
Roccella chiede aiuto alle imprese per combattere la denatalità

«Le attività economiche che vogliono definirsi “socialmente responsabili” dovrebbero considerare la gerarchia dei diversi profili del bene pubblico, a partire non solo da quello che riguarda il presente, ma la lunga durata, la continuità delle generazioni, l’orizzonte del domani: quindi in primo luogo la procreazione. D’altronde, il contributo delle imprese a che la società abbia un futuro è un investimento sul futuro delle imprese stesse». Inizia così la proposta di Codice di autodisciplina di imprese responsabili in favore della maternità, presentata ieri dalla ministra per la Famiglia, Natalità e Pari opportunità, Eugenia Roccella. L’occasione è stata il convegno, organizzato a Roma da Farmindustria, “Per una primavera demografica. Quali politiche per la natalità”.
«Un’azione coordinata contro l’inverno demografico»
Un settore, quello delle imprese farmaceutiche, che può essere preso a «esempio per arginare l’emergenza demografica in Italia e rilanciare la natalità, senza la quale non c’è futuro per la Nazione», come ha detto il presidente Marcello Cattani, sottolineando come in quel settore ci sono sempre più imprese che si stanno certificando per la parità di genere, e «si registra un numero di figli superiore del 45 per cento rispetto alla media nazionale».
Numeri usati da Eugenia Roccella per dire che «l’inverno demografico non si combatte solo con l’azione di governo, ma con un’azione coordinata: solo coinvolgendo enti, aziende, mondo del no profit, sindacati, tutto quello che si può muovere per accompagnare l’azione di governo sulla natalità, possiamo tornare ad avere la prospettiva di una primavera demografica». Eppure l’esecutivo qualcosa ha fatto e fa, sottolinea la ministra che ricorda come il nome del suo ministero sia «un programma di governo che abbiamo subito iniziato ad attuare in Finanziaria nonostante le condizioni difficili in cui ci siamo trovati. Abbiamo voluto dare subito un segno di attenzione investendo un milardo e mezzo sulla famiglia». Quello della natalità è un tema di legislatura, ha aggiunto, resterà un obiettivo prioritario del governo per i prossimi anni e se ne vedranno i frutti a fine legislatura.
La maternità come valore sociale
Parlando alla platea romana dopo l’intervento del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, Roccella ha voluto innanzitutto «sfatare un luogo comune sulla natalità, e cioè il fatto che non si facciano più figli soltanto per una questione economico, di lavoro che non c’è, di mancanza di aiuti sufficienti». Il problema c’è, negli ultimi anni chi ha governato ha dato sempre meno, facendo diventare la famiglia qualcosa che impoverisce, «e il governo vuole dare di più, puntando anche su lavoro e sviluppo, lasciando libertà di fare a chi vuole fare», dice Roccella citando Giorgia Meloni. Ma quello economico non è l’ostacolo principale per chi vuole fare figli: «Una volta erano considerati una ricchezza, questa è una consapevolezza che si è persa. Per questo dobbiamo lavorare a un cambiamento culturale, per tornare a dare alla maternità un valore sociale».
La maternità non è solo scelta privata, ha detto Roccella, che ha ricordato l’importanza della paternità ma anche sottolineato l’ovvio che ormai ovvio non è, e cioè che sono le donne che hanno la gravidanza, il parto, l’allattamento, «e poi sono penalizzate nel rientro al lavoro. Fare figli è un lavoro socialmente utile, ci si fa carico di qualcosa che serve all’intera comunità». Si parla di Next Generation per il Pnrr, «ma quale dimensione avrà questa prossima generazione? Ci sarà davvero solo se le donne sono libere di fare figli».
Una questione di libertà
Le ricerche dimostrano che il desiderio di maternità è inalterato da decenni tra le donne italiane, che in media vogliono fare almeno due figli, ma non ne fanno, oppure ne fanno uno, o iniziano a provare a farli tardi. «Se succede così è per una mancanza di libertà, se il mio desiderio è impedito non sono libera. Ecco perché bisogna ridare valore sociale alla maternità. Se io dico “sono mamma” non ho nessun prestigio sociale, se dico “sono ad di un’azienda” sì. È bellissimo vedere tante donne con responsabilità importanti, ecco perché è fondamentale che la maternità non sia ostacolo alla realizzazione di una donna in tutti gli ambiti. L’ideale è arrivare a una condizione in cui se sono madre posso essere Presidente del consiglio, ministra, amministratore delegato, avere ruoli importanti senza che questo finisca per essere un problema da una parte e dall’altra».
Bisogna agire su questo, ha ribadito Roccella, osservando come oggi rispetto al passato manchi quella «spontanea rete di parentela che aiutava le donne a essere madri, non le lasciava da sole. Oggi non c’è più, e non si può tornate indietro, non si ricostruisce quella rete: la gente, le famiglie, i progetti sono cambiati. Bisogna intervenire attraverso un welfare di prossimità che accompagni e non faccia sentire sole le donne che hanno figli». Numeri ed esempi virtuosi di aziende dimostrano che è possibile, ma bisogna moltiplicare gli strumenti oltre all’assegno unico, da aumentare e difendere in Europa.
A cosa serve il Codice
Ecco perché la ministra ha presentato il Codice di autodisciplina, «uno strumento di moral suasion che affiancherà le misure per favorire l’ingresso e la permanenza delle donne nel mondo del lavoro, come l’introduzione del sistema della certificazione della parità di genere, con l’obiettivo di ridurre il fenomeno delle dimissioni per maternità, ancora diffuso, e di creare un clima culturale ed economico di collaborazione sulla maternità tra aziende e dipendenti», si legge sul sito del ministero.
Come? Proponendo alcuni ambiti di comportamento aziendale: «il favore per la continuità di carriera delle madri, le iniziative di prevenzione e cura dei bisogni di salute, l’adattamento dei tempi e modi di lavoro, il sostegno alle spese per la cura e l’educazione dei figli». L’adesione a questo codice per le aziende è volontario, ha ricordato Roccella, chiudendo con un appello alle imprese: «Se collaboriamo, se abbiamo chiaro l’obiettivo a cui vogliamo arrivare riusciremo ad avere una primavera demografica».
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