Oggi sul quotidiano Italia Oggi è stato pubblicato un articolo di Giovanni Bucchi intitolato “Inchiesta sul Meeting di Rimini, il sequestro ridotto a un quarto”. Lo riproponiamo di seguito.
Il sequestro è stato confermato per un quarto dell’importo iniziale, dopo un accordo tra Procura e difesa. Oltre a questo, una delle due modalità con cui, per l’accusa, venivano modificati i bilanci per far risultare false perdite e ottenere così contributi pubblici da quegli enti che li elargiscono solo a organizzazioni senza utili, è stata contestata a suon di carte dalla difesa. Tanto che rischia adesso di crollare.
L’inchiesta della guardia di finanza di Rimini sulla Fondazione Meeting per l’Amicizia tra i popoli (che organizza ogni anno a fine agosto la manifestazione in Romagna di Comunione e Liberazione) e di tre dirigenti dell’ente ritenuti responsabili di truffa aggravata, procede spedita. E dopo più di un anno di verifiche, la Procura si sta avviando alla conclusione delle indagini. Il Tribunale del riesame di Rimini, lunedì, ha rigettato il ricorso degli avvocati di difesa (Sergio De Sio, Cesare e Roberto Brancaleoni, Armando D’Apote) che chiedevano di liberare beni sotto sigilli. I giudici però hanno confermato il sequestro di 310mila euro, cifra ritenuta pari ai soldi ottenuti illegittimamente nel 2009 e 2010 da Camera di commercio di Rimini, Agenzia di marketing turistico della Provincia di Rimini, Regione Emilia-Romagna e ministero dei beni culturali. In un primo momento, l’ordinanza parlava di beni per 1,2 milioni tra cui la sede della Fondazione, conti correnti, immobili e terreni. Dopodiché, la Procura ha acconsentito di lasciare sotto provvedimento solo un conto corrente volontariamente versato dagli indagati.
Da qui le parole di «soddisfazione» della Fondazione, «vista la sproporzione che avevamo già rilevato rispetto al primo sequestro». «È iniziato», si legge nella nota, «un percorso verso la chiarezza di questa vicenda durante il quale auspichiamo che possa risultare che la Fondazione ha agito nella massima trasparenza, mentre ribadiamo di aver operato con la massima correttezza».
Secondo la Procura, erano due gli artifizi per far risultare in perdita i bilanci. Il primo, consisteva nella presunta sovraffaturazione di alcune pagine pubblicitarie comprate sulla rivista della Compagnia delle Opere, circostanza, questa, smentita dall’organizzazione milanese e contestata dalle difese sventolando i contratti.
La Fondazione, infatti, aveva comprato una ventina di pagine pubblicitarie pagate con un piccolo sconto, ma ne aveva utilizzate solo la metà per pubblicizzare l’evento perché le altre, come da contratto, venivano riservate agli sponsor. Dunque, dicono gli avvocati, non è stato sborsato niente più del dovuto, anzi un po’ meno; e non è stato architettato nessuno stratagemma per far uscire più soldi così da abbattere gli utili.
La seconda contestazione è più complessa: la Procura sostiene che nel 2009 la Fondazione abbia creato la società Evidentia srl (interamente controllata) addetta alla raccolta pubblicitaria e l’abbia poi utilizzata per scaricare i guadagni di troppo. Come? Riservandogli il 15% di provvigione fino alla cifra di 5 milioni e alzando la percentuale una volta che si andava oltre quel limite. Da qui l’accusa di truffa aggravata e di aver indotto in errore gli enti.