verità” e “seminare certezze”.

Fa quasi tenerezza in questo contesto la precisazione dei rappresentanti della malvagia «industria dei combustibili fossili» ripresa dalla Bbc. «Siamo impegnati nel continuare a produrre energia affidabile e a prezzi accessibili, affrontando al contempo la sfida del clima, e qualsiasi affermazione contraria è falsa», ha replicato sbalordita la American Petroleum Foundation alle accuse di Guterres. Come se a Guterres interessasse qualcosa del falso e del vero.

Al bando i «padrini del caos climatico»

A furia di rilanciare sempre nuove e sempre più stiracchiate iperboli si rischia l’effetto déjà vu, si diceva. In effetti è già visto persino lo stesso bislacco paragone tra cambiamenti climatici causati dall’uomo ed estinzione dei dinosauri causati da bolidi spaziali. Ci aveva già pensato il mitico dinosauro Frankie ad avvertire il Palazzo di vetro che sussidiare i combustibili fossili è «come finanziare meteoriti giganti», ricordate?

In realtà, a dirla tutta, una piccola novità c’è, nello schema comunicativo di Guterres. Accanto alle consuete esagerazioni (dobbiamo «prendere lo svincolo di uscita dall’autostrada dell’inferno climatico»), il segretario generale dell’Onu ha aggiunto un po’ di moralismo, che non guasta mai in ogni religione degna di questo nome. Così petrolieri e produttori di gas e carbone sono diventati per lui i «padrini del caos climatico», nel senso mafioso del termine, e la loro energia è nociva per il pianeta quanto lo è il tabacco per noi. Letteralmente: «Esorto tutti i paesi a vietare la pubblicità delle aziende produttrici di combustibili fossili. E invito i media e le imprese tecnologiche a non accettare più pubblicità sui combustibili fossili».

Il fumo fa male, l’energia fa crescere

Peccato che questa, più che un’iperbole, sia proprio una sciocchezza. Il fumo fa male, i combustibili fossili fanno bene. Petrolio, gas e carbone hanno fatto la fortuna della nostra civiltà e tanto sviluppo dovranno ancora portare nel mondo. C’è un motivo, infatti, se le emissioni di CO2 da attività umane invece di diminuire del 9 per cento all’anno come auspicato da Guterres aumentano continuamente, e aumentano nonostante i cospicui tagli realizzati ogni anno in Europa e in America. Questo motivo – non unico – è che una buona parte del mondo ha bisogno di crescere economicamente per uscire dalla povertà, e per crescere ha bisogno di energia «affidabile e a prezzi accessibili», ha bisogno cioè di combustibili fossili. Tanti combustibili fossili. Fonti energetiche che semplicemente a oggi non possono essere sostituite da solare ed eolico.

È perciò al limite del criminale che i paesi ricchi pretendano di imporre la transizione energetica come priorità assoluta ai paesi poveri. Lo sostiene da tempo Bjørn Lomborg, uno che non ha mai negato l’esistenza dei cambiamenti climatici ma che si batte per riportare il problema nella giusta prospettiva di ragione e di scienza. Così scriveva Lomborg alla vigilia della Cop27, per esempio:

«Al vertice sul clima in Egitto, i leader di questi paesi in qualche modo dichiareranno tutti con gran faccia tosta che i paesi poveri devono evitare lo sfruttamento dei combustibili fossili, per paura che questo peggiori il cambiamento climatico. Questi stessi paesi ricchi inciteranno i più poveri del pianeta a concentrarsi sulle alternative energetiche green come il solare fuori rete e l’eolico. Una causa che stanno già perorando. Con un discorso da molti interpretato come un messaggio rivolto all’Africa, il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha detto che sarebbe “delirante” investire in altre esplorazioni delle riserve di gas e petrolio.

Tanta ipocrisia è semplicemente incredibile. Ogni singolo paese ricco è diventato tale grazie agli idrocarburi. Le maggiori organizzazioni per lo sviluppo del mondo – per volontà dei paesi ricchi – si rifiutano di finanziare lo sfruttamento di combustibili fossili che i paesi poveri potrebbero utilizzare per uscire dalla miseria. Per di più la ricetta prescritta dalle élite per i poveri del pianeta – l’energia pulita – non è in grado di cambiare le loro vite.

Questo perché l’energia del sole e del vento è inutile quando il cielo è coperto dalle nubi, o quando è notte, o quando non soffia il vento. L’energia solare fuori rete può garantire un gradevole luce solare, ma tipicamente non è in grado di alimentare nemmeno il frigorifero o il forno di una famiglia, figurarsi se può fornire l’energia necessaria alle comunità per far funzionare tutto, dalle fattorie alle fabbriche, i veri motori della crescita».

Allarmismo e populismo

Per non parlare dei costi esorbitanti di questa transizione. Altro problemino colossale che Lomborg sottolinea da sempre. Proprio mercoledì un esperto di energia come Davide Tabarelli ricordava sulla Stampa che l’Italia è arrivata a spendere «tranquillamente» 200 miliardi di euro in incentivi alle rinnovabili per arrivare a coprire in qualche decennio appena il 18 per cento della domanda di elettricità (che tra l’altro è a sua volta appena «un quarto della domanda energetica di un paese»), e che dunque anche raddoppiando o triplicando gli sforzi per aumentare la disponibilità di solare ed eolico «non andremo molto lontano». Se vale per noi, figurarsi per il mondo affamato di sviluppo.

Non è esasperando i toni ed escogitando immagini sempre più spaventose che le cose cambieranno. Né attingendo agli espedienti retorici del populismo più infantile. Siamo «dalla parte giusta della storia», ha detto ancora mercoledì Guterres. «Siamo noi popoli contro gli inquinatori e i profittatori. Insieme possiamo vincere». Purtroppo per lui, una buona metà del mondo ha problemi più urgenti che stare a sentire Frankie il dinosauro. O Guterres il profeta del global boiling.

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