Chissenefrega dei furbetti del bonus/2 (e politici senza palle)

Di Rachele Schirle
13 Agosto 2020
I furbetti dei 600 euro. Perché l'Inps rovista nei dati dei cittadini con finalità diverse dal motivo per cui li possiede? E perché i leader politici non dicono niente?

Come scrivevamo ieri, c’è uno scandalo piccolo e uno scandalo grande. Quello piccolo, ma rumoroso, riguarda la storia dei tre parlamentari che hanno fatto richiesta del bonus Covid da 600 euro. È una cosa vergognosa? Certo che lo è. Se hai uno stipendio da 12 mila euro mensili e approfitti di una legge scritta male per portare a casa quattro spiccioli, non ci stai facendo una bella figura. Detto questo, non hai violato nessuna legge e non hai commesso alcun reato. Lo scandalo grande, come abbiamo già osservato, è costituito da un esecutivo che governa a botte di bonus, non avendo alcuna visione strategica per il paese. Mancette a tutti, fin che ce n’è.

Che fa l’Inps?

Ieri s’è aggiunto un nuovo episodio di questo scandalo grande che solo alcuni commentatori hanno osato mettere in rilievo. Si tratta dall’iniziativa presa dall’Inps che, come ha osservato Federico Fubini sul Corriere della Sera, è qualcosa di inquietante. «Com’è potuto succedere – ha scritto Fubini – che la direzione “antifrode” dell’istituto previdenziale sia andata a setacciare posizioni per le quali non aveva mandato?».

Con quale autorità un’amministrazione dello Stato, che custodisce i dati dei cittadini, si permette di renderli disponibili sebbene questi stessi cittadini non hanno fatto nulla di illegale? Di più: come si giustifica questo atto da parte di un’amministrazione dello Stato che ha fatto controlli solo in base a una certa “categoria”, in questo caso i politici? A quale titolo l’Inps vigila sulla morale degli italiani?

Gli schiavi di Twitter

Ogni volta che abbiamo a che fare con la pubblica amministrazione dobbiamo firmare moduli su moduli nel rispetto della privacy, poi, però, un ente dello Stato si permette di rovistare tra i nostri dati e, non in base a reato, ma in base a un giudizio “morale”, permette ci mette alla gogna sulla pubblica piazza. Questo significa, notava ancora ieri Fubini, che abbiamo «un’amministrazione dello Stato – o qualcuno lì dentro – che usa i dati dei cittadini di cui è in possesso con finalità estranee al funzionamento dell’ente stesso». Non è un caso, insomma, che il Garante per la protezione dei dati personali abbia aperto un’istruttoria su questo incredibile modus operandi dell’Inps. 

Il fatto poi che i partiti politici e i loro leader, anziché insorgere contro questa palese barbarie, si accodino nel chiedere la ghigliottina mediatica per i reprobi, dice solo del livello infimo cui è giunta la nostra classe politica. Gente senza palle, schiava dei trend su twitter e del moralismo bacchettone degli anticasta.

Foto Ansa

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