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Melazzini al Meeting: «Basta assistenzialismo, bisogna andare controcorrente per i nostri figli»

L'assessore lombardo parla a tutto campo di sviluppo, lavoro, imprese e ruolo della pubblica amministrazione. «Ad ogni legge emanata per facilitare il mondo dell'impresa ne sorgono quattro che vanno in direzione contraria».

Massimo Giardina
20/08/2013 - 6:10
Interni
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Sviluppo e lavoro, due temi tanto correlati quanto importanti per l’economia del Paese. Argomenti che verranno affrontati questo pomeriggio al Meeting di Rimini in un incontro dal titolo «Nuove regole per lo sviluppo, nuove regole per il lavoro» a cui parteciperà l’assessore lombardo alle attività produttive, ricerca e innovazione, Mario Melazzini.
«Occorre prima di tutto – spiega Melazzini a tempi.it – fare una riflessione generale rispetto al momento attuale e il titolo del Meeting rimane una forte provocazione. Non possiamo dimenticare che la politica per risolvere i problemi deve prendere in considerazione non solo strumenti, ma il fatto che gli strumenti vengono applicati dall’uomo. La persona quindi viene prima di tutto, sia essa imprenditore o cittadino semplice. E il lavoro, insieme alla famiglia, la vita, fa parte di una filiera di valori da non considerare campi distinti».

Cosa significa per lei questo nel suo lavoro politico?
Bisogna avere il coraggio di osare e andare controcorrente per i nostri figli. Non possiamo permetterci una deriva populistica e dobbiamo avere il coraggio di fare scelte che apparentemente sembrano impopolari, ma che permettono di selezionare e capire da che parte andare. Parlo di scelte di matrice liberale e meno improntate sull’assistenzialismo. Nel concreto del mio assessorato mi rendo sempre più conto di quanto sia necessaria la ricognizione del bisogno. Possiamo andare a stilare dei modelli perfetti ma il problema non è solo dare risorse, ma che le risposte siano concrete e arrivino alla corretta ricognizione di ciò che l’imprenditore ha bisogno: tempistiche certe, semplificazione, facilitazione all’accesso al credito. Ma purtroppo mi rendo sempre più conto che il vero problema è la mancanza crescente di reciproca fiducia tra la pubblica amministrazione e l’imprenditoria. È stato calcolato che ad ogni legge emanata per facilitare il mondo dell’impresa ne sorgono quattro che vanno in direzione contraria.

Quando si parla di lavoro si pensa al cuneo fiscale e alla flessibilità del mercato ancora vincolato da uno Statuto dei lavoratori, seppur con qualche modifica, varato nel 1970. Argomenti legati alla politica e a un cambiamento che dovrebbe arrivare a livello centrale. Cosa può fare di concreto un gestore del territorio come lei?
Le regioni hanno la potenzialità di metter in cantiere dei percorsi sperimentali e quindi agire con strumenti in grado di influenzare i costi del lavoro. È logico che noi non possiamo fare il lavoro del governo, ma le regioni devono muoversi con gioco di squadra e non devono solo fare politiche passive. A maggior ragione noi lombardi abbiamo l’obbligo di patrimonializzare quanto fatto in questi 18 anni dal governo Formigoni.

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Cosa troviamo in cima alla lista tra le priorità del suo assessorato?
Semplificazioni e sburocratizzazioni con strumenti flessibili a favore della competitività. Sto parlando dell’amministrazione unica: non possiamo permetterci di avere molte procedure per avere un obiettivo solo e in particolare l’interlocutore col pubblico deve essere uno. Per questa ragione ha importanza lo sportello unico. Bisogna quindi trovare strumenti dinamici e reali che siano risposta alle esigenze. Ma questo non basta.

Cosa serve d’altro?
La parola d’ordine è rendere semplice il fare impresa e trovare delle forme di agevolazione per attrarre imprenditori nei primi 5 anni di attività. Sull’Irap vale lo stesso discorso, soprattutto per quanto concerne i giovani. Qualche settimana fa, di concerto con l’assessore Aprea, abbiamo realizzato una dote per il lavoro: provvedimento unico nel suo genere che permette la facilitazione dell’inserimento lavorativo. Aggiungo che occorre affrontare il problema delle start up e delle restart up. Fino ad oggi le nuove realtà le abbiamo finanziate a pioggia, ma è sbagliato perché sappiamo benissimo che a distanza di due anni più del 50 per cento chiudono per assenza di risorse e fondi. Bisogna invece avere il coraggio di selezionare delle aree ben precise nelle quali ci si può indirizzare; aree che siano innovative, competitive, ma soprattutto sostenibili. C’è poi tutto un campo di aziende e di imprenditori con dei piani di sviluppo che necessitano aiuto e bisogna metter loro in mano degli strumenti che possano agevolare la crescita.

@giardser

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