Meeting. «Solo il perdono può portare alla pace vera»
«Chi volete, Gesù o Barabba?». La domanda che Ponzio Pilato pose al popolo di Gerusalemme è la stessa di fronte alla quale ci troviamo tutti i giorni. Barabba incarna un modo assolutamente «umano, concreto e attraente» per ottenere giustizia e libertà all’interno di un conflitto. Gesù invece incarna la via del perdono fino alla morte in croce.
Parlare di pace «senza retorica e ideologia»
Sembra una disquisizione teologica e invece non lo è. Soprattutto se la scelta viene calata in una realtà estremamente complessa da districare come quella della Terra Santa, dove la contrapposizione tra palestinesi e israeliani non sembra avere via d’uscita Si può perdonare il nemico che ha ucciso nostro fratello? Si può perdonare chi ha calpestato i nostri diritti?
È in questa realtà che vive ogni giorno Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini, ed è questo il dilemma che ha posto alla platea del Meeting nell’incontro di apertura della XLIII edizione. «Parlare di pace e giustizia in Terra Santa è faticoso», ha premesso, e si rischia così tanto di scadere nella «retorica» o nella «ideologia» che, «per non essere banale o insignificante, non vorrei parlarne più».
Pizzaballa: «Non c’è pace senza perdono»
Ma al Meeting il Patriarca è partito dal suo stile e dalla sua esperienza, che si fondano su una parola: «Non si può parlare di pace senza usare la parola “perdono”, che in Terra Santa è quasi un tabù». «Il perdono è visto spesso come debolezza e rinuncia alla difesa dei propri diritti. Ma non è così. Scegliere la strada di Gesù non è scegliere l’indifferenza ai mali del mondo, non è cristianesimo disincarnato. Il perdono assomiglia a una sconfitta, Gesù sulla croce è morto e non ha risolto nessuno dei problemi sociali e politici del suo tempo. Ma è l’unico in grado di liberarci».
Teoria? Niente affatto. Pizzaballa porta l’esempio della piccola comunità cattolica di Gaza, «che è oppressa e avrebbe tutto il diritto di lamentarsi e recriminare. Invece è attiva, e anche se è povera fa la carità a tutti. Non ho mai sentito da loro rancore o rabbia verso nessuno. Per insegnare perdono, giustizia e pace bisogna prima sperimentarli su di sé, solo così si possono testimoniare».
La sfida della pace in Centrafrica e in Russia
All’incontro è intervenuto anche Dieudonné Nzapalainga, cardinale arcivescovo di Bangui, che ha raccontato (come nella sua intervista a Tempi) di come si è battuto e ha rischiato più volte la vita per spingere le parti in conflitto in Centrafrica al dialogo, rinunciando alle armi: «La pace si ottiene solo attraverso il dialogo e non imponendola dopo aver vinto con le armi. Bisogna andare incontro all’altro, in quanto altro, colui che si considera nemico e dialogare con lui nella verità. Solo questa è la vera pace che affonda le sue radici in Dio e la riceviamo da Gesù Cristo».
Dalla capitale della Russia si è collegato anche l’arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, monsignor Paolo Pezzi (leggi qui la sua intervista a Tempi), che ha ricordato che «la pace è quanto di più lontano ci possa essere dal cuore dell’uomo, per questo se ne parla tanto. La pace non è una conquista umana, ma è portata da Dio attraverso il perdono. E solo noi cristiani possiamo portare il perdono di Dio nel mondo».
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