Tempi
  • ACCEDI
ABBONATI
  • Esteri
    • Guerra Ucraina
    • Unione Europea
    • USA
    • Cina
    • Cristiani perseguitati
    • Terrorismo islamico
  • Politica
    • Elly Schlein
    • Giorgia Meloni
  • Giustizia
    • Magistratura
    • Carceri
  • Economia
    • Recovery Fund
    • Lavoro
    • Euro
    • Mutui
  • Ambiente
    • Clima
    • Crisi energetica
  • Salute e bioetica
    • Covid-19
    • Eutanasia
    • Fecondazione assistita
    • Aborto
  • Chiesa
    • Cristianesimo
    • Papa Francesco
    • Benedetto XVI
    • Luigi Giussani
    • Comunione e Liberazione
  • Sfoglia Tempi
    • Sfoglia Tempi digitale
    • Giugno 2023
    • Maggio 2023
    • Aprile 2023
    • Marzo 2023
    • Febbraio 2023
    • Gennaio 2023
    • Dicembre 2022
Nessun risultato
Visualizza tutti i risultati
  • Esteri
    • Guerra Ucraina
    • Unione Europea
    • USA
    • Cina
    • Cristiani perseguitati
    • Terrorismo islamico
  • Politica
    • Elly Schlein
    • Giorgia Meloni
  • Giustizia
    • Magistratura
    • Carceri
  • Economia
    • Recovery Fund
    • Lavoro
    • Euro
    • Mutui
  • Ambiente
    • Clima
    • Crisi energetica
  • Salute e bioetica
    • Covid-19
    • Eutanasia
    • Fecondazione assistita
    • Aborto
  • Chiesa
    • Cristianesimo
    • Papa Francesco
    • Benedetto XVI
    • Luigi Giussani
    • Comunione e Liberazione
  • Sfoglia Tempi
    • Sfoglia Tempi digitale
    • Giugno 2023
    • Maggio 2023
    • Aprile 2023
    • Marzo 2023
    • Febbraio 2023
    • Gennaio 2023
    • Dicembre 2022
Nessun risultato
Visualizza tutti i risultati
Tempi
ABBONATI
Home Interni

La fecondità degli immigrati e altre mezze bugie che non fermeranno la morte demografica del nostro paese

La verità è che sull'invecchiamento della popolazione italiana e sulla sostenibilità del nostro welfare le cose stanno anche peggio di come ce le raccontano. Intervista al demografo Gian Carlo Blangiardo

Rodolfo Casadei
21/09/2014 - 4:30
Interni
CondividiTwittaChattaInvia

Lo sapevate che in Italia gli ultranovantacinquenni sono circa 100 mila, ma nel 2065 saranno la bellezza di 1 milione e 258 mila? Che la popolazione residente in Italia non supererà mai i 62,1 milioni, dopodiché scenderà fino a essere, nel 2065, la stessa di oggi, cioè 59,4 milioni, ma con la differenza che oggi meno di 1 cittadino su 10 è straniero, mentre nel futuro lo sarà 1 su 5? Lo sapevate che la famosa alta fecondità degli immigrati è un mito, considerato che nell’arco di appena cinque anni il numero di figli per donna fra le straniere residenti in Italia è sceso da 2,5 a 2,1? Che da più di un decennio il numero degli over 65 ha superato quello degli under 20 e che nel 2027 gli ultraottantenni saranno più numerosi dei residenti italiani sotto i 10 anni di età? E che in dieci anni (fra il 2001 e il 2011) la classe d’età degli attuali 25-29enni italiani ha perso 30 mila unità a causa dell’emigrazione dei cervelli e delle braccia giovani?

demografia-italia-tempi-blangiardo-k

Queste e altre poco incoraggianti cose ancora sapreste se aveste partecipato al piccolo incontro tenuto dal demografo Gian Carlo Blangiardo, ordinario di demografia all’Università di Milano-Bicocca, svoltosi durante l’ultimo Meeting di Rimini presso lo stand del Movimento per la Vita. Uno di quegli incontri di nicchia che sono una specialità della kermesse riminese, fuori dal programma ufficiale, ma ricchi e stimolanti come gli altri.

Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome
PUBBLICITÀ

Quel pomeriggio Blangiardo ha parlato e mostrato powerpoint spiegando altre cose ancora. Ha puntualizzato che in Italia dagli anni Novanta il saldo naturale, cioè la differenza fra le nascite e i decessi, continua ad essere negativo, e l’afflusso di immigrati non ha cambiato il panorama, perché il numero di figli che mettono al mondo annualmente e va a sommarsi a quelli generati dagli italiani non è sufficiente a coprire il numero dei morti. La popolazione continua a crescere leggermente grazie all’immigrazione di adulti, ma fatalmente l’età media aumenta (non lo ha detto Blangiardo, ma secondo statistiche americane l’Italia è il terzo paese più anziano del mondo dopo il Giappone e la Germania). Ha esemplificato l’effetto che l’invecchiamento della popolazione avrà sulla sostenibilità finanziaria della spesa sociale evocando i 7 miliardi di euro che costerebbe il solo assegno di accompagnamento per il milione e 200 mila ultranovantacinquenni nel 2065.

Le affermazioni più forti hanno riguardato il contributo degli stranieri alla sostenibilità del welfare e del sistema pensionistico italiani, che secondo Blangiardo non rappresenta affatto la panacea che molti dicono ma solo un rinvio del problema che si presenterà aggravato, e la sottovalutazione dell’emigrazione giovanile, quando «si può stimare che la “perdita netta” di giovani italiani nell’arco del decennio 2001-2011 vada ben oltre le 100 mila unità». Per tutti questi motivi abbiamo voluto approfondire con Gian Carlo Blangiardo i vari argomenti.

Professore, pare di capire che il saldo migratorio, che in Italia è positivo dal 1991, non sia sufficiente a invertire l’invecchiamento della popolazione italiana. È così?
Sì, è così. Il fenomeno dell’immigrazione è rappresentato da immigrati che nella grandissima maggioranza arrivano qui già adulti. Trascorrono alcuni anni e vanno ad aumentare il numero degli anziani. Non fanno tutto il percorso, da bambino ad adolescente a giovane, poi ad adulto e infine ad anziano, che fa chi nasce in Italia. Danno una boccata di ossigeno al ringiovanimento della popolazione nel momento in cui arrivano, ma poi, col passar del tempo se la riprendono quando diventano a loro volta anziani.

demografia-italia-tempi-blangiardo-eta-media-kSi dice che gli immigrati hanno un tasso di natalità più alto degli italiani, mettono al mondo più bambini, e questo dovrebbe contribuire al ringiovanimento della nostra popolazione più del semplice arrivo di immigrati. Lei però afferma che la loro fertilità diminuisce rapidamente quando sono in Italia? In che misura, e perché?
Gli immigrati danno un contributo in termini di natalità che è importante, ma che non rappresenta una soluzione miracolosa ai nostri problemi. I nati da donne straniere sono cresciuti rapidamente dagli anni Novanta ad oggi, da 10 mila sono passati ai circa 80 mila attuali. Si sono stabilizzati attorno a questa cifra annua, magari cresceranno un po’ in futuro ma solo perché crescerà la popolazione straniera totale. Una volta esaurita la fase dei grandi ricongiungimenti familiari al seguito delle sanatorie che li permettevano, gli immigrati piuttosto rapidamente sono passati da livelli di fecondità largamente superiori alla soglia di ricambio generazionale a livelli che permettono appena il ricambio generazionale. Nelle grandi città italiane, dove è più difficile gestire la presenza di figli, l’indice di fecondità della popolazione straniera è largamente al di sotto del tasso di ricambio generazionale. Questo avviene per il semplice motivo che le coppie straniere incontrano le stesse difficoltà che incontrano le coppie italiane ad avere figli, e spesso in forma ancora più esasperata.

Ma è vero che la loro la fecondità è di 2,1 figli per donna mentre fra gli italiani è 1,4?
È 1,3 per le italiane per l’esattezza, e 2,1 per le donne straniere. Però non bisogna dimenticare che appena cinque anni fa per queste ultime era 2,5. Nell’arco di poco tempo c’è stata una consistente riduzione. In certe realtà locali il dato è inferiore ai 2 figli per donna anche fra gli stranieri: Milano, Roma, Napoli, Palermo. Il disagio di essere genitore in emigrazione è un qualcosa di chiaramente tangibile.

Il saldo naturale in Italia attualmente è negativo, e lo è da più di vent’anni nonostante l’apporto di nascite degli stranieri. Quando tornerà – se mai tornerà – ad essere positivo?
La domanda mi dà l’opportunità di ricordare che il 2013 è stato un anno record nella storia della demografia dell’Italia unita: non c’è mai stato un anno con un numero di nascite così basso. In tutto sono state 513 mila. E la proiezione dei dati dei primi tre mesi del 2014 promette un quasi 10 per cento in meno per il dato finale di quest’anno.

Quindi il saldo naturale continuerà a restare negativo e sarà compensato solo dall’immigrazione?
Sicuramente, per un motivo molto semplice. Essendo una nazione sempre più vecchia, non solo le nascite non crescono, ma le morti aumentano. Il numero totale dei morti, che oggi è di circa 600 mila all’anno, è destinato in futuro, a causa della struttura della popolazione, a salire a 700-750 mila.

La popolazione residente in Francia è di poco superiore a quella italiana, eppure lì i nati sono 750 mila all’anno, anziché 500 mila come da noi. Perché c’è questa differenza del 50 per cento?
Perché i francesi prendono sul serio la demografia. È un’eredità storica, derivante dalla necessità di affrontare ad armi pari la Germania con cui si trovavano sempre in conflitto. Comunque sia, hanno sempre fatto più attenzione di noi alle dinamiche demografiche e, dove necessario, agli interventi a favore della natalità, per raddrizzare certe tendenze. La Francia è solita prendere misure economiche, che costano, per sostenere la natalità. Laicamente, non si preoccupa se le coppie sono sposate o no, ma fornisce supporti economici perché vengano messi al mondo dei figli. Loro eliminano le cause che in Italia impediscono di far nascere i figli che si vorrebbero avere. Perché, non dimentichiamolo, in Italia le inchieste ci dicono che le donne vorrebbero 2,19 figli a testa, ma nella realtà ne hanno solo 1,3.

Lei sostiene che non saranno gli stranieri a risolvere il problema pensionistico italiano, ma in un certo lasso di tempo diventeranno parte del problema. Su che dati si basa?
Chi dice “abbiamo rinunciato a 100 mila bambini ma abbiamo imbarcato 100 mila immigrati e alla fine il totale quadra”, non ha capito come funziona la demografia. La sostenibilità del welfare dipende dal rapporto fra anziani e attivi. Quanto più si sbilancia verso gli anziani, tanto maggiore sarà la quota di Pil che va a finire in pensioni, nella sanità, eccetera. La fetta di welfare che vanno a mangiarsi gli anziani va a raddoppiare. È sbagliato fare la divisione fra quanti sono oggi gli stranieri che lavorano e quelli che sono in pensione, per concludere che il carico è bassissimo e tutto va bene: bisogna ragionare guardando al futuro. Devo mettere in conto che quelli che oggi sono lavoratori, alla fine saranno soggetti che beneficeranno delle prestazioni pensionistiche e sanitarie. Se noi prendiamo in considerazione gli anni di vita futura della popolazione, che per l’Italia sono 2,4 miliardi, e calcoliamo quanti di questi anni saranno spesi in formazione, quanti lavorando e quanti a carico del sistema, scopriamo che l’“indice di carico” degli immigrati, cioè la loro pressione sul welfare nel corso di tutta la vita, è identica a quella degli italiani. Non abbassano il valore complessivo, danno solo una boccata d’ossigeno per un certo numero di anni, che poi pagheremo successivamente. Ci sono modelli matematici che dimostrano che c’è un beneficio di una ventina d’anni per la sostenibilità del welfare. Se io, in teoria, tolgo di mezzo 200 mila nascite e ci metto 200 mila immigrati trentenni, succede che il carico per una ventina di anni si abbassa, poi nel momento in cui la popolazione diventa stazionaria, il carico è più alto di quello che sarebbe stato senza l’arrivo degli immigrati al posto dei nati.

Come influisce la crisi demografica sull’economia?
Non sono un economista, ma è intuitivo che una popolazione che cresce è una popolazione che esprime una domanda di beni, quella domanda che oggi non c’è e tutti invocano. Se fossimo una popolazione in aumento, come accadeva negli anni del miracolo economico, avremmo una spinta alla crescita economica attraverso una serie di consumi che permettono alla popolazione di crescere e andare avanti. Nel momento in cui la popolazione invecchia, l’economia ne risente perché l’anziano fa manutenzione, non fa investimento. Allora si spera di fare una compensazione attraverso gli immigrati e i loro consumi. Ma è gente con redditi che viaggiano attorno agli 800 euro mensili, una parte dei quali mandano ai paesi di origine: non hanno tanta disponibilità al consumo. Quando si dice “gli immigrati contribuiscono un tot al Pil”, io resto un attimo scettico, perché mi chiedo come facciano con 800 euro al mese a dare questi grandi contributi al Pil, al gettito fiscale, eccetera. Mi sembrano discorsi demagogici.

Anche i dati relativi ai giovani che lei ha presentato sono preoccupanti. Sembra che ci siano classi d’età che scompaiono.
Abbiamo due problemi. Il primo è che le persone che raggiungono l’età per essere definiti giovani provengono da coorti di nati che si sono via via ridotte. Il totale della popolazione giovane risente di una immissione di forze fresche che nel tempo è andata riducendosi. Il secondo, che viene poco considerato e molto sottovalutato, è l’emigrazione giovanile. Non è più quella delle valigie di cartone, di 100 o di 60 anni fa, ma un’emigrazione di giovani talenti che si spostano perché altrove ci sono condizioni per ottenere maggiore gratificazione da tanti punti di vista. Stiamo perdendo cervelli, non valorizziamo i nostri giovani e loro se ne vanno.

A Rimini lei ha detto che chiuso dentro a un cassetto della presidenza del Consiglio c’è un Piano per la Famiglia. Cosa c’è scritto in questo piano? E perché lei dice che alcuni suoi provvedimenti sono necessari ma impopolari?
Il Piano contiene tante cose. Fu steso da una commissione creata sotto il governo Berlusconi, ma si trattò di un progetto condiviso da tutti, c’erano dentro anche i sindacati. Si lavorò dal 2009 al 2012, ne facevo parte anch’io. Il documento è stato presentato dal ministro Riccardi e approvato dal Consiglio dei ministri al tempo del governo Monti. Poi l’hanno congelato ed è finita lì. Contiene proposte di natura economico-fiscale e altre a costo zero o quasi. Introdurre il fattore famiglia vorrebbe dire tirare fuori 16 miliardi di euro: se non ce li abbiamo, non si può fare. Però ci sono anche altre cose che sono più abbordabili: favorire le strutture per gli asili nido dei bambini, un clima culturale più favorevole alle famiglie che hanno figli, iniziative che rafforzino la compatibilità fra maternità e lavoro: ci sono misure che non costano molto e che varrebbe la pena di riconsiderare.

@RodolfoCasadei

Tags: crisi demograficacrollo demograficodemografiaFamigliafamigliefattore famigliafigliFranciaGermaniagian carlo blangiardogoverno montiimmigratiimmigrazioneinvecchiamentoItaliameetingmeeting 2014Meeting Riminimortinascitepiano famigliapopolazioneSilvio Berlusconistranieritasso feconditàtasso natalitàwelfare
CondividiTwittaInviaInvia

Contenuti correlati

Il candelliere tedesco Olaf Scholze e il presidente americano Joe Biden alla Casa Bianca, Washington, 3 marzo 2023 (Ansa)

Il ridimensionamento economico della Germania è iniziato, e non si sa dove si fermerà

3 Giugno 2023
Ambientalisti extinction rebellion olanda

Gli ambientalisti «fuori di testa» in Germania e quelli arrestati in Olanda (ma subito rilasciati)

3 Giugno 2023
welfare aziendale

Così il welfare aziendale favorisce la natalità e aiuta le famiglie

29 Maggio 2023
Un tecnico in Germania installa una caldaia a gas: il governo vuole vietarle nel nome della rivoluzione green

Il governo in Germania rischia di saltare per le caldaie a gas

28 Maggio 2023
Addobbi natalizi agli Champs-Elysees, Parigi (Ansa)

«Cancelliamo Natale e Pasqua. Al loro posto un giorno di festa Lgbt o della laicità»

28 Maggio 2023

In Spagna arriva l’app per uomini, spazzoloni e pignatte

28 Maggio 2023
Per commentare questo contenuto occorre effettuare l'accesso con le proprie credenziali.

Video

Eugenia Roccella
Video

“Una famiglia radicale”. Eugenia Roccella si racconta

Redazione
15 Maggio 2023

Altri video

Lettere al direttore

Giardino esterno di un asilo nido a Milano

Denatalità, le due “s” che stanno insieme: servizi e speranza

Emanuele Boffi
31 Maggio 2023

Read more

Scrivi a Tempi

I nostri blog

  • La preghiera del mattino
    La preghiera del mattino
    Si può strepitare per l’“autoritarismo” della Meloni e tacere su quello di Pechino?
    Lodovico Festa
  • Tentar (un giudizio) non nuoce
    Tentar (un giudizio) non nuoce
    Come invertire la rotta radical ambientalista dell’Unione Europea
    Raffaele Cattaneo
  • Memoria popolare
    Memoria popolare
    Così per tanti cattolici la fede ha smesso di comunicare con la politica
    A cura di Fondazione Europa Civiltà
  • Lettere al direttore
    Lettere al direttore
    Il mio battesimo nell’alluvione, tra piadine e fango
    Marianna Bighin
  • Il Deserto dei Tartari
    Il Deserto dei Tartari
    Gli innumerevoli tratti che dimostrano la parentela tra sinistra e fascismo
    Rodolfo Casadei

Foto

Foto

A cosa serve la scuola?

25 Maggio 2023
Foto

Il sistema dei media nel pensiero di Antonio Pilati

25 Maggio 2023
Un missile russo colpisce una casa a Odessa
Foto

L’impegno per un cessate il fuoco immediato

25 Maggio 2023
Marcello Pera, filosofo e senatore
Foto

Dialogo a Roma tra Pera e Camisasca (e sant’Agostino)

16 Maggio 2023
Foto

“Una famiglia radicale”. Presentazione del libro di Eugenia Roccella a Milano

11 Maggio 2023

Altre foto

Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994

Codice ISSN
online 2499-4308 | cartaceo 2037-1241

Direttore responsabile
Emanuele Boffi

Editore
Contrattempi Società Cooperativa
Via Traù, 2 – 20159 Milano
[email protected]
C. F. / P. Iva 10139010960
Iscrizione ROC n. 30851

Redazione
Via Traù, 2 – 20159 Milano
+39 02.51829864
[email protected]

  • Chi siamo
  • Scrivi a Tempi
  • Iscriviti alla newsletter
  • Pubblicità
  • Privacy policy
  • Preferenze Privacy
  • Sfoglia Tempi digitale
  • Gestione abbonamento
  • Abbonati con carta di credito
  • Abbonati con bonifico/bollettino
  • Archivio storico

Copyright © Contrattempi Società Cooperativa. Tutti i diritti sono riservati | Contributi incassati nel 2022: euro 211.883,40. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70

Nessun risultato
Visualizza tutti i risultati
  • ACCEDI
  • Sfoglia Tempi
    • Sfoglia Tempi digitale
    • Giugno 2023
    • Maggio 2023
    • Aprile 2023
    • Marzo 2023
    • Febbraio 2023
    • Gennaio 2023
    • Dicembre 2022
  • Esteri
    • Guerra Ucraina
    • Unione Europea
    • USA
    • Cina
    • Cristiani perseguitati
    • Terrorismo islamico
  • Politica
    • Elly Schlein
    • Giorgia Meloni
  • Giustizia
    • Magistratura
    • Carceri
  • Scuola
    • Scuole paritarie
    • Educazione
  • Ambiente
    • Clima
    • Crisi energetica
  • Salute e bioetica
  • Chiesa
    • Cristianesimo
    • Papa Francesco
    • Benedetto XVI
    • Luigi Giussani
    • Comunione e Liberazione
  • Cultura
    • Libri
  • Economia
    • Recovery Fund
    • Lavoro
    • Euro
    • Mutui
  • Società
    • Obiettivi di sviluppo sostenibile
    • Razzismo
    • Politicamente corretto
    • Lgbt
    • Sport
  • Spettacolo
    • Cinema
    • Tv
    • Musica
  • Tempi Media
    • News
    • I nostri blog
    • Video
    • Foto

Welcome Back!

Login to your account below

Forgotten Password? Sign Up

Create New Account!

Fill the forms bellow to register

All fields are required. Log In

Retrieve your password

Please enter your username or email address to reset your password.

Log In

Add New Playlist