L’Italia morirà di denatalità e il governo pensa ai bonus
Welfare a rischio, saltate le regole del gioco del lavoro e del pensionamento o raddoppia la torta del Pil o non ci saranno soldi per scuola e sanità, «è inevitabile. Questa è la guerra tra poveri che sarebbe bene evitare. Ormai c’è una certa consapevolezza del problema. Ma anche resistenza nel prendersi la responsabilità di fare qualcosa per risolverlo». Non è il “solito” allarme quello lanciato ieri sul Corriere da Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat, non è la “solita” denuncia del crollo della natalità quando parla di famiglie, pensioni, giovani e spiega che solo a dicembre sapremo quanto la paura di Covid avrà inciso nel posticipare la scelta di fare figli, «temo che nel 2021 potremo scendere sotto le 400 mila nascite».
Solita nel senso di ennesima, nota da oltre dieci anni: è dal 2009 che il bravo demografo costringe l’Italia a ragionare sulle drammatiche conseguenze dell’inarrestabile calo delle nascite (oltre un quarto da allora) e della rottura del giocattolo del ricambio generazionale, dieci anni che poco si è fatto e molto negato. Come quando si sprecavano titoli sulla “risorsa immigrati” che avrebbe risolto i problemi previdenziali degli italiani e aggiustato il tasso di natalità, o che il saldo migratorio avrebbe invertito l’invecchiamento della popolazione italiana. Non è così, il declino «riguarda anche la popolazione straniera. L’immigrazione oggi porta 62 mila nati all’anno, dopo essere arrivata a 80 mila», e – Covid o non Covid – in Italia c’è soprattutto un problema strutturale, «si sta riducendo il numero di persone in età feconda. I nati all’apice del baby boom oggi hanno 56 anni. Le generazioni in età riproduttiva saranno sempre più ristrette», spiega Blangiardo a Federico Fubini.
«LO STATO NON SALVA L’ITALIA, COINVOLGERE I PADRI, LE IMPRESE»
Ora siamo al dunque, l’alterazione dei meccanismi del ricambio generazionale ha provocato un drammatico squilibrio, ce lo ripetiamo da anni e oggi sappiamo che «abbiamo 33 ultrasessantacinquenni ogni cento soggetti in età attiva. Tra trenta o quarant’anni questo numero raddoppia, dunque raddoppia anche la fetta delle pensioni in proporzione al prodotto interno lordo». A questo punto o raddoppia la torta o si taglia altrove. È il solito discorso, e ancora una volta “solito” sta per noto da tempo: di rischi per la stabilità del sistema si parla dalla Prima Repubblica, ma nessuno si è mai assunto la responsabilità di interventi sul versante demografico.
Al di là dell’“effetto Chernobyl” (dopo l’arrivo della nube tossica la natalità calò in Italia del 10 per cento), Covid ci costringe ora rimettere mano al welfare, e ancora una volta Blangiardo non usa giri di parole: «Dobbiamo rendere compatibili lavoro e maternità, con un maggiore coinvolgimento dei padri», «ci siamo sempre illusi che dovesse essere lo Stato a risolvere il problema con un bonus, un aiuto, una legge. Invece occorre coinvolgere su questa vera e propria emergenza anche altri attori: il non profit o le imprese, che possono offrire ai dipendenti il servizio di asilo nido. Non è paternalismo, è un investimento». Ancora: oggi i giovani sono a casa, «ma solo perché la mobilità si è bloccata. La scommessa sarà riuscire a creare condizioni che consentano loro di restare anche dopo per la ricostruzione. Altrimenti andranno a fare la ricostruzione degli altri paesi».
BONUS A PERDERE E MANCETTE
Per quanto ancora ad allarme sul “rischio Grecia” risponderemo con infornate di bonus? Gli incentivi pensati dal governo per fare ripartire l’economia post lockdown dimostrano il fiato corto di un esecutivo che non guarda, non diciamo al futuro, ma nemmeno al di là dei prossimi sei mesi, al 2021, al superamento della soglia al ribasso dei 400 mila nati: bonus baby sitter, indennità da 500 euro per i lavoratori domestici, bonus biciclette, bonus monopattini, bonus motorini ecologici, bonus vacanze. Come avevamo già scritto qui, questi non sono soldi dati “a pioggia”, ma “a temporale”: a tutti e senza alcun criterio. Molti hanno applaudito all’assegno universale, misura certamente a sostegno del principio che per il paese i figli non sono un costo privato a carico delle famiglie ma ciascuno ha un valore per la collettività. Ma quanto servirà ad affrontare l’ampiezza del dramma della denatalità che diminuisce la ricchezza sociale attraverso effetti negativi sulla mobilità economica? Non con la mancetta dello Stato, ha ragione Blangiardo, i bonus “figli” del reddito di cittadinanza e quota 100, daremo una sterzata a un paese sempre più vecchio, che riempie sempre meno culle moltiplicando variazioni di misure mordi e fuggi già in vigore e precipita nei bassifondi delle graduatorie internazionali della competitività e della formazione.
I BAMBINI NON SONO MONOPATTINI
Qui al di là degli slogan non c’è l’ombra di un progetto per il paese, solo palliativi: indicativo in tal senso il dato per cui i bonus più chiacchierati si sono rivelati un flop, il bonus vacanze non l’ha voluto nessuno, per il bonus bici invece non ci sono ancora i fondi necessari, per non parlare della farsa degli incentivi auto o del cinema sui furbetti dei 600 euro. Ovvio e banale sottolineare che invece di decine di piccoli interventi mirati, intanto, una detassazione vera o l’introduzione di misure premianti avrebbero potuto rendere più stabile nel tempo la sostenibilità dei settori che lo Stato vuole aiutare. Ma è dal punto toccato oggi da Blangiardo che si deve ripartire, dai padri, non profit, imprese, giovani. Come spiegava intervistato all’inizio della Fase 2 da Tempi: «Dal secondo Dopoguerra non c’è mai stato un intervento demografico, solo azioni di contrasto all’esclusione e alla povertà, vedi tutti i vari bonus bebè o sistemi di agevolazioni fiscali che decrescono rapidamente al crescere del reddito, fino ad annullarsi per il ceto medio-alto. E questo non può essere un motivo di soddisfazione per nessuno: molto prosaicamente, chi si prenderà cura, chi procurerà le risorse umane e materiali per fronteggiare – Covid o non Covid – l’inevitabile crescita della popolazione anziana? I bambini non sono semplici oggetti di lusso, né beni di consumo privato in competizione con altre voci di costo, casa, auto, vacanze…». Servono bambini e giovani lavoratori, e servono subito. Bambini, non monopattini.
Foto Ansa
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!