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Libia, tutti vogliono sconfiggere l’Isis a Sirte. Il problema è perché

Ognuno vuole fare la sua parte contro l'Isis per guadagnarsi crediti con i quali rivendicare fette di potere quando si deciderà il futuro della Libia

Leone Grotti
04/06/2016 - 1:00
Esteri
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Tutti vogliono sconfiggere lo Stato islamico in Libia. Le milizie di Misurata, ben retribuite dal governo onusiano di “unità nazionale”, quelle di Ibrahim Jathran, che nel 2014 prima di atteggiarsi a liberatore era considerato alla stregua di un furfante, e ovviamente quelle del generale Khalifa Haftar. Il problema è che nessuno lo fa per eliminare una minaccia vitale per il paese, per la sua unità e per tutta l’Europa, scrive il New York Times.

ISIS A SIRTE. L’Isis si è stabilito nella città di Sirte, città natale di Gheddafi, ma dopo un primo momento di gloria sta perdendo terreno. Fino a pochi mesi fa controllava 240 chilometri di costa, ora appena 160. Merito delle diverse milizie che, forse anche con l’appoggio di forze speciali europee, si stanno facendo strada a suon di conquiste.

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FRONTE OCCIDENTALE E ORIENTALE. I soldati di Misurata, potente città costiera tra Tripoli e Sirte, fulgido centro commerciale, sono ormai a una trentina di chilometri dalla città. Attualmente combattono per conto del governo di unità nazionale di Fayez al-Serraj, che spera di sconfiggere lo Stato islamico per poi riuscire finalmente a unire i due governi rivali di Tripoli e Tobruk. I jihadisti sono sotto attacco anche sul fronte orientale, dove gli uomini di Jathran, giovane comandante che ha sfruttato il caos della rivoluzione per mettere le mani sui pozzi petroliferi del paese, sono ormai a 130 chilometri da Sirte. In mancanza di coordinamento e forti motivazioni, però, non è chiaro se queste fazioni arrischieranno a prendere anche il centro città, dove risiedono migliaia di jihadisti e il rischio di attentati suicidi è più alto.

NEMICI-AMICI-NEMICI. I misuratini e la milizia di Jathran si sono combattuti fino a poco tempo fa per il controllo dei giacimenti petroliferi. E non è detto che non riprendano a farlo una volta sconfitto il nemico comune. Ora ognuno vuole fare la sua parte contro l’Isis per guadagnarsi crediti con i quali rivendicare fette di potere quando si deciderà il futuro della Libia. A nessuno, però, sembra interessare molto dell’unità nazionale.

libia-moneta-tripoli-tobrukHAFTAR A BENGASI. Ancora più a est c’è poi l’esercito del generale Haftar, braccio armato del parlamento di Tobruk. Per ora si sta concentrando su Bengasi e Derna, ma continua a ripetere di essere l’unico in grado di cacciare lo Stato islamico dalla Libia. Se ce la facesse, nessuno potrebbe più escluderlo, come da mesi cerca di fare Serraj, da un ruolo di potere reale in un’ipotetica Libia unificata.

GUERRA MONETARIA. Il caos politico e militare si ripercuote anche sulla politica monetaria. Nell’est controllato da Tobruk la filiale locale della Banca centrale ha cominciato a usare nuove banconote stampate in Russia. Ne sono da poco arrivate per un valore di 200 milioni di dinari, ma la cartamoneta stampata è pari a 4 miliardi. La sezione di Tripoli, invece, ha ricevuto 112,5 milioni di dinari in banconote stampate dalla società britannica De La Rue. Ovviamente diverse da quelle di Tobruk.

@LeoneGrotti

Foto Ansa/Ap

Tags: bengasihaftarIsisjathranlibiamisurataONUserrajsirteStato Islamicotobruktripoli
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