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L’Onu: «Ebollizione globale!». Non è il clima che fa venire l’eco-ansia

La ragazza che dice al ministro di avere paura del futuro e Guterres che urla «il mondo è seduto sulla sedia elettrica!». Ma se siamo spacciati perché "agire subito"? L'estremismo non serve ed è costoso, anche la politica inizia ad accorgersene

Piero Vietti
30/07/2023 - 6:00
Ambiente
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clima ebollizione globale
Un grafico del sito climatereanalyzer.org mostra le temperature superficiali di mari e oceani (Ansa)

«Io penso di non avere un futuro. In questi giorni nella mia terra, in Sicilia, sta bruciando tutto. Non so se voglio avere figli, e dato che voi parlate di 2030, 2050, obiettivi che sento sinceramente lontani, lei non ha paura per i suoi figli o per i suoi nipoti?». Con queste parole venerdì una giovane ragazza, Giorgia Vasaperna, ha fatto commuovere il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, spiegandogli di soffrire di eco-ansia. Il giorno prima ci aveva pensato il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, a tranquillizzare gli animi agitati di chi sente imminente l’apocalisse climatica: «L’era del riscaldamento globale è finita, è iniziata l’era dell’ebollizione globale. L’umanità è seduta sulla sedia elettrica», ha detto, facendo capire che la situazione sarà anche grave, ma probabilmente non è seria.

Dopo giorni passati a gettare nel calderone dei cambiamenti climatici causati dall’uomo pioggia e siccità, temperature al suolo e grandine, nubifragi e piromani, i media rischiavano di vedere esaurito il vocabolario emergenzialista (dopo “apocalisse” per definire la pioggia e il vento che hanno abbattuto numerosi alberi a Milano, cosa si poteva ancora dire?). Ma ecco venire in soccorso Antonio Guterres, con un aggiornamento fondamentale della definizione di riferimento: non più global warming ma global boiling, e Giorgia Vasaperna, che ha dato un titolo subito rilanciato dai media.

Guterres: «L’aria è irrespirabile». Ma è così?

«L’aria è irrespirabile», ha aggiunto il segretario generale dell’Onu, «il caldo è insopportabile. Il cambiamento climatico è qui, è terribile ed è solo l’inizio». Tempismo da rivedere, dato che le sue parole sono arrivate nelle ore in cui le “cupole di calore” della scorsa settimana si sono attenuate, con poche zone dell’Europa meridionale sopra i 30 gradi e previsioni del tempo che per i prossimi dieci giorni prevedono su gran parte del nostro continente temperature sotto la media stagionale. L’iperbole è la figura preferita da chi parla e scrive di clima, ma viene da domandarsi – lo ha fatto venerdì lo Spectator – che cosa pensi di ottenere Guterres usando un linguaggio che dice che la vita sulla Terra non è più sostenibile.

Criticare la religione del clima che cambia per colpa dell’uomo e solo dall’uomo salvabile è diventato uno sport pericoloso – c’è chi propone di prevedere un reato di negazionismo climatico, e all’ex leader dell’Ukip inglese Nigel Farage è stato chiuso il conto in banca anche per il suo scetticismo climatico – e il fatto che il paragone di questa emergenza con quella causata dal Covid sia sempre più frequente e assorbito dall’opinione pubblica non fa ben sperare.

Il clima che cambia, gli incendi, le esagerazioni

Sui siti dei principali giornali italiani venerdì la notizia delle dichiarazioni di Guterres era accompagnata dalle fotografie degli incendi in Sicilia, causati dai piromani e in molti casi peggiorati da soccorsi disorganizzati. Perché metterli sullo stesso piano della grandine a Milano? L’allarme sul clima ha bisogno di immagini spaventose per scuotere le coscienze e aumentare l’eco-ansia, come fa notare ancora lo Spectator le riprese video degli incendi di Rodi danno l’impressione che l’intera isola stia andando a fuoco e sia diventata inabitabile: falso, come è statisticamente falso che gli incendi a livello globale siano in aumento.

E qui torna la domanda: a chi giova ripetere alla gente che ormai siamo condannati alla sedia elettrica, non si può respira più e che tra qualche anno pure le correnti dell’Antartide collasseranno, portandoci a morte certa? Davvero gli esperti pensano che la gente possa credere che cappotti termici alle case e auto elettriche cambieranno questo scenario da fine del mondo? Il punto è che sempre più persone pensano che l’umanità sia ormai condannata. Se è così, a che serve “fare qualcosa subito”?

«Colpa del governo». Ma l’Italia è un paese virtuoso

Ogni volta che si punta il dito contro il cambiamento climatico lo si punta contro l’umanità colpevole di volere scaldare la propria casa e viaggiare su auto e aerei, e poi contro chi avanza dubbi sulle soluzioni drastiche ed economicamente insostenibili proposte per contrastare questo cambiamento: nei giorni scorsi si è letto e sentito che se grandina e ci sono incendi è colpa del governo Meloni, del compagno della premier che in tv dice un po’ superficialmente che faceva caldo anche qualche decennio fa, di Salvini che nel 2019 aveva twittato qualcosa di poco scientifico, dimenticandosi che l’Italia è tra i paesi più virtuosi della già virtuosa Europa nella corsa verso gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2, e che essendo il riscaldamento appunto globale, bisognerebbe tenere conto di quei paesi, come la Cina, che continuano ad aprire centrali a carbone.

La politica rivede certe politiche del clima. Il caso inglese

La corsa agli armamenti del linguaggio catastrofista rischia semmai di produrre l’effetto opposto. Anche perché chi governa e propone certe misure di contrasto ai cambiamenti climatici ha un problema non secondario: deve farsi eleggere. E come segnalava il Wall Street Journal, si registrano i primi segnali di implosione della politica climatica: un esempio viene dal Regno Unito, dove l’elezione della scorsa settimana per il seggio in Parlamento lasciato libero dall’ex primo ministro Boris Johnson ha acceso dibattiti all’interno dei due principali partiti britannici proprio sulle politiche green.

A sorpresa hanno vinto i conservatori, e – nota il Wsj – «è chiaro che la sconfitta del Labour è dovuta alle politiche ambientali. Il candidato conservatore ha giocato la gara come un referendum sul piano del sindaco di Londra Sadiq Khan di espandere una tassa sui veicoli più vecchi per tagliare le emissioni di anidride carbonica. La tassa colpisce in modo sproporzionato le famiglie a basso reddito e le piccole imprese che non possono permettersi di acquistare auto nuove, ed è impopolare. Messaggio ricevuto».

Costi delle misure green, la gente vede le contraddizioni

Il leader del partito laburista Keir Starmer ha invitato Khan a «riflettere» sull’opportunità di procedere con l’estensione della tassa. Starmer sta man mano ammorbidendo la linea sulle proposte di politiche climatiche più tranchant: ha rivisto la posizione sulle trivellazioni di petrolio e gas nel Mare del nord, ridimensionato le promesse di “spesa verde”, criticato la tassa sulle automobili inquinanti. Come ovvio, anche i conservatori inglesi – molto più green di tanti colleghi di destra di altri paesi – stanno rivedendo certe ossessioni climatiche, a partire dal piano previsto da Johnson di vietare le caldaie a gas naturale usate da oltre l’80 per cento delle famiglie inglesi.

Questa «esplosione di buon senso» in materia di politica sul clima ha portato molti a reagire dicendo che «il sostegno pubblico a queste politiche è “molto profondo e ampio”». Tesi che però – conclude il Wsj – è smentita dal modo in cui gli elettori si comportano quando si confrontano con i costi reali delle odierne politiche climatiche». La gente si accorge della contraddizione di politiche sempre più estreme e costose che hanno scarso effetto sulle temperature. Che comincino a farlo anche i partiti in occidente è un buon segno.

Tags: antonio guterresCambiamenti climaticinazioni uniteriscaldamento globale
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