
Neanche i mostri si salvano dalla cancel culture mania: «Sono poco inclusivi»

Niente, neanche il mostro passa il tagliando. Pare che nelle biblioteche del Regno Unito siano spariti 16 popolarissimi libri. Il Times ha chiamato 204 addetti e in 163 hanno confermato: è bastato che un bibliotecario ritenesse il contenuto di un libro offensivo o che un cliente, un genitore, se ne lamentasse per rimuovere i volumi.
Tra i titoli censurati quelli di libri illustrati e fumetti rivolti a bambini e ragazzi come Fungus the Bogeyman di Briggs, Tre mostri di McKee, The Uncanny X-Men di Chris Claremont e la serie Tom Swift di Victor Appleton. Nemmeno il famosissimo Cinque settimane in pallone di Verne si è salvato.
L’umo nero è razzista e Verne usa “la parola con la N”
Che cosa c’è nel bogeyman, insomma l’uomo nero, lo spaventa-bambini di Briggs che non va giù lettori inglesi? C’è un “golliwog” (una tradizionale bambola di pezza di colore nero), anzi, la caricatura di un golliwog, “Boggiewogs: The Bogey Golliwog”: «Devo ammettere che sono rimasto piuttosto scioccato dal fatto che la parola fosse ancora stampata in un’edizione del libro del 2012 – è il reclamo di un genitore all’Hertfordshire County Council -, molti di quei libri “classici” degli anni 70 hanno rimosso parole così offensive nelle edizioni successive».
Altrettanto scandalizzato dal linguaggio «inappropriato e razzista» era il cliente che si è lamentato di Cinque settimane in pallone al Coventry Library Services: non solo Verne aveva usato “la parola con la N” ma aveva chiamato le tribù africane «bestiali» e «selvagge».
I Tre Mostri di McKee non sono «inclusivi»
Nell’Essex è sparito dalle biblioteche pubbliche Tre Mostri di McKee, mostri colpevoli secondo un cliente «sconvolto» di non essere «inclusivi» e di utilizzare un linguaggio «controverso» che non trasmette ai bambini il «messaggio giusto»: «Levati dai piedi», dicono il mostro rosso e quello blu appena conoscono quello giallo «non vogliamo nessun buffo straniero da queste parti». E così gli albi di illustrati di McKee, da amatissima risorsa per insegnare diversità, amicizia e convivenza ai bambini, hanno fatto la fine de Le Mille e una notte in Arabia Saudita.
«Razzisti», «discriminatori». Tutte le copie del fumetto dei supereroi Marvel The Uncanny X-Men: The Trial of Magneto di Chris Claremont sono state rimosse dalle biblioteche pubbliche di Edimburgo perché un genitore ha presentato un reclamo sull’”uso della parola con la N” su una pagina. Quelle di Birmingham hanno ritirato tutte le copie di I Hate School di Jeanne Willis e Tony Ross perché un cliente si è lamentato delle illustrazioni immaginate dalla protagonista a scuola: quelle di bambini che si avviavano al patibolo.
Le fake news sui conigli
Rimosso anche Billy Bonkers and the great beach rescue: secondo un cliente uno dei personaggi principali guardava le giovani donne in modo «inappropriato». E via censurando. Rimossi i fumetti con illustrazioni di acconciature e corpi stereotipati, servitù di colore, rimossi anche libri per addetti ai lavori come la Mini Encyclopedia of Rabbit Breeds and Care di Geoff Russell, perché secondo un cliente del South Gloucestershire conteneva consigli “obsoleti” e “preoccupanti” su come prendersi cura dei conigli, che non erano raccomandati dalla Rabbit Welfare Association.
La censura di libri dai contenuti “controversi” è sempre esistita, altra cosa è la cancel culture – di cui ha parlato Alessandro Piperno in una lunga intervista su Tempi di giugno dicendo che «è solo lotta per il potere» – altro ancora questo suo strano spin off che vede protagonista il lettore ordinario lanciato a bomba contro l’ingiustizia morale, politica, religiosa o razziale perché si sente “offeso”. Commenta al Times Louise Cooke, professoressa emerita alla Loughborough University:
«Andando a ritroso nel tempo, la censura si concentrava principalmente sulla sedizione, il tradimento e l’oscenità, ma probabilmente non molto altro oltre a questo. Poi gradualmente l’attenzione si è spostata su questioni potenzialmente dannose, come qualsiasi cosa legata all’autolesionismo o alla violenza. Ora si è passati a includere elementi potenzialmente discriminatori o offensivi per gli individui, forse a causa di caratteristiche protette o convinzioni personali. Nel frattempo si stanno ampliando le categorie di cose che le persone ritengono dovrebbero essere censurate».
Se questo da un lato pone un problema alle biblioteche, dall’alto ci dice molto a proposito degli effetti collaterali della cancel culture.
I grassoni di Dahl e i denti bianchi di Miss Marple
Ricordate quando la mannaia dei sensitivity reader (selezionatissimi lettori “specializzati” nel passare al setaccio manoscritti e libri a caccia di stereotipi, pregiudizi, osservazioni e rappresentazioni tacciabili di lesa sensibilità), è calata su Roald Dahl? Su centinaia di parole come “grasso”, “brutto”, “matto”, “pazzo”, “nero”, “doppio mento”, e su intere frasi rimaneggiate fino al parossismo (a una delle sue Streghe non era più concesso di ragionare come se facesse la «cassiera in un supermercato o segretaria per un uomo d’affari» ma come fosse «uno scienziato di punta o a capo di una azienda»)?
E quando decisero di smacchiare i gialli di Agatha Christie amputandoli i passaggi scabrosissimi quali quelli in cui un nativo dei Caraibi nota che Miss Marple ha i denti «belli e bianchi»? E il repulisti delle opere di Ian Fleming e del suo James Bond?
La paura di quali Mostri?
Condannare o condonare? Gli atenei britannici avevano optato per “sconsigliare” ai giovani universitari, cioè al futuro del Regno Unito, La ferrovia sotterranea di Colson Whitehead per le sue vivide descrizioni della vita degli schiavi, o La signorina Julie di August Strindberg per «i dialoghi sul suicidio», o Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare per «il classismo», o Oliver Twist di Charles Dickens per le scene in cui sono abusati i minori, e addirittura il padre della letteratura inglese Geoffrey Chaucer. E di nuovo, Jane Austen, Charlotte Bronte, l’immancabile Agatha Christie.
Una strampalata battaglia per la censura condotta da caricature del mondo dell’editoria che continua a fare il paio con quella contro la libertà di parola di scrittrici come J.K. Rowling. Il risultato è quello documentato dal Times: un terrificante modo di intendere la vita, la paura che a leggere Shakespeare o Dahl ragazzi e bambini finiscano tutti in analisi, a far la guerra, il colonialismo e i femminicidi, l’ossessione di denunciare i mostri perché non sono abbastanza inclusivi.
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