La «rinascita» di Boko Haram terrorizza la Nigeria (e i cristiani)

Di Leone Grotti
04 Luglio 2024
Quattro donne kamikaze inviate dai jihadisti fanno strage a Gwoza, nel nord del paese, mentre i terroristi diffondono filmati dove i cristiani rapiti implorano pietà
Il reverendo Paul Musa, rapito in Nigeria, costretto a realizzare un video dai terroristi di Boko Haram
Il reverendo Paul Musa, rapito in Nigeria l'anno scorso, in un video diffuso da Boko Haram

Si è presentata al matrimonio come una mendicante, con la figlia avvolta in una fascia dietro la schiena. L’hanno fatta entrare e prima che potessero fermarla, la donna si è lanciata a terra azionando la cintura esplosiva in mezzo agli invitati.

L’attentato suicida avvenuto intorno alle 3 del pomeriggio del 29 giugno a Gwoza, stato di Borno, ha sancito il ritorno del terrore targato Boko Haram nel nord della Nigeria, già falcidiato dalla violenza dell’Iswap e dalle bande armate di terroristi Fulani.

Quattro attentati suicidi in un giorno

Sono passati tre anni dall’ultimo attentato suicida del gruppo terroristico islamico. Anche allora, i jihadisti avevano usato due donne per colpire una moschea nella periferia di Gwoza. Sabato, invece, quattro donne si sono fatte esplodere in diverse località uccidendo almeno 32 persone.

Se la prima ha devastato il ricevimento di un matrimonio, una seconda donna ha colpito un posto di blocco, dove alcuni militari l’avevano fermata per un controllo. La terza esplosione è avvenuta vicino a un ospedale, mentre la quarta attentatrice si è fatta esplodere a una preghiera funebre per le vittime del primo attentato.

Il ritorno di Boko Haram

Gli attentati non sono stati rivendicati, ma secondo gli esperti non può trattarsi che della fazione Jas (Jama’tu Ahlis Sunna Lidda’awati wal-Jihad) di Boko Haram, quella guidata da Abubakar Shekau fino al 2021.

Non solo perché la base di Boko Haram si trova sulle colline a pochi chilometri da Gwoza, città dove i jihadisti fondarono un califfato di breve durata nel 2014, ma anche per la modalità dell’attentato.

Nel 2016 il gruppo si è infatti diviso in due: la Jas di Shekau e l’Iswap affiliato all’Isis. L’Iswap, però, spiega lo studioso Vincent Foucher, «non ha mai utilizzato attentatrici suicide donne», che resta invece un marchio di fabbrica della Jas.

Le donne usate come kamikaze

Secondo una ricerca del 2017 pubblicata dal Combating Terrorism Center at West Point, tra il 2014 e il 2017 Boko Haram ha compiuto 434 attentati con kamikaze. Di questi, 244 erano donne.

Non tutte le ragazze che accettano di farsi esplodere, spesso giovani rapite nel nord del paese, sono effettivamente radicalizzate dopo aver subito in cattività il lavaggio del cervello. Molte vengono minacciate e obbligate a colpire.

La predilezione per le donne da parte di Boko Haram si deve soprattutto al fatto che l’hijab comunemente indossato da tutte le donne nel nord del paese, a prevalenza islamica, può facilmente nascondere la cintura esplosiva.

Cristiani rapiti e perseguitati

Il quadruplice attentato a Gwoza è stato preceduto dalla pubblicazione di un breve filmato del pastore della Cocin Paul Musa, rapito dai terroristi insieme alla moglie nel marzo 2023. L’uomo, costretto a vestire una tuta arancione che richiama quelle indossate dai prigionieri della base americana di Guantanamo nel 2001, viene ripreso in ginocchio, con un jihadista alle spalle con in braccio un kalashnikov. La bandiera nera dei terroristi che sventola al suo fianco.

«Pagate il riscatto», dice il pastore nel video, «o io e mia moglie verremo uccisi». I terroristi avrebbero già rifiutato una prima offerta da parte della congregazione.

«Aiutatemi nel nome di Dio»

Un secondo filmato è stato diffuso da Boko Haram dopo il rapimento il 22 giugno di un sacerdote cattolico dalla chiesa cattolica di St Raymond, nello Stato settentrionale di Zamfara, infestato dai jihadisti.

Nel video di 51 secondi fatto pervenire alla diocesi di Sokoto, padre Micah Suleiman dichiara: «Non esiteranno a uccidermi. Vi imploro, nel nome di Dio, di aiutarmi a uscire fuori da qui. Guardatemi, guardate le mie gambe, sono stato picchiato con le gambe incatenate. Qui sono solo, non ci sono altri prigionieri con me. Loro uccidono tutti quelli che rapiscono. Vi prego nel nome di Dio di aiutarmi».

«La rinascita di Boko Haram»

Il ritorno di Boko Haram è un segnale allarmante per la Nigeria a un anno dalla salita al potere di Bola Tinubu. Il presidente ha promesso, come i suoi predecessori, di risolvere l’epidemia di omicidi e rapimenti che affligge il nord del paese da ormai 20 anni, ma la situazione nell’ultimo anno non è migliorata. I recenti attentati, spiega al New York Times l’esperto Cameron Hudson, potrebbero essere un segnale della «rinascita dei jihadisti».

Come già accaduto in passato, il principale obiettivo sono i cristiani, che i terroristi islamici perseguitano nel tentativo di cacciarli dal nord della Nigeria, dove Boko Haram vorrebbe far nascere un nuovo califfato.

Secondo l’ultimo rapporto di Open Doors, la Nigeria è l’epicentro della violenza anticristiana: nel gigante africano l’anno scorso sono stati uccisi per la loro fede 4.118 cristiani, l’82 per cento del totale globale.

@LeoneGrotti

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