La preghiera del mattino

Mostri e mostriciattoli crescono all’ombra dell’Occidente liberale

Erdogan, Biden, Stoltenberg
Da sinistra, i presidenti di Turchia e Stati Uniti, Recep Tayyip Erdogan e Joe Biden e il segretario della Nato Jens Stoltenberg (foto Ansa)

Sulla Nuova Bussola quotidiana Eugenio Capozzi scrive: «Giudizi di una superficialità sconvolgente, che non tengono minimamente in conto il dato fondamentale emerso dal compattamento di quelle cinque potenze: e cioè che almeno tre di esse (India, Brasile e Sudafrica) sono regimi democratici fino ad ora in rapporti buoni o ottimi con l’area euro-atlantica, sostanzialmente interni ad essa (come Brasilia e Johannesburg) o ad essa progressivamente uniti da vincoli strategici (Nuova Dehli), e che, a causa della contrapposizione frontale dell’Occidente alla Russia, si stanno allontanando da esso, potenzialmente approdando in quella che potrebbe essere una vera e propria alleanza non solo economica e politica, ma forse anche militare. Insomma, pur di guadagnare qualche metro di terreno nell’Europa orientale, espandersi in Scandinavia e tenere sotto pressione Mosca nella speranza finora vana che il regime putiniano collassi, ad onta dei suoi proclami retorici l’Occidente si è sempre più isolato dal resto del mondo, sta perdendo terreno in zone fondamentali del globo, si sta facendo sempre più nemici. Un risultato disastroso, portatore di enormi difficoltà per il futuro delle democrazie occidentali, di cui nessuno pare però, al loro interno, chiamato a rispondere».

È il disordine mondiale, bellezza!

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Su Formiche Riccardo Cristiano scrive: «Liberarsi dal monismo non vuol dire condividere la visione del Cremlino. E infatti Spadaro ci ricorda che la guerra di Mosca è una guerra d’invasione, irriguardosa delle più elementari norme, perché anche le guerre hanno dei codici comportamentali. Ciò nonostante dobbiamo capire che vista da Mosca la storia è stata un progressivo tentativo della Nato di isolarla, allontanarla, marginalizzarla».

La linea che i gesuiti suggeriscono per esempio verso la Cina è, a mio avviso, sbagliata. Ma le riflessioni metodologiche di Civiltà cattolica sulla Russia, come quella riportate da Formiche, sono preziose.

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Sul Sussidiario Giulio Sapelli scrive: «Ma dietro questa cortina di solidità e di sacra unione si intravede il bradisismo delle relazioni internazionali su cui io mi esercito come osservatore realista da alcuni anni. A che cosa penso? Ma penso al fatto che mentre Erdogan impone ai liberali dell’Ue e della Nato di espellere i resistenti curdi (non dissimili teoricamente dagli eroi ucraini che lottano contro l’orso grande-russo), lo stesso Erdogan si rifiuta di ricevere il premier greco Mitsotakis perché ancora vuol dire la sua sul Trattato di Losanna del 1923 sull’Egeo e sulla sua smilitarizzazione. Senza pensare al fatto che a settanta chilometri da Trieste il premier serbo Vucic tratta da martire Milosevic e i criminali di guerra nei Balcani infiammano strati non indifferenti delle nuove generazioni».

Il disordine mondiale produce mostri e mostriciattoli.

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Su Startmag Francesco Damato scrive: «Se veramente siamo – come ha sostenuto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in una intervista al Corriere della Sera, la prima dopo l’uscita dal Movimento 5 stelle con una sessantina di parlamentari – alla ricerca di un “incidente” per una pretestuosa crisi di governo, il direttore della Stampa Massimo Giannini dovrebbe un po’ pentirsi dell’ottimismo col quale ha messo l’ex presidente del Consiglio in compagnia di Draghi e Mattarella alla ricerca di una “via di fuga dall’apocalisse”. Tale sarebbe in effetti la dissoluzione degli equilibri politici di emergenza trovati l’anno scorso con la formazione dell’attuale compagine ministeriale».

Con tutta la grande stima che ho per Damato non riesco a condividere la sua logica politica secondo la quale si determinerebbe un’apocalisse se la crisi italiana fosse affrontata grazie al voto dei cittadini invece che dalle manovre del Quirinale. Le persone di buona volontà dovrebbero chiedere un ordinato scioglimento delle Camere, dopo l’approvazione della finanziaria e di un piano per il Pnrr, non ostacolarlo. Governare l’Italia dall’alto e dal fuori è quello che dal 2011 ci rende strategicamente perdenti.

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