Un mucchietto di zenzero bruciacchiato langue al centro del cortile deserto. Tutt’attorno gli fanno da cornice mura annerite dal fuoco, pareti sventrate, ricoperte di fori di proiettile, tetti di lamiera sfondati o spariti nel vorticare delle fiamme. Dappertutto cenere, polvere e desolazione all’ombra di grandi alberi di mango. Qua e là le vestigia della vita che fino a pochi mesi fa abitava la casa immersa nella ricca vegetazione nigeriana: un pentolino dove cuocere lo yam o la cassava, un paio di infradito, jeans issati su un bastone come fossero una bandiera, qualche indumento sparso tra i calcinacci e il carbone. Nathan Thomas Yashim cammina veloce tra le rovine della casa che fu dei suoi genitori. Se la rabbia ha sveltito il suo passo, il dolore ha indurito i suoi occhi. Non perde tempo a descrivere le stanze dove ha riso e pianto nella sua infanzia. Attraversa rapidamente la corte e si ferma all’esterno, di fianco all’abitazione, davan...
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